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La città ideale di Sabbioneta

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LA CITTÀ IDEALE: Sabbioneta

 

Intrattenersi nel nostro Paese sui principi della città ideale mentre la città reale è da decenni luogo di una crisi irreversibile, ci sembra più che mai opportuno e di immanente attualità. Nel progetto di architettura, in generale, e nella elaborazione di progetti per la città, in particolare, si corre il rischio di considerare certi fenomeni urbani unidirezionalmente e, di conseguenza, fuori dalle complessità connaturate al contesto reale, storico e culturale in cui (passivamente) viviamo.

Al contrario il progetto urbano richiede quella componente analitica e combinatoria, il riconoscere ed affrontare le problematiche in chiave poetica e di sensibilità senza le quali tutto viene ridotto ad esercizio astratto di scarsa incidenza sulla città e sul territorio.

In questa connessione "ideale" viene visto in contrapposizione a "reale", specialmente quando si tratta di situazioni specifiche nelle quali inserire il progetto architettonico e urbano. È più che mai ovvio che la città ideale non può indicare criteri assoluti, bensì sollecitare su piani diversi i caratteri distintivi e le strutture che descrivono la totalità dell'organismo urbano stesso e cioè: le strutture urbanistiche con le loro peculiarità tipologiche, la permanenza di caratteristiche urbane, i monumenti che rendono la città stessa identificabile e la leggibilità del suo tracciato.

 La città è, così, l'immagine speculare della sua storia e del suo sviluppo sociale e, pertanto, un divenire vivo e continuo. Nella considerazione della tesi ch'essa è un grande edificio e l'edificio una piccola città e che ancora questo luogo (in senso lato) si rivela come serbatoio di cultura e di risorse diverse che se sapientemente valorizzate potrebbero mutare gli stantii e desueti approcci che sino ad oggi ne hanno contrassegnato i rari interventi, non ci resta che constatare come l'espressione (o la sintesi) di artefatti più o meno rispondenti ad un principio ordinativo e la somma di tipi architettonici chiaramente definiti assumano un ruolo determinante nel divenire del fenomeno urbano.

Che senso avrebbe, allora, studiare i magnifici esempi di buona urbanistica se non si riconosce che il Vecchio e il Nuovo sono inseparabili e strettamente correlati?

Il Foro romano, la monumentalità del Colosseo, l'unicità della Piazzetta a Venezia con la vista di Santa Maria Maggiore, la Basilica palladiana a Vicenza, cosa dovrebbero significare se noi non fossimo in grado di capirne la loro validità senza tempo da trasferire nel nostro lavoro quotidiano?

Progetti e realizzazioni di città ideali sono stati elaborati e realizzati nel passato, almeno da quando esistono le città. L' idea di Platone della città ideale descritta nella "Politeia" e nella "Nomoi" hanno come punto di riferimento la concezione della polis greca nella quale l'essenza della città e la sua forma ideale rivestono un ruolo preminente. Pericle lasciò costruire nel 444 a.C. la città di Thurioi, nella Magna Grecia, come città ideale. Ippodamo da Mileto sviluppò un rigoroso reticolo ortogonale sulla base dei principi pitagorici che prevedevano la costruzione di case "tipizzate" per cui a ben ragione questa città può essere considerata come modello o prototipo per i progetti di città ideali successive.

 

Lo stesso vale per le città medievali ideali che videro nella "Civitas Dei" il punto di arrivo di precedenti esperienze con al centro la cattedrale gotica. Studiando la storia dell‘ urbanistica constatiamo che i primi progetti di città ideali sono stati elaborati durante lo sviluppo del Proto-umanesimo ponendo all'uopo teoria urbana e teoria dell'arte in una fruttuosa correlazione.

Leon-Battista Alberti con la sua opera "De Re Aedificatoria", pubblicata nel 1485, non sviluppò alcun progetto di città ideale, bensì principi funzionali ed estetici per gli elementi fondamentali di questa (strade, piazze e monumenti). La realizzazione della prima città ideale del Rinascimento, Pienza nel 1459, e la utopia letteraria di Tommaso Moro nel suo libro "Utopia" del 1516, sono una testimonianza di questo divenire-città come opera d'arte (kunstwerk).

Le famose città ideali La Valletta, Sabbioneta, Palmanova, Richelieu, Chaux e Granmichele (in Sicilia), proprio per la loro equivalenza estetica tra utopia e forma ideale, sono di grande significato e portata nel processo evolutivo della forma urbana. Il confronto fra una struttura urbana esistente e le idee della città ideale trova riferimento in un esempio di urbanistica del 19° secolo: l'intervento sconvolgente del barone Haussmann nell'organismo urbano medievale di Parigi significò il riordinamento radicale della città nella quale un sistema di larghi Boulevards e le nuove tipologie degli edifici abitativi con negozi al pianoterra, rivoluzionarono l'immagine urbana. È così che Parigi diventa l'apoteosi della prima città dei consumi.

All‘ inizio del 20° secolo il Movimento Moderno ha aspirato a trasformare l'immagine urbana. Progetti urbani utopici di Antonio Sant'Elia e "il Plan Voisin" di Le Corbusier volevano soddisfare i bisogni dell'uomo moderno e diventarono invece il credo di una serie di tentativi urbanistici a causa delle cui conseguenze negative la città moderna, con la sua zonizzazione funzionalistica, dovrà soffrire chissà ancora per quanto tempo.

 

 

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