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La pianificazione urbana nei centri minori italiani

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La pianificazione urbana nei centri minori italiani

del Trecento e la casa urbana "a schiera" del Medioevo: un' eredità insostituibile

 

 

 

Le connotazioni della metamorfosi del nostro tempo, contraddistinte da spinta demografica e mutamenti sociali; nuove attrezzature urbane (parcheggi e supermercati) e interessi finanziari trasversali ed esse legati; carenza d' attrazione pel restauro e il gusto del passato, eventi sismici e assenza della sensibilità delle istituzinoni a tutti i loro livelli, etc., hanno condotto ad uno sconvolgimento delle forme urbane tradizionali in maniera sì contraddittoria da mettere in evidenza cause ed effetti dell' urbanistica selvaggia e il venir meno di puntuali interventi pianificati, al punto da far ritornare alla memoria i versi di Baudelaire: <La forma di una città cambia più velocemente, ahimè! del cuore di un mortale>, e ricordarci che la città non sfugge al movimento della storia, che poi è la vita, sia nel bene che nel male.

Si, proprio la città come fenomeno di lunga durata dove le novità e le trasformazioni agiscono più velocemente nel suo contrapposto, che un tempo era quella campagna che con immobile automatismo oggi continua ad essere chiamato o identificato come <territorio". La campagna (il contado!) dei tempi lontani con i villaggi, i borghi e quelle unità più o meno ripiegate su sé stesse che furono il castello e il monastero.

 

Città e compagna, pertanto, all' interno della cui dialettica del tempo non possiamo non vedere quel luogo privilegiato della storia e della vita, di uomini, donne, anziani e bambini che è la "casa". Un ambito tematico che mi ricorda le "Case medievali": un numero speciale della rivista "Storia della città", pubblicata dalla C.E. Electa e diretta dal compianto Prof. Enrico Guidoni, autore, tralaltro, de "La città europea", ma anche un, ormai lontano nel tempo, convegno del 1990 tenutosi a Città del Pieve sul tema: "La città e le case. Centri fondati e tipi edilizi nell' Italia comunale (Sec. XII-XV)>, senza tuttavia dimenticare che fu la <Rivista internazionale di storia urbana e territoriale>, della quale conservo geolosamente due vecchi numeri, a porre sul dibattito culturale l' azione urbanizzatrice di centri urbani di grande rilievo nel loro contado, come Gubbio nel XIII Secolo e Verona degli Scaligeri nel Trecento, ed esaltare l' azione e il modello della città e l' habitat del territorio circostante e dipendente sotto l' influsso della Cristianità.

 

 Insomma un fenomeno tutto italiano sovente dimenticato, ma che deve essere ricordato e ranimato nel pieno di una crisi dell' Europa la cui ripresa deve necessariamente essere consolidata dalla sua storia e dalle sue radici greca e romana - prima che giudaica e cristiana - e in tal guisa (ri)trovare nello spirito dell' unificazione e nella spinta del pluralismo l' essenza della sua realizzazione. In sintesi coerente e perfetta, si tratterebbe di attivare in maniera cogente analisi, studi e ricerche sul fenomeno della casa europea e sulla tipologia della casa medievale avvalendosi dei contributi di studiosi del passato, sia che si tratti , p.e., di Pierre Le Muet, Jacques Le Goff, Leonardo Benevolo, Gian Luigi Maffei, Wolfgang Braunfells, sino ai pregevoli, quanto irrinunciabili, apporti di Luigi Piccinato sull' Urbanistica medievale a farci rilevare l' assenza del concetto storico Secondo cui senza lo studio della composizione urbanistica del Medioevo impossibile sarebbe stata la conoscenza delle città ideali del Rinascimento, delle geometrie dei Vasari, Scamozzi e Maggi.

Ad attenderci c' è una consapevole ricostruzione postsismica che possa aver luogo nella consapevolezza di quanto ci ha consegnato l' urbanizzazione volontaria e pianificata del passato per l' ambito della <casa urbana "a schiera">, sperimentata prima nei piccoli centri rurali e articolantesi, via . . . via, in soluzioni sempre più complesse sino a raggiungere un' esatta codificazione nella trattatistica ed essere di conseguenza percepita ed assunta come soluzione ideale per la residenza delle classi artigiane, in contrapposizione con l' evoluzione urbana del "palazzo" e in tal senso poter fare assumere alla storia dell' urbanesimo quella sua autentica dimensione politica e sociale che le è propria, riconsegnare ai centri minori danneggiati o rasi al suolo dagli eventi sismici - ma anche dall' incuria umana - quell' immagine urbana capace di rispecchiare le mutate condizioni di vita dei loro abitanti e della <governance> locale, facendo della risidenza urbana un sereno rifugio della famiglia moderna.

 

Unico percorso da avviare per poter indicare alle nuove generazioni di architetti che prima del <Rendering> occorre rendersi conto del dato per il quale soltanto col Primo Rinascimento le ricerche di trattatisti come l' Alberti e il Filarete abbiano potuto condurre ad una codificazione architettonica e tipologica della casa urbana "a schiera".

 

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