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La dimora BES: bella, economica, sicura

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IL BLOG

Huffingtonpost 12/01/2022 10:56 CET | Aggiornato 7 ore fa

L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)

Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)

Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

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La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)

Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

 

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.



 

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Cosa significa "abitare"?

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Nella vita di tutti i giorni, la domanda filosofica su cosa significhi effettivamente vivere non ha un ruolo. Viene soppiantato dalle urgenti esigenze pratiche dell'organizzazione della vita e dalle sfide sempre crescenti del finanziamento di un appartamento, soprattutto nelle città in espansione alla moda e in numerose città universitarie. Nel senso stretto della parola, anche il vivere non è affrontato dalle scienze; Il focus è invece sulle questioni derivate, in sociologia la mediazione sociale dell'abitare, in economia l'appartamento come merce (come investimento, redditività e oggetto speculativo) e in architettura e ingegneria la progettazione e costruzione tecnica di edifici residenziali. Nel seguente articolo, sul confine tra scienze umane e scienze sociali, indago sulla questione di come e quali luoghi e pratiche dell'abitare si rappresentano. In questo seguo la richiesta di Martin Heidegger di rendere l'abitare memorabile, perché tutti gli edifici che sono destinati a servire l'abitare (direttamente e indirettamente) possono essere costruiti con cura solo dopo aver chiarito la nostra comprensione dell'abitare.  

Housing - un approccio

Vivere va oltre "abitare" e significa soprattutto "abitare". Esige da ogni individuo un pensiero percettivo, compassionevole e responsabile, l'attenta pianificazione e progettazione costruttiva degli spazi attraverso i luoghi. Vivere non è passivo. Essendo-con-gli-altri, cambia il mondo - non solo di fatto, ma anche atmosferica.

Il modo in cui le persone vivono è un'espressione della tradizione e del costume, uno specchio dei tempi e degli standard tecnici. Le abitazioni più antiche (era glaciale) erano buche nel terreno e grotte naturali, poi semigrotte e capanne fatte di sterpaglie e foglie nell'età della pietra. Nel Neolitico vi erano palafitte nel Nord Europa, nell'età del Bronzo vi erano edifici rotondi con semplici tetti conici. Dopo lo sviluppo di tecniche di falegnameria differenziate, seguirono semplici costruzioni in blocchi. Tutte le abitazioni dovrebbero offrire protezione dal vento e dalle intemperie, dalle stagioni, dai nemici e dagli animali selvatici.  Nella pratica di utilizzare i mezzi di isolamento necessari per questo, diverse 
culture viventi si sono formate fino ai giorni nostri . Nel 21° secolo, le seguenti domande chiave sono associate alla vita: 

[3] Cosa fai quando vivi? Chi vive con chi? Come viene vissuta la vita? Come si arriva all'appartamento? L'importanza di vivere qui si concentra sul mondo spaziale dell'appartamento . Uno sguardo alla vita dei senzatetto solleva ancora di più la questione di come e se vivano anche coloro che non hanno un appartamento.  Questa domanda è allo stesso tempo: si può vivere solo di persona o negli spazi comuni interni, di solito si fa una telefonata " abiti da vivere ", o anche in città? Il giardino (non importa quanto piccolo) accessibile tramite la terrazza appartiene all'appartamento e il balcone nell'appartamento di città. Di conseguenza, l'abitare non si limita agli spazi interni. Ma "fuori" ci sono anche le strade, i negozi, il mercato e la stazione dei treni. Tuttavia, non tutti i luoghi dello spazio pubblico possono essere attribuiti alla vita. Per il filosofo Hermann Schmitz, il residente di una città (in contrapposizione all'"utente") si caratterizza per il fatto che, con la sensazione di essere a casa, è cresciuto insieme a luoghi che non sono solo luoghi da affrontare .] La soglia tra il complesso residenziale radicato in un'area e l'uso prettamente funzionale dei siti verorteter ha per lui carattere atmosferico. Il confine tra ciò che è unico nel mondo domestico dell'abitare e ciò che è strano in un mondo (almeno psicologicamente) distante è fluido e si sviluppa e cambia con il cambiamento delle situazioni di vita. Negli anni '50, un aumento della mobilità ha portato lentamente a un cambiamento nelle forme di vita. La vita sedentaria divenne sempre più una cosa ovvia. 

 Nelle società altamente mobili e globalizzate, la vita quotidiana ha subito un'accelerazione immensa da allora, a volte di più (ad esempio con gli uomini d'affari), a volte di meno (come con gli impiegati) e in modi molto diversi (dalle frequenti mosche all'aumento dell'uso delle biciclette in centro). È vero che il significato di "vivere" è legato allo 
stare perseverare sentirsi a proprio agio e contenti benessere in un posto; ma non si tratta di una sorta di "bloccato" nello spazio. Le persone della tarda età moderna vivono tra l'essere in movimento e il riposo: "in transizione". Vive (a volte) qui (a volte) lì così come per le sue vie - in una via di mezzo. Il "vagare" apre spazi abitativi. I movimenti allocativi del proprio corpo da un luogo all'altro ei movimenti esistenziali della vita sono inscritti nelle biografie così come nella storia (s) delle strutture sociali più piccole e più grandi. Nella tarda era moderna, la maggior parte delle persone non vive in un posto per sempre . È così che praticano lo scivolamento vivendo in un ambiente fluido. La maggior parte delle persone vive nelle città e lì in grandi serie di complessi residenziali. Tali "fabbriche abitative" sono il modello della Carta di Atene

Ha diviso le persone in segmenti funzionali e le ha impiantate in un mondo di sistema macchinista. Questa finzione modernista-anti-individualista tiene sotto controllo l'organizzazione spaziale della vita nelle città anche oggi. Gli edifici sorti sotto il potere del mito dell'industrializzazione hanno sempre messo in pratica programmi criptici di educazione umana segreta. Nella loro collocazione in grandi complessi residenziali, alle persone dovrebbe essere assegnato un posto sociale nella società e quindi dovrebbe essere assegnata un'identità (nella DDR attraverso il "socialista" e nella Repubblica federale attraverso l'edilizia abitativa "sociale"). 

Vivere come espressione esistenziale

Il tipo (e il design) di un appartamento riflette la situazione abitativa di una persona, famiglia o qualunque gruppo di persone sia formato. È vero anche il contrario: l'appartamento individua anche i residenti. Fino ai primi del Novecento il padrone di casa ha vissuto con la famiglia e la servitù nella tenuta, l'alta nobiltà in edifici aristocratici (castelli e palazzi), contadini in semplici case coloniche, impiegati e operai in appartamenti in affitto. Questa struttura gerarchica piuttosto semplice è implosa da tempo: le persone anziane bisognose di cure vivono in case residenze per anziani . I dipendenti affittano acquistano case unifamiliari campeggiano - come molti camper fissi - in roulotte e case mobili. I giovani lavoratori autonomi prendono parte a progetti abitativi alternativi o si stabiliscono in lussuosi appartamenti in case di portineria postmoderne . I "comuni" degli anni Sessanta vivevano in appartamenti; ma erano meno interessati alla vita che al "tentativo di rivoluzionare l'individuo borghese" trovare modi di vita alternativi. "Vivere" e "vivere" non sono termini opposti, ma due pieghe di una situazione esistenziale. Non tutti i modi di vivere sono scelti. Coloro che - come i senzatetto che fluttuano nella stanza - devono spostarsi da un luogo all'altro e non hanno la minima vita a metà sono diversi in città rispetto alle persone stabili, specialmente tra i privilegiati economicamente. Chi non ha (più) un appartamento vive spesso "a verbale" negli spazi pubblici. I sofferenti sono doppiamente situati - per la natura del loro Sole -Lebens e (come risultato dell'attribuzione di identità) per esclusione sociale. Soprattutto è lei che sottrae alla preoccupazione la vita improvvisata all'aperto e indifesa e solo in casi eccezionali la rende cosciente come surrogato, in sostituzione o emergenza abitativa. Eppure la permanenza precaria dei senzatetto negli spazi pubblici e semipubblici potrebbe rendere la vita in generale memorabile. Tuttavia, il luogo più naturale in un appartamento ordinario merita un'attenzione interrogativa: il soggiorno. Fino alla metà del XX secolo, era quasi mitizzato come un luogo caldo degli ideali borghesi e dotato di un'industria di "mobili per la casa" ad ampio raggio secondo il ritmo delle ondate cicliche della moda. Tuttavia, dietro il segno del postmodernismo tecnologico-mediale, lo scopo del "salotto" si è staccato in molti luoghi: dallo spazio sociale del "noi" al semi-deserto comunicativo di una bolla televisiva e dell'intrattenimento costantemente pulsante. L'influenza degli sforzi di costruzione della comunità sta diminuendo, a favore di inondazioni immersive e sconfinate di immagini provenienti da macchine dell'immaginazione dei mass media di ogni tipo. 


Costruire e vivere

In antico alto tedesco significava costruire: "Il modo in cui sei e io sono, il modo in cui noi esseri umani sulla Terra sono ., Il Baun, i vivi" . Costruendo, le persone creano un luogo in cui vivere. "Vivere e costruire sono in relazione tra loro nel rapporto di fine e mezzo."  Nella Costruzione sorgono (comprese le condizioni materiali) per tali persone sulla Terra sono e possono condurre le loro vite. Ecco perché "costruire" sta etimologicamente accanto a "esistere", che si esprime fortemente in "vivere" ma piuttosto debolmente in "abitare". I senzatetto in fuga non possono né vivere né costruire finché fuggono, perché la loro mobilità non segue una forma coltivata di vita errante (come con i nomadi). Ma le strutture ausiliarie fatte di cartone, legno di scarto e materiale da costruzione abbandonato avanzi per una o due notti, che servono ai senzatetto come rifugi di emergenza e proteggono i senzatetto nel modo più minimale, sono strutture (improvvisate). Ma sono anche luoghi di residenza per questo motivo? I nomadi vivono anche in luoghi (temporaneamente) fissi in movimento. Tuttavia, la loro vita errante è l'espressione di una tradizione e non il risultato di vere difficoltà. Il loro soggiorno spesso solo breve in abitazioni dismesse offre un rifugio confortevole, tranquillo e suggestivo grazie alle cose familiari che hanno portato con sé e alle situazioni in continua evoluzione dell'essere a casa. Non da ultimo per questo, il nome della yurta (per la tenda rotonda dei nomadi) è anche associato al significato della casa. Al contrario, la situazione dei senzatetto significa che la permanenza fluttuante nello spazio pubblico è più salvavita e l'esenzione grezza in non protetta. Non offre alcuna opzione di casa. L'edificio lascia residui, spazzatura, buche, spazi vuoti - problemi per chi viene dopo di loro. Le persone fisiche, le aziende e le società, però, non fanno affidamento solo sulle proprie risorse, ma anche sui beni comuni: materiali finiti della natura e risorse sociali di terzi. Anche perché il mondo dell'abitare ha cominciato a spaccarsi in modo socio-economico discutibile, si rivendica una revisione critica dell'abitare. Laddove la produzione edilizia di appartamenti serve solo a massimizzare i profitti da affitti esorbitanti, che distruggono anche il più piccolo spazio abitativo, l'edilizia e l'abitare devono diventare memorabili. Tanto più che spesso sono abbastanza i senzatetto che permettono la loro pseudo-edificazione con i rifiuti e gli avanzi dell'edilizia “normale” che viene divorata dai materiali.     

 
Culture viventi disparate

Anche nelle società urbane dell'antichità le condizioni di vita non erano uguali (qualità), ma piuttosto caratterizzate dalla differenza sociale. Nella tarda era moderna neoliberista, il divario tra ricchi e poveri si allargava e le forme di vita seguivano sempre più solo un percorso economico. La frammentazione sociale della società mostra nel suo volto spaziale (urbano) dell'abitazione come e dove le persone sono radicate. Il grattacielo attira nelle metropoli alla moda come un mondo da sogno per eccellenza. Nomi clamorosi come "Onyx", "Omni Tower", "Tower 90", "One Forty West" o "Praedium" stanno (usando l'esempio della città di Francoforte sul Meno) per la massima stravaganza e la più alta "cultura" di rappresentazione. Prezzi al metro quadro radicalmente esagerati garantiscono effetti di bottega chiusa nella vita cittadina, che rendono ridicola ogni retorica di “inclusione” a sfondo socio-politico.

Il contromondo del glamour si rivela da un lato nell'espulsione dei senzatetto, dall'altro nel loro luogo di residenza sotto forma di un'occupazione fluttuante di alloggi di emergenza improvvisati-informali (compresi i livelli B di sotterranei e treni suburbani) e angoli bui (accanto ai moli dei ponti e negli sporchi ingressi delle proprietà di demolizione). Ci sono aree di sosta (temporanei), i senza tetto di elemosine non monetari 
dato essere - "doni", nel senso della parola, perché non richiedono equivalente al di qua di ogni logica dello scambio. Il danno socio-economico collaterale di un'economia scatenata dal neoliberismo si rivela nei luoghi in cui le persone vivono invece di vivere: biografie tragicamente sfuggite di mano e "cadute nel dimenticatoio" di sogni di vita più modesti che fantastici, esuberanti. Se ci sono anche stanze di "gioco" monetarie che situano in modo speciale la vita e definiscono il quadro di ciò che è possibile in essa, non ci sono solo contrasti abbaglianti e clamorosi - per così dire tra la mensa dei cappuccini e la residenza nobile . Ci sono anche laboratori viventi sperimentali per i campi della classe media. Originali e innovative in questo senso sono le cosiddette tiny house, progettate per generare i massimi benefici abitativi negli spazi più ridotti e per rendere accessibili gli affitti cittadini. Caratteristicamente, il rinascimento è radicato in un'idea antica  

 nella crisi immobiliare statunitense e la tattica di fare della necessità una virtù. Le varianti collaudate in questo paese colpiscono per il loro coraggio decisamente audace di reinterpretare eufemisticamente le esigenze esistenziali dell'abitare. 
Se il Ministero federale dell'edilizia avvia un programma per promuovere la costruzione dei cosiddetti appartamenti vari (da 14 a 30 metri quadrati) per studenti e anziani nel 2015/16, questi micro-appartamenti dovrebbero suscitare rapidamente un vivo interesse al di là dei gruppi di utenti previsti perché sono più abbordabili rispetto ai formati comuni sul mercato immobiliare “libero”. Ciò che significa vivere nel presente non si attualizza solo ai margini (lussuriosi ed emarginati) della società, ma in un dramma strisciante già nel mezzo. Le idee viventi nate nei laboratori di tendenze urbane di New York, Londra e Amsterdam possono essere considerate "hip"; alla fine sono meno innovativi che rassegnati. Travestiti nelle vesti architettoniche della "Nuova ondata di postmodernismo", illustrano in modo più impressionante il restringimento dello pseudo-scarto politico nella progettazione dei mercati immobiliari. Il modello di co-housing co-living (ibrido tra arcipelago di appartamenti e hotel di servizio), celebrato nell'ingenuità post-critica come la rinascita del comune , non può che essere frainteso come una forma di vita "alternativa". Metafore collettiviste, utopie di sostenibilità e democrazia di base esaltano (spesso con una forte punta di esoterismo) solo i disagi sociali di un mercato immobiliare oppressivo. 

Piccole case nel senso della parola sono state a lungo i "mobili" dei castelli di carri che sfidano le norme di un'estetica residenziale regolata dai mass media. Ma i rimorchi da costruzione colorati e i rimorchi non sono creazioni alla moda del "bel vivere". Nella loro forma miniaturizzata, sono più simili a think tank 
Tuttavia, ciò non impedisce alle autorità di regolamentazione di percepire ripetutamente gli insediamenti fluttuanti nel loro programma visibilmente alternativo come un fattore di disturbo e di trattarli di conseguenza. Sono una spina nel fianco della società borghese, anche perché usano la forza della comunità come spirito sperimentale per sperimentare alternative al vivere e vivere "ordinati".  

Abbiamo bisogno di un'etica del vivere?

Il comando di Heidegger di considerare la vita come qualcosa di discutibile porta a un'etica del vivere. "Sarebbe sufficiente se vivere e costruire entrasse nel discutibile e rimanesse qualcosa di così memorabile ".   L'obiettivo di ogni persona di condurre una vita felice si esprime anche nel modo in cui vive. Tuttavia, non è una questione di etica promuovere l' impegno individuale per la felicità (illimitata), ma cercare standard per la regolamentazione di una buona e premurosa convivenza. Poiché è improbabile che lo sviluppo "libero" delle forme di vita alla ricerca della felicità venga limitato dal potere della saggezza divina, viene rivendicata la raccolta di tutte le facoltà riflessive immaginabili dell'uomo - in altre parole: la critica del suo pensiero e della sua volontà. È ovvio che i sentimenti giocano un ruolo di primo piano, motivo per cui questi dovrebbero essere prima di tutto oggetto di un esame critico delle conseguenze di una realizzazione (illimitata) di desideri viventi. La misura normativa guida della valutazione non può che risiedere nella conoscenza dei limiti del vivere possibile. Questo è il motivo per cui Aristotele ha osservato sulla ricerca della felicità delle persone: "Il fatto che il destino della prole e di tutti gli amici non dovrebbe influenzare affatto la felicità sembra troppo disumano e contraddice le convinzioni generali".   

Un'etica del vivere equivarrebbe a un programma di valutazione della filosofia esistenziale. Come un codice di "preoccupazione e una cultura multidimensionale di lungimiranza e considerazione, Heidegger ha usato la parola "risparmiare". Nell'attualità politica quotidiana, tuttavia, manca una lungimiranza come il pensiero di verifica multiprospettica, perché i limiti dei diritti di 
apparenza "democratici" all'autorealizzazione dovrebbero poi venire in luce critica. Non solo per questo è evidente che vivere nelle metropoli in forte espansione si avvicina a una duplice crisi: in primo luogo, quella della divisione sociale nella società e dell'abbandono della società civile, e, in secondo luogo, della disillusa intuizione della contraddizione pratica del obiettivi di sostenibilità intesa in modo olistico. Da un lato, le forme lussureggianti dell'abitare aumentano in una coreografia di esuberanza a una danza sul vulcano. D'altro canto, i crescenti problemi dei senzatetto rivelano l'enigma di una cultura dell'abitare dilaniata in termini di legittimazione politica. Numero in rapido aumento di persone affette da senzatetto richiamano l'attenzione sul fatto che la politica degli insediamenti e della costruzione di alloggi si occupa da tempo della questione esistenziale della disponibilità di appartamenti cittadini a prezzi accessibili. Già solo per questo motivo abitare sarebbe troppo sommariamente inteso come allestire con mobili o garantire un regolare approvvigionamento di energia e acqua potabile. Diventa una situazione problematica delicata in cui la migrazione interna porta ad un aumento selettivo dell'attrattività di città già ambite, mentre altre sprofondano sempre più nella crisi (infra)strutturale attraverso l'emigrazione. Di conseguenza, c'è un rischio crescente di drammatica divisione sociale. Ciò non riguarderebbe quindi solo i distretti, ma intere città. Ciò rende ancora più urgente il compito di una revisione critica dell'organizzazione sociale dell'abitare nel senso di ciò che Martin Heidegger ne intendeva: il modo in cui le persone (con gli altri!) vivono sulla terra. "Il rapporto tra le persone e lo spazio non è altro che il vivere essenzialmente immaginato."  Poiché le condizioni di vita sono soggette a continui cambiamenti, la vita deve essere praticata e reimparata ancora e ancora. Ciò include non solo preoccupazioni pratiche, ma anche etiche. 

 

 

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L' Abitare è un diritto fondamentale

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Nei Paesi civili - e l' Austria,

                         

Karl-Marx-Hof, ca. 1930, Vienna (Arch. Karl Ehn)

 

Svizzera, Germania, Francia, Paesi Bassi e Paesi Scandinavi tali sono, tali sono come sotto certi aspetti fu l' Italia negli anni del Fascismo -, la speculazione edilizia e fondiaria si combattono più o meno diversamente, in ogni caso non vi si convive come in !questaa“ italia..

Da quando è stata per la prima volta affrontata con minuziosa analisi da Friedrich Engels, la <questione abitativa>, a prescindere dalla grande operazione avviata dal Fascismo con il coinvolgimento dei migliori architetti di quella stagione, è servita soltanto ad appagare gli appetiti di immobiliaristi e speculatori.

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Come affrontare l' emergenza abitativa nei casi di calamità naturali

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 Come poter affrontare le emergenze abitative nei casi di calamità naturali

 

Il container: questo sconosciuto

                                                              

Il container, allora, per alleviare la vita dei terremotati in attesa di quella ricostruzione postsismica che non arriva mai, nonostante quel noto refrain ("non vi lasceremo soli")cantatato più volte dal Presidente della Repubblicsa a popolazioni provate dagli effetti dei sismi ? Senza dubbio e riserve, SI, ma per il tempo strettamente necessario che consenta ad architetti e ingegneri di leggere, e metabolizzare i contenuti del libro di Christian Norberg-Schulz, pubblicato all' inizio degli anni Ottanta, "Genius loci. Landschaft, Lebensraum, Baukunst" (it.: Genius loci, Paesaggio, Spazio di vita, Architettura) - ma anche il prezioso e breve saggio di Luigi Piccinato, "Urbanistica medievale" e quell' impareggiabile e appassionato Studio die Wofgang Braunfels, Mittelalterliche Stadtbaukunst in der Toscana" (it.: Urbanistica Medievale in Toscana") -, il quale a ben ragione sostenne la tesi secondo la quale gli gli spazi plasmano l' uomo e noi aggiungiamo che dei vecchi edifici il gradimento è maggiore.e che loro differenzazione, scala umana e valori formali semplici siano stati il risultato di una perduta (ma recuperabile) accuratezza artigianale.

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Il futuro dell' abitare o l' abitare in un futuro che è già presente?

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Il futuro dell' abitare o l' abitare in un futuro che è già presente?

 

Tutto doveva avere inizio in una avveduta ricostruzione postsismica con al centro le tipologie edilizie fulco della città medievale italiana: la casa urbana „a schiera“ e la casa „a torre“. I centri minori dell' Italia centro-setttentrionale, l' approfondimento del lavori di autorevoli studiosi del passato, da Enrico Guidoni e Luigi Piccinato a Leonardo Benevolo, in snergia con didattica e ricerca nelle Scuole di Architettura avrebbero potuto offrire più che spinti, anticipazioni sulle dinamiche che hanno coinvolto la città in molti Pesi del mondo anticipate come sono sono state negli anni Venti del secolo XX dai protagonisti di movimenti come l' Existenzminimum di Alexander Klein, il Bauhaus di Walter Gropius, la Vienna „rossa“ di Karl Ehn, che posero al centro più del dibattito, della realizzazione concreta ispirata e trascinata da istanze sociali e percepita da una Politica socialdemocrata degna di questo nomre, l' abitazione, senza per questo farci dimenticare certe malformazioni del Movimento Moderno, in ispecie riguardo al fenomeno-città con le le più tardi aspre prese di posizione di socilogi di punta come Alexander Mittescherlich, filosofi sociali come Henri Lefebvre, antropologi come Marc Augé, etc. Nel crogogiuolo di queste indimenticabili esperienze l' Italia, a partite una certa sensibilità manifestata dal Fascismo per l' edilizia economica e popolare, ha svolto, e continua a svolgere, un ruolo che cenerentola è diventato insignificante, per via di una (mala)politica che non mai ha trovato un sussolto di riscossa. La ricostruzione postsismica, in ragione die caratteri ispiratori, sociali e artistici delle due tipologie residenziali testé ricordate, avrebbe potuto e dovuto fare da ispirazione guida nell' affrontare in maniera eminente culturale le due questioni che continuano ad affliggere le società moderne: abitativa e urbana all' interno di quel grande ambito che raccoglie polis, urbs, quali matrici indiscusse della città europea. Nulla di tutto questo in passato e assoluta prospettiva di ripensamento nel presente e, ahinoi, in un futuro che continua a sfuggirci dalle mani e dalle coscienze, attratti come siamo dal fatuo e inibiti dal banale e dal superficiale che strangolano sul nascere ogni impulso alla riscossa e ad una rinascenza morale e culturale.

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Il futuro dell' abitare

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Il futuro dell' abitare

 

 Dinamico, colorato, sociale smart, collegato in rete e multifunzionale, così architetti, ingegneri, sociologi, ricercatori e pianificatori urbani immaginano la città del futuro. Una cosa è certa: il futuro appartiene alla città, poiché secondo l' opinione di osservatori, il trend dell' urbanizzazione è in crescita inarrestabile e la molteplicità degli stili di vita e delle forme dell' abitare tendono ad una integrazione in spazi semre più ridotti.

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Il futuro dell' abitare e della città

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Il futuro dell' abitare

 

Alcun tema occupa e preoccupa le società della grande famiglia mondiale in maniera così intensa come l' abitare, sia che si tratti della casa che della città. Si tratta di un trend centrale del quale in Germania ad occuparsi è lo „Zukunftinstitut“, che,,fondato nel 1998, ha caratterizzato in maniera notevole la ricerca sul futuro ponendosi come un influente Thin Tank della ricerca europea sui ternd e sul futuro. L' ambito della sfida quotidiana ruota intorno alla domanda: quali cambiamenti, trends e megatrends caratterizzano il nostro presente e quali deduzioni si possono trarre per il futuro della società, dell' impresa e della cultura.

 Il tema dell' abitare non riflette gli aspetti se in proprietà o in affitto, bensì larelazione tra pubblico e privato, famiglia e lavoro, libertà individuale e sicurezza colletiva. In primopiano si pongono i concetti dell' abitare che devono rispondere alle cogenti domande poste dai mutamenti demografici in corso e in definitiva in che modo di reagire sia ai cambiamenti climatici che agli avvenimenti della natura. Le recenti inondadazioni in Italia, in Europa e nel mondo ha conferito (meno in Italia) al dibattito sul futuro dell' abitare una completamente nuova dimensione e una inaspettata forza esplosiva. Ma anche imprese di servizi e del terziario in quasi tutte le branche: dalle banche alla gestione dei rifiuti urbani, dall' industria dei mobili fino all' high-tech, dalla gastronomia ai gestori di servizi di formazione.

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Introduzione alla Sociologia abitativa

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Diverse esperienze culturali, tradizioni costruttive, pratiche religiose e differenze climatiche hanno determinato nelle varie regioni della terra diverse culture dell' abitare. Inoltre negli ultimi decenni ha avuto luogo un crescente e forte adattamento di modelli abitativi e culturali, donde una certa perdita dell' omogeinità delle singole culture dell' abitare. Assumendo questa tesi come punto di partenza in alcune Scuole di Architettura anglosassone, mittel-e nordeuropee è stato introdotto un progetto teorico finalizzato alla messa a confronto di volta in volta di forme e sistemi abitativi tradizionali e contempranei per ohni singola regione o paese.

L' obiettivo è stato quello di elaborare un ambito di ricerca sulle forme tipiche tradizionali dell' abitare e quelle contemporanee e di conseguenza, sulla scorta di analisi di criteri distributivi e degli edifici, approfondirne la specificità di ogni singola regione, questa intesa latu sensu. Ai fini di una analisi comparata e come criterio-guida delle delle specifiche analisi regionali tipiche sono state trattate e concordate dimensioni di ricerca come: unità sociale ("Famiglia"), significato di fasi nel ciclo della vita, demarcazione tra pubblico e privato, luoghi centrali nella casa o nell' abitazione, tradizioni costruttive (clima e materiali) e "Religione". Le ricerche sono stare rispettivamente completate dall' elaborazione di letteratura specifica e fonti d' archivio.

Molte sono le pubblicazioni di lavori e risultati progettuali di studenti per la cui scelta sono state prese in considerazione  qualità e internazionalità. Di gramde rilievo sono stati i lavori di studenti concentrati sull' abitare nei Paesi Bassi, di altri sulla cultura dell abitare in Giappone, mentre altri ancora hanno posto l' accento sul l' abitare nei Paesi Arabi, ma anche in Cina e Ucraina.

Una ricerca di grande interesse à stato il Workingpaper sul mutamento delle forme dell' abitare in Germania, in ispecie nel Land Baden Württemberg a documentare  i Materiali di Architettura e Sociologia abitativa.

Si tratta di tematiche di cogente attualità, prese a cuor leggero dalle Scuole di Architettura del nostro Paese, che ben si coniugano con immobilismo e inerzia della Politica, dei Consigli nazionali e Ordini regionali di archh., ingg., geomm., socioll., ma anche di giuristi. L' ambito di ricerca, Architettura e Abitare, è alquanto poliedrico e coinvolge punti di forza quali possono essere le prospettive sociali e culturali di Architettura e Pianificazione urbana, ma anche l' interazione <Uomo-Ambiente costruito>. A tal fine pressante è la richiesta di docenti con punti di forza i mutamenti dell' abitare, urbanità come forma di vita, ricerca micrournbana, storia e futuro dei Paesi industriali, così come Architettura come professione e ambito di ricerca empirica. In uno con l' introduzione di Architettura e Pianificazione urbana nelle prospettive sociali e culturali, parte dell' ambito di ricerca <Architettura e Abitare> sono anche aspetti e dimensioni dell' interazione tra bisogni umani, ma anche consumo dei suoli e ambiente costruito.

 

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