Inflazione e salario minimo

Written by Nicolò Piro on .

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Il problema immanente è noto: ovunque in Europa lo scenario è caratterizzato da un'inflazione elevata, che colpisce soprattutto coloro che guadagnano particolarmente poco, perché spendono gran parte del loro reddito per beni di prima necessità come l'energia e l'energia, che sono diventati particolarmente costosi .
Quindi la domanda che si pone è: cosa fare? Pertanto, ovunque esista, il salario minimo legale diventa un problema con un focus su quanto dovrebbe aumentare in modo che i redditi più bassi non si riducano finanziariamente. Dalla Spagna all'Inghilterra passando per l'Europa centro-settentrionale, ma meno nei paesi del Nord Europa come Danimarca e Svezia, il dibattito è aperto. In Germania, i datori di lavoro hanno scavalcato i sindacalisti con l'aiuto del capo della commissione neutrale e il salario minimo aumenterà solo di 41 centesimi nei prossimi due anni. È più che chiaro che, dato l'aumento imprevisto del salario minimo da parte del governo nel 2022, è sufficiente, sostengono i datori di lavoro. Ma come stanno andando le cose in altre parti d'Europa nel momento in cui una nuova direttiva di Bruxelles che gli stati dell'UE devono attuare entro il 2025 porta una nuova dinamica al dibattito accanto all'inflazione? Ciò significa che esiste per la prima volta un quadro europeo, anche se la legge non prescrive alcun salario minimo o il loro importo. Al contrario, raccomanda come trovare un adeguato limite salariale inferiore, che i datori di lavoro devono poi rispettare. Un criterio, o uno tra pochi, è il potere d'acquisto, cioè il denaro rimasto dopo l'inflazione. Inoltre, l'UE fa riferimento a valori di riferimento internazionali standard, secondo i quali il salario minimo dovrebbe essere almeno il 60 percento del salario medio di tutti i dipendenti e questo significa un aumento fino a 14 euro in Germania.

Ad evitare discorsi lunghi e noiosi poniamo l' attenzione sugli estremi quali, a nostro debol parere, possono essere l' Italia odierna della neo -postafascista Giorgia Meloni e della chiacchierona a vuoto Elly Schlein, da una parte, e i Paesi Scandinavi ad alta tradizione socialdemocratica, come Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia. Con punto di forza Danimarca e Svezia, dall' altra. Per quanto riguarda l'Italia, la questione non è quanto dovrebbe essere il salario minimo, ma se esso debba avere una qualche giustificazione nell'ambito del dibattito in corso in cui le sinistre sono favorevoli e le destre contrarie, senza aver mai preventivamente chiarito le loro posizioni con i sindacati la maggior parte dei quali rifiutano un salario minimo legale, facendo riferimento ai contratti collettivi da loro negoziati ritenuti vantaggiosi in quanto regolano non solo i salari, ma anche le condizioni di lavoro nel loro insieme. <Sine ira et studio> bisognerebbe tornare un po' indietro nel tempo, e cioè verso la fine degli anni Dieci del 20° secolo, allorché videro il loro battesimo le due grandi „rivoluzioni d' Ottobre, la fascista e la bolscevica, con la prima anticipata a Milano dal Manifesto dei Fasci di combattimento (6 giugno 1919) e la seconda, nella sua fase finale e decisiva della Rivoluzione russa, iniziata in Russia nel febbraio 1917, che, orfana di un autentico programma sociale, segnò dapprima il crollo dell'Impero russo e poi l'instaurazione della Russia sovietica.

La „questione sociale“ posta dal primo e autentico Fascismo di Benito Mussolini, impostata su un perentorio <Noi vogliamo>, fu autenticamente tranchant. Il 23 marzo 1919, presso il Circolo per gli interessi industriali e commerciali in piazza San Sepolcro a Milano, questi fonda i Fasci di combattimento il cui Manifesto, pubblicato su il Popolo d' Italia il 6 giugno 1919, propugna radicali proposte di riforma politica e sociale come risposta e margine „ai due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra“. Soltanto parte di queste vennero realizzate durante gli anni del regime (1922-1943), e che, pur riprese successivamente durante la Repubblica Sociale Italiana – come la socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione -, rimasero sostanzialmente inapplicate a causa degli eventi bellici. Del „problema sociale“ del Programma di San Sepolcro, ecco i punti-cardine del „Noi vogliamo“: 1. La sollecita promulgazioine di una legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro. 2. I minimi paga. 3. La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell' industria. 4. L' affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici. 5. La rapida e completa sistemazione die ferrovieri e di tutte le industrie die trasporti. 6. Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sull' invalidità e sulla vecchiaia, abbassando il limite di etàproposto attualmente da 65 a 55 anni.

Si dovrà attendere la fondazione della Quarta Internazionale da parte di Lev Trockij, nel 1938 a Périgny, vicino a Parigi, per poter parlare di opposizione sia nei confronti del capitalismo (lo aveva fatto già Mussolini prima della costituzione die Fasci di combattimento) che nei confronti dello stalinismo andato al potere nell' Unione Sovietica dopo la morte di Lenin, ma anche di „rivoluzione permanente“, ponendo in essere il principio secondo il quale un „socialismo“ senza „democrazia“ sarebbe stato impossibile: un dettaglio, questo, sfuggito dalla cecità di Stalin al servilismo del Pci del „bastardo“ (così sottinteso dall' emigrazione antifascista rifugiatasi a Mosca) Palmiro Togliatti nei riguardi l' UdSSR e, oggi, più che mai assente all' interno dei quadri (ammesso che di tali possa parlarsi) di un „putinismo“ fondato sul terrore dell' apparato spionistico di stato.

Fatta questa premessa e acclarato il carattere rivoluzionario (e sociale) del Primo Fascismo, nella caotica Italia di oggi esiste un'ampia rete di regolazioni tariffarie con i partiti cosiddetti di sinistra che, assieme al Movimento Cinque Stelle, tendono ad un salario minimo di nove euro che categoricamente e avulso da serie e fondate motivazioni viene bocciato da Giorgia Meloni in Parlamento nella convinzione che un presunto alleggerimento della pressione fiscale possa accontentare tutti e consentire ai datori di lavoro di giocherellare con i salari die lavoratori. E se vero è, che le aziende soffrono di non poche vessazioni legali, occorre mettere in risalto che sovente i costi salariali aggiuntivi per dipendente sono ancora una volta alti quanto il salario stesso con il risultato che, ove possibile, a volte vengono pagati stipendi estremamente bassi, spesso, tra l'altro, illegalmente e aggirando lo Stato. Pertanto accade spesso (e sovente) che a un operaio edile qualificato in cerca di lavoro venga seriamente offerto un lavoro a tre euro l'ora, e agli accademici al primo lavoro viene spesso offerta una paga molto al di sotto del livello di altri paesi dell'UE.

Nel Nord Europa, invece, il salario minimo è osteggiato in forza del principio per il quale il legislatore deve tenersi lontano dalle contrattazioni salariali. Soprattutto in Svezia, dove dalla fine degli anni '30 il rapporto tra le parti della contrattazione collettiva e il governo è stato regolato dal "modello svedese", modello scandinavo o modello nordico, secondo il quale i salari sono negoziati esclusivamente tra sindacati e datori di lavoro e fissati nei contratti collettivi. Questo modello include uno stato sociale globale e una contrattazione collettiva multilivello, integrata nei meccanismi propri di un sistema capitalistico, con un'alta percentuale della forza lavoro sindacalizzata e una grande percentuale della popolazione occupata nel settore pubblico. In questo senso, è considerato da alcuni una sintesi di successo tra le caratteristiche del sistema socialista e quelle del sistema liberista. Nei contratti, i salari minimi sono chiamati stipendi iniziali e variano a seconda del settore e spesso anche in base all'età. Un sistema che, come in Danimarca, funziona molto bene, poiché grazie a sindacati forti le tariffe vengono applicate a tutto campo.

Per l' Italia, pertanto, un futuro orientato verso un ordine „socialfascista“? È presto per sognarlo e mai troppo tardi per realizzarlo . . . almeno nelle menti e nei cuori.

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