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Emergenza abitativa: oggi come ieri

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R I P E T

BlogSicilia 27. Marzo 2018

Emergenza abitativa, il Fronte di Lotta per la casa evita lo sfratto di due famiglie in corso Pisani"disinteresse delle istituzioni per le famiglie più deboli"

Oggi, sin dalle prime ore della mattina, il Fronte di lotta per la casa ha prestato solidarietà supporto alle due famiglie sotto sfratto che da circa cinque anni occupano lo stabile di Corso Pisani 12 a Palermo riuscendo a evitare lo sgombero.

Già da alcuni mesi il bene di proprietà del Tribunale di Palermo, sequestrato ad una ditta privata, è interessato dal provvedimento di sgombero nei confronti delle due famiglie che, peraltro, hanno minori a carico.

“Nella città dell’emergenza abitativa questo è solo uno degli innumerevoli casi che fa emergere il totale disinteresse delle istituzioni nei confronti di famiglie appartenenti alle fasce più deboli e sottoposte a misure di sfratto o di sgombero.

Sebbene, infatti, queste due famiglie beneficino di regolari utenze e abbiano regolari certificati di residenza, sebbene abbiano più volte fatto richiesta di regolarizzazione ed abbiano intavolato con l’amministrazione comunale percorsi di sostegno abitativo, le istituzioni si ostinano ad ignorare il problema e a far persistere le suddette famiglie in uno stato di semi legalità rendendosi parte del problema se non la vera e propria causa”, si legge in una nota.

“Grazie al nostro intervento anche questa volta è stato scongiurato il pericolo dello sgombero. In generale, come Fronte di lotta per la casa, la nostra primaria istanza è che cessino definitivamente sfratti e sgomberi perchè assolutamente ingiusto è buttar fuori famiglie occupanti e non in grado di pagare l’affitto senza che vi sia da parte delle istituzioni un minimo sforzo per risolvere alla base questa grave situazione. Una noncuranza, questa, dei poteri forti, che obbliga le fasce più deboli a vivere fra reati e illegalità. Le occupazioni non sono altro che una semplice risposta atta a soddisfare nell’immediato il bisogno di un tetto sopra la testa, un diritto che per quanto fondamentale ahinoi non viene per nulla garantito dagli organi di potere e prefettizi” afferma Salvatore Genovese del Fronte di lotta per la casa.

Commento:

Non il <Diritto alla casa> bensì il <Diritto alla proprietà della casa> (v. il Punto 15 dei 18 Punti del Manifesto di Verona, conosciuto come Carta di Verona, del 14 novembre 1943, e definito l' atto fondante della „Prima“ Repubblica Italiana, La Repubblica Sociale Italiana, R.S.I., laddove recita: Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, é un diritto alla proprietà. Il Partito iscrive nel suo programma la creazione di un Ente nazionale per la casa del popolo, il quale, assorbendo l' istituto esistente e ampliandone al massimo l' azione, provveda a fornire in proprietà la casa alle famiglie die lavoratori di ogni categoria mediante diretta costruzione di nuove abitazioni o graduale riscatto delle esistenti. In proposito è da affermare il principio generale che l' affitto – una volta rimborsato il capitale e pagatone il giusto frutto – costituisce titolo di acquisto. Comeprimo compito, l' Ente risolverà i problemi derivanti dalle distruzioni di guerra, con requisizione e distribuzione di locali inutilizzati e con costruzioni provvisorie.), come riflessione sul Diritto <naturale> e garanzia contro l' emarginazione sociale in una società secolarizzata.

In questo senso Diritto <naturale> e riflessione hanno anticipato il Cristianesimo, essendo il Diritto <naturale> l'ordine dei diritti e dei doveri specifici alla natura umana che regolano i rapporti tra gli uomini per il conseguimento del bene comune considerato non come potere dello Stato o della ricchezza delle Nazioni, bensì come causa finalis. Chi, pertanto, si riconosce nei diritti umani, implicitamente si riconosce nel Diritto <naturale> che a sua volta pone la questione sulla natura dell' uomo e sull' ordine del mondo premettendo una risposta a tali questioni, già posta dalla filosofie greca e romana, a definire il pensiero cristiano (e non) nel corso degli ultimi 2000 anni.

La difficoltà nell' applicazione che oggi si fa del concetto di Diritto <naturale> è essenzialmente insita nei due termini di Natura e Diritto che lo compongono, a loro volta dipendenti dai rispettivi contesti, laddove il concetto di Natura, in sé considerato, oltre ad essere percepito eufemisticamente, non rappresnta una grandezza unitaria. È la Natura, allora, un concetto „morale“? Le percezione dell' istinto è certamente nel mondo animale un atto „a-morale“, nell' uomo, invece, un atto „non-morale“, donde la necessità di un chiarimento di fondo del richiamo alla Natura e la definizione dei suoi conenuti evidenziata e disciplinata.

Il concetto di Diritto è altrettanto molteciplice e articolato, significando il Diritto corrente regolativo della vita di una comunità e, pertanto, legittimato dal „Potere“. In tal guisa nello Stato costituzionale la decisione della maggioranza vale come Diritto: Non veritas sed auctoritas facit legem (Thomas Hobbes). Diritto può anche significare „Giustizia“, dike in Platone, sulla quale lo Stato si fonda o dovrebbe fondarsi. Questo Diritto-Giustizia è indipendente dal principio della „maggioranza“ e nello stesso tempo indipendentemente legittimato – nell' antichità greca, p.e., tramandato dagli antenati o dagli Dei che comandano ad Antigone di seppellire il suo fratello senza legge.

Pertanto esiste la conflittuale e tragica tensione tra Giustizia e Legge vincolante che può fare del Diritto vigente una ingiustizia. Pensieri e considerazioni, questi, che inevitabilmente conducono alla interdipendenza pluralismo-bene comune, laddove il primo, in assenza del secondo, conduce al caos e il secondo, non inteso come fine a sé stesso, percepito nel suo valore intrinseco di realizzazione degli obiettivi finali della persona e del bene comune universale per farci intendere che non il potere dello Stato o la ricchezza delle Nazioni deve essere la causa finalis del bene comune, bensì il rispetto della <persona> umana in tutta la sua totalità e bisogni, spirituali e materiali. Un concetto, quello di <persona>, in assenza del quale, impossibile è dare una risposta alla questione del bene comune, poiché la <Persona> altro non è che quell' unità di corpo, ragione e anima, giammai soltanto ragione - in senso hegeliano („Ciò che è regionevole è reale; e ciò che è reale è ragionevole“, in ted.: Was vernuenftig ist, das ist wirklich; und was wirklich ist, das ist vernuenftig) -, autoconsapevolezza e volontà che esistono in un corpo non personalizzato per usarlo, facendo di una sì amputata e ostile antropologia un' eresia gnostica, oggi percepibile nella cosiddetta <teoria-gender> nella quale, secondo la tesi del <costruttivismo sociale>, cose e particolarità vengono „costruite“ (definite) dalle società che, come sappiamo, non sono soggetti, in quanto incapaci di stabilire, fissare, concordare, conciliare o costruire, essendo soltanto gli individui capaci di formulare, sviluppare tra loro convenzioni, poiché ad esse connaturati per formare con queste ciò che s' intende per <cultura>, cioè quelle grandezze note come norme, valori, istituzioni, regole, etc.

. . .

<Diritto alla proprietà della casa>, considerata come seconda pelle dell' uomo - essendo la terza (pelle) la „città“ (donde <Diritto alla città> nel pensiero del filosofo, marxista e comunista, francese, Henri Lefebvre (1901-1991) in La révolution urbaine (1970) -, e non semplicemente <Diritto alla casa>.

Diritto alla proprietà della casa da acquisire unicamente in forza di un lavoro costante nel tempo, garantito e a digntà d' uomo, giammai dipendente dalle promesse fatue dei governanti e/o dai provvedimenti demagogici e populistici di una politica autoreferente. Tutto questo per evidenziare l' horror vacui ancora presente, e dominante, nelle politiche della casa del passato, del presente e, certamente, del futuro in un contesto socio-politico caotico e degrado istituzionale mortificante che nel corso di una conferenza stampa a Milano, presso il Museo della Scienza e della Tecnica, ha visto l' ex premier Gentiloni „svelare“ (sic) il piano di CASA ITALIA - e di questo il soggetto governativo messo in atto dall' ex premier Renzi per definire il sistema di prevenzione antisismica su idea di Renzo Piano (giammai su iniziativa di Governo!) - e dichiarare:

Casa Italia è uno dei nostri progetti più ambiziosi. Talmente ambizioso che ha una prospettiva lunga e non è vincolato a questa o a quella stagione politica ed è stato giusto creare una struttura amministrativa che consente questo lavoro“.

Quale struttura amministrativa, di grazia, Signor Gentiloni? Quali i primi prototipi dopo l' investimento di 25 milioni di euro, e quale la collaborazione da parte degli enti locali coinvolti, quali i risultati ad oggi, dopo il via a 10 cantieri dal Friuli alla Sicilia, Catania, Feltre (Belluno), Foligno (Prugia), Gorizia, Isernia, Piedimonte Matese (Caserta), Potenza, Reggio Calabria, Sora (Frosinone), e Sulmona (L' Aquila)? Dove e quali sono le „sperimmentazioni sulle soluzioni costruttive innovative, in grado di aumentare la sicurezza degli abitanti a fronte di eventi sismici, mantenendo al contempo l' edificio vivibile e utilizzabile durante tutte le fasi dell' intervento“? Quali le „derivazioni, a valle della sperimentazione, linee guida che possono costituire un riferimento per interventi estesi all' intero territorio nazionale e rappresentare occasioni di un più ampio coinvolgimento sul tema della sicurezza, sia a livello locale che in ambito nazionale e consentire una riflessione dal basso sulle politiche abittative in passato per promuovere la sicurezza“?

Balle, tutte balle quelle di Gentiloni, che l' architetto e senatore a vita Renzo Piano, l' ideatore di 'Casa Italia' e propugnatore di discutibili, quanto aerei, principii e iniziative fuori da ogni logica contestuale, non può e deve assecondare, pena una perdita di considerazione e autorità morale. Cosa vogliono dire diagnostica; cantieristica leggera, dove si può intervenire con metodi nuovi; la non separazione delle persone dalla propria casa (che, poi, deve essere una normalità. Ndr); l' educazione delle persone e degli operatori (che balordaggine, senatore!); la sostenibilità economica? E il suo sedicente G124, il <project manager della struttura di missione> Giovanni Azzone, i soggetti coinvolti (dall' Ista all' Agenzia delle Entrate), tutti chiamati a gonfiare un inesistente dipartimento di Palazzo Chigi, al posto di serie, articolate e funzionati istituzioni centrali e periferiche dello Stato? È una tale insalatiera che dovrebbe occuparsi della sicurezza di aree urbane consegnate al degrado e della pianificazione urbana in un' italia dove latitanti sono Diritto urbanistico (Legge urbanistica „nazionale“ e Ordinamento „nazionale“ sull' uso dei suoli e dei lotti edificabili), Diritto edilizio pubblico (Regolamenti edilizi „regionali“ e Statuti urbani), Diritto ambientale, Diritto contrattuale, Diritto professionale a regolare i rapporti di architetti, ingegneri, geometri, geologi con la committenza sia pubblica che privata, l' istituto tecnico-giuridico del Collaudo in corso d' opera e finale di tutte le categorie die lavori, preferibilmente da parte del progettista, direttore e contabile die lavori, istanze di controllo?

Una denuncia, ma anche breve cahier de doléances, che inevitabilmente non può fare astrazione delle connotazioni culturali di un contesto di Urbatettura medievale, unico nel suo genere, quanto nei suoi elementi costitutivi di città, quartiere, piazza, strada, tipologia abitativa nella tipicità della casa urbana „a schiera“, il tutto da tessere e intessere, coniugare e declinare con fisica, tecnica, fisiologia dell' abitare, storia urbana, innovazione costruttiva, adeguamento dei „tagli“ delle residenze alle trasformazioni e mutamenti sociali in atto, sociologia urbana, sostenibilità urbana (nei termini di un cauto risanamento urbano, di tedesca memoria, noto come behutsame Stadtsanierung, sintesi espressiva di rivitalizzazione degli spazi urbani nel rispetto delle strutture sociali esistenti), economia, sicurezza, viabilità, clima e ambiente . . . . il tutto all' interno della grande cornice della città europea con punto di forza la città storica italiana nelle sue chiare e ben definite pecularietà regionali e dell' Italia centrale, in particolare.

E, allora, 'Progetto Italia' al posto di 'Casa Italia', considerato come grande occasione capace di coinvolgere in maniera duratura ed equilibrata: istituzioni, lavoratori, scuola, innovazione e ricerca edilizia, consigli e ordini professionali, rappresentanti del commercio e mondo della produzione in uno sforzo sovrumano dove possibile possa essere l' incontro fecondo tra cultura e sviluppo all' insegna del „tutto più importante delle sue parti“, e pertanto di quell' ensemble urbanistico che nello spazio pubblico ritrova la sua scena e nella casa urbana ritmo e struttura.

La premessa di un tale impegno deve essere riscoperta nelle leggi dell' armonia insite nelle dimensioni (larghezza/altezza) tradizionali della casa urbana „a schiera“ medievale in forza di una architettura che non deve apparire bizzarra e ricercata o seguire le mode del tempo.

L' immaginazione di una casa/unità immobiliare, possibilmente stretta, come modello di base <muro a muro> con muri separati da una intercapedine di 25 mm, connotata dall' alternanza seriale di immobili di 2-3 piani in elevazione, deve indissolubilmente essere recuperata, rivisitata e consegnata ad una renovatio urbis senza precedenti percepita come il riconoscersi in una identità culturale da tempo preda della negazione.

L' ordinata disposizione degli edifici uno accanto all' altro con i loro volumi definiti dalle leggi dell' armonia, linee di gronda e di colmo a sottolineare le falde dei tetti, prospetti nella leggiadria dell' equilibrata alternanza di proporzionate finestrature verticali e pieni dei comparti murari, il tutto a richiamare nella cromaticità degli intonaci composizione, forma e accenti della città medievale italiana devono necessariamente riconciliarci con una tradizione respirata come autentica cultura urbana da coniugare sapientemente con i caratteri del tempo in cui si vive nel riispetto più coerente delle esigenze estetiche e fisiologiche dell' uomo contemporaneo, proprio in ragione della reinterpretazione della casa urbana „a schiera“- la tipologia residenziale urbana dominante nei tessuti edilizi della città medievale italiana -, nelle offerte di casa monofamiliare, bifamiliare e plurifamiliare e nel suo ordine grammaticale di architettura urbana, metabolizzata come segno inconfondibile e significato pregnante di densità che genera urbanità: cioè del fare e vivere città . . . urbs . . . civitas.

In questo suo essere, nella sua configurazione compositiva e nella avvolgente sceneggiatura dello spazio pubblico metabolizzato nei suoi elementi costitutivi, strade e piazze, è la casa urbana „a schiera“, compatta o con atrio, a sottendere quel fil rouge invisibile che ci riconduce alla tipologia residenziale della Priene del 4. Secolo a.C. ripropostaci dalla ricerca di W. Hoepner

e che inequivocabilmente ci riconduce al principio costitutivo della città europea, prima, e storica italiana, poi, nelle sue inconfondibili connotazioni formali di una facciata principale ed un retroprospetto, un tetto, ad una o due falde, un „sopra“ e un „sotto“, un „fuori“ e un „dentro“ e nella sua finalità di colmare l' aspirazione ad abitare una dimora moderna sottratta ad una disonesta speculazione fondiaria ed edilizia, consegnata a palazzinari sciacalli ed alla dittatura di un ancora incomprensibile <indice di cubatura> che continua a sottrarre al disegno della casa e della città, rispettivamente di Architettura e di Piano, il valore di <cultura del progetto>, anzitempo proposto da Vittorio Gregotti.

Un rischio, questo, da prevenire consegnando a rigorose storia ed analisi „urbane“ ed alle <prescrizioni> del Piano Particolareggito - relazionate alle <indicazioni> del Piano Regolatore Generale (eccoci al <Diritto urbanistico> assente in „questa“ italia!) – quella reinterpretazione dello spazio pubblico, sia esso la strada o la piazza, che in definiva altro non è che la sensibile operazione intesa come <rigenerazione urbana>.

È quella convenzione tipica della casa urbana „a schiera“ nelle sue variazioni senza fine in grado di offrire, oggi, un variegato campo sperimentale al progetto contemporaneo, traendo spunto da una attenta osservazione di articolazione, materialità, testura delle superfici e accenti spaziali rispettivamente negli affreschi della Allegoria sugli <Effetti del Buon Governo in città> di Ambrogio Lorenzetti, 1338-39, Siena, Palazzo Pubblico e della <Guarigione dello storpio> di Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai, detto Masaccio, 1424-28, Firenze, Cappella Brancacci, situata all' interno della chiesa di Santa Maria del Carmine.

È questo, allora, il momento di innestare alla ricerca storica ed all' analisi formale e morfologica della città medievale italiana e dei centri minori l' aspetto costruttivo nelle sue valenze di sicurezza ed economia, durata nel tempo a partire proprio dalle criticità di progetto statico con l' esclusione assoluta di muri comuni a separazione di edifici contigui e predisponendo i piani di posa delle fondazioni alla stessa quota, sia che si tratti di muri portanti perimetrali e di controventatura, in dipendenza della pendenza stradale procedendo, in tal caso, con il ricorso a gradoni, coronamento di base con piastra di fondazione ad armatura incrociata; ventilazione naturale longitudinale in dipendenza della disposizione delle cortine edilizie in <continua, chiusa e doppia> e, pertanto, con unità residenziali dotate di propspetto principale su strada e retroprospetto su orto/giardino privato per lotti edilizi minimi che consente una ventilazione longitudinale naturale degli spazi abitativi interni-, o doppia> e, pertanto, con unità residenziali dotate di prospetto principale su strada e retrospospetto cieco che non consente una ventilazione longitudinale degli spazi abitativi interni, imponendo così il ricorso a sistemi di ventilazione forzata, sino alla scelta, in termini di economia e sicurezza, del sistema costruttivo più idoneo, sia che si tratti: di 1. Gabbia in conglomerato cementizio armato (piastra di fondazione, muri perimetrali e di controvento, solai intermedi in c.c.a. ad armatura incrociata e non in latero-cemento, orditura in legno per parte della copertura, riservando il resto a terrazza alla disposizione di pannelli solari su giardino pensile e pertanto tolti alla vista, etc.) tradizionale o coibente (già prassi in Paesi come Svizzera, Austria e Germania) o, 2. Sistema misto con intelaiatura in c.c.a. e tamponature in muratura armata in laterizio ad alto potere coibente, restanto ancora penosamente irrisolto (se non negletto) l' aspetto distributivo degli spazi abitativi con al centro l' ubicazione dei servizi igienico-sanitari (bagno e wc), cioè se disporli con finestrature su strada o orto/giardino, ovvero al centro di piano con ricorso a ventilazione artificiale forzata, prassi oggi in altri Paesi adottata e assurta a standard e criterio distributivo, ma, ahinoi, ancora tabù nella didattica e nella prassi progettuale corrente in Italia.

Insomma, e per la prima volta, ci si troverebbe di fronte ad un autentico <Progetto Italia> senza precedenti nella storia della Repubblica, capace di coniugare storia (urbana), tecnica, innovazione e futuro, in uno a formare „Cultura edilizia“ (latu sensu), dalle molteplici ricadute in ambiti vitali come: lavoro, commercio, produzione, industria, specializzazioni, professioni, etc.

Sarebbe giunto finalmente il momento di uno sforzo corale, immane quanto solidale, ad invocare, per coinvolgerle in una Vernunftkultur, quella ordinatio rationis nelle diverse tonalità e potenzialità invocate da Tommaso d' Aquino a Romano Guardini, mediate come sono state dalle Linee fondamentali della Filosofia del Diritto o Lineamenti del Diritto Naturale e della Scienza dello Stato (1820) di Hegel, allorché questi afferma:

<Così, e non altro, dovrebbe essere questa trattazione, cioè come il tentativo per comprendere e rappresentare lo Stato come qualcosa in sé di ragionevole (den Staat als ein in sich Vernünftiges zu begreifen und darzustellen . . .), essendo la lezione che in essa può essere contenuta non un modo per indicare allo Stato come deve essere, piuttosto come questo dovrebbe (ri,ndr)conoscere l' universo del comportamento morale>.

Alla <Buona Politica> affinché provveda all ' istituzione di un <Ministero per lo Sviluppo, la Pianificazione urbana, Traffico e Trasporti> e di un <Ministero per l' Edilizia ed i Lavori Pubblici> e di dotare le Regioni (tutte a statuto ordinario), medie, grandi città e istituendi Comprensori di Comuni di efficienti Uffici Tecnici e di Decernati (dal lat.: decernere; it.: decidere) per lo Sviluppo, la Pianificazione urbana e territoriale, Traffico e Trasporti.

 
 
 
 
 
 
 
 

Ambrogio Lorenzetti: L' Allegoria del Buon Geverno (o della nascita della città moderna)* 

 
 
 

Guarigione dello storpio e risveglio della Tabitha (Masolino/Masaccio)**

 

Di grande rilievo nell' affresco è la reppresentazione di splendide e perfette <case urbane "a schiera"> a più piani. Una grande rivoluzione!

 

 
 Priene***: Ricostruzione di una "insula" con 8 case (Hoepfner 1999, 346)
 

 * Aurelio Agostino nel Civitate Dei, ci ricorda tre tipi di "civitas": la Civitas Dei, la civitas humana, la civitas diaboli. Dato che "post peccatum", non ci è consentito sperare nella costruzione di un Paradiso in terra, la "civitas humana" tanto sarà migliore quanto più si avvicinerà, ad essa ispirandosi, alla "Civitas Dei" e tanto sarà peggiore quanto più tenderà alla "civitas diaboli". Pertanto quando si parla di Buon Governo non si può pensare alla realizzazione della perfezione politica, poiché non è di questo mondo. Solo le ideologie hanno costruito a tavolino le società perfette, pur sapendo bene che non considerando la humana natura - in particolare dell' uomo associato - hanno prodotto i più grandi disastri politicici e sociali che la Storia ricordi.Pertanto il "Buon Governo" non è la ricetta che porta alla società perfetta, bensì tendenza al continuo miglioramento che tuttavia, senza l' aiuto della Grazia divina, risulta assai spesso di estrema difficoltà.

E, allora, cosa ci dice l' affresco di A. Lorenzetti. Intanto lo si trova nel Palazzo Pubblico a Siena e precisamente nella Sala dei Nove dove, oltre allegoria del Buon Governo, si trovano altri due affreschi: gli <Effetti del Buon Governo nell città e nella campagna> e l' <Allegoria del Malgoverno>. Va detto che la Sala dei Nove è una sala pubblica, aperta, una sala che aiuta a riflettere su cosa significhi governare per il bene comune, tanto che anche San Bernardino da Siena nelle sue prediche faceva riferimento alla Sala dei Nove e alle sue rappresentazioni. Partendo da sinistra nell' analisi del Buon Governo  vediamo l' immagine di una donna che tiene, posta sul capo, una bilancia con i piatti in equilibrio perfetto. È la classica immagine della Giustizia che suggerisce la necessità, nel giudicare, di "dare a ciascuno il suo", senza sconto alcuno. Sopra i piatti si notano due scritte che indicano la partizione della giustizia secondo la tradizine aristotelica. Nel piatto che si vede a destra

(continua)

 

**La doppia scena nel quadro in alto sulla parete destra mostra sullo sfondo, in una prospettiva centrale, un tipico paese toscano del XV secolo, generalmente attribuito a Masaccio. Le due figure al centro, che fungono da collegamento tra le due scene, mostrano ancora influenze gotiche nel loro aspetto elegante e cortese. Nella metà sinistra è descritto un evento degli Atti degli Apostoli (At 3,1–10 EU): La guarigione del paralitico nel tempio da parte di S. Peter. Nella foto è particolarmente enfatizzato il contatto visivo tra Peter e il paralitico. Nella metà destra dell'immagine puoi vedere il risveglio di Tabitha. Oltre 100 anni prima, Giotto aveva dipinto un affresco in Santa Croce su un soggetto simile, che Masolino certamente conosceva. Tabitha è una seguace di Gesù della città di Giaffa sul Mar Mediterraneo ed è nota per il suo calore e la sua disponibilità ad aiutare (Atti 9:36-41 EU). Durante il tempo in cui Pietro lavorava nella zona di Giaffa, Tabita si ammalò e morì. Peter, chiamato dalla vicina Lydda, li riporta in vita. Da segnalare anche alcuni dettagli sullo sfondo dell'immagine. Lì puoi vedere i panni stesi alle finestre dell'edificio, una gabbia per uccelli, i vicini che chiacchierano da una finestra all'altra o una scimmia tenuta come animale domestico.

 

***Il clima in questa zona è mite e salubre. Erodoto (5), il famoso storico greco scrive: “Gli Ioni, a proposito, e Panionion è uno di loro, fondarono le loro città in un paese che ha il clima più splendido di tutta la terra che conosciamo. Né i paesi del nord né quelli del sud possono essere paragonati alla Ionia. I primi soffrono il freddo e l'umidità, i secondi il caldo e la siccità”. Come parte della rivolta degli Ioni contro i Persiani, Priene prese parte nel 494 a.E.V. con dodici navi in ​​mare combattono al largo dell'isola di Lade e fu distrutta dai Persiani dopo la soppressione dell'insurrezione, insieme alle altre città ioniche. La città è riuscita a rimettersi in piedi solo lentamente. Nel 387, dopo la cosiddetta “pace reale”, Priene e le altre città ioniche furono nuovamente incorporate nell'impero persiano. Ma la Priene che conosciamo oggi non era quella città. L'antica Priene, distrutta dai Persiani, si trovava nella valle del Meandro e fu abbandonata dai suoi abitanti verso la metà del IV secolo a.E.V., probabilmente a causa delle frequenti alluvioni che rendevano il luogo malsano e inospitale. Tra il 350 e il 334 a.E.V. I Priene costruirono una nuova città in un luogo più secco e sano, cioè dove si trova il Priene che conosciamo. La nuova Priene si trova a metà del versante meridionale del Monte Micale, ai piedi di un'enorme roccia che fu integrata nella città per costruire l'Acropoli. Rispetto al centro storico di pianura, il nuovo luogo era molto più secco e non esposto a rischi di allagamento. Orientato a sud, il pendio ha permesso di allineare tutte le case con il sole, motivo per cui alcuni autori moderni vogliono vedere Priene come una “città solare”, anche se nessun documento antico suggerisce tale interpretazione. "Città solare" può essere un bel predicato per una città, ma data la posizione geografica di Prienes (37 ° 39 N), alla stessa altitudine di Catania in Sicilia, si può dubitare che la posizione della città su un versante meridionale sia così piacevole per i residenti era. D'estate la città era come un forno caldo, anche se si tiene conto della vicinanza al mare e dei venti freschi che spirano da lì.

 

 

 
 
 

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