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La dimora BES: bella, economica, sicura

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IL BLOG

Huffingtonpost 12/01/2022 10:56 CET | Aggiornato 7 ore fa

L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)

Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)

Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

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La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.

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L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)

Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali

 

MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)

 

(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)



Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.

La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.

L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.  

È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.

Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021

Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.

Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.

Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.

Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.

Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.

 

C O M M E N T O

 

La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.



 

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