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La città compatta: genesi, sviluppo, futuro

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Dalla polis greca e della Magna Grecia, all' urbs romana e alla civitas medievale, sino ai nostri giorni, in questo caso con i peccati di speculazione urbana commessi dal 18° Secolo in poi, la visione del futuro della città è modellata dalla dichiarazione della „città compatta“, Leipzig Charta 2007, ma in chiave „sostenibile“, senza per questo metterne in discussione la compatezza da non confondere con la densità negli aspetti di destinazioni d' uso del tipo „misto“ e della policralità o polifonia nell' esaltazione che ne è stata fatta per la città di Vienna. Sostenibilità intesa essenzialmente come città delle brevi distanze, dove gli abitanti possono avere ciò di quanto bisogno a portata di mano ottenendolo a piedi o in bicicletta.

 

Per poter affrontare il complesso requisito di poter essere più densa, più ecologica e più sociale (la „città sociale“ è stata saldamente ancorata nella Legge/Codice urbanistica/o della Repubblica Federale di Germania), la città compatta del futuro post-Covid genera meno traffico , riduce al minimo la generazione di rumore e inquinamento ponendo, tuttavia, in primo piano la questione di come poter far fronte agli impatti climatici nella considerazione che una città con pochi spazi aperti è in grado di compensare meno il caldo estivo, da una parte, e tamponare meno le forti piogge. Ed è allora in questo caso che si deve andare alla ricerca di soluzioni che efficaci possono essere, a condizione che possano essere prese al momomento giusto, ricordando che in passato le città sono state costruite senza tener conto della ventilazione naturale nei modi con i quali gli antichi greci progettarono le loro città nel Mediterraneo (Grecia e Magna Grecia) in modo tale che fosse sempre garantita una ventilazione sufficiente da tener ben presente nelle fasi di riorganizzazione, di rinnovamento e di riproposizione facendo ricorso alla scienza ed alla ricerca tecnologica a sostegno dell' azione politica. Ricerca il cui compito è essenzialmente quello i sviluppare i risultati conseguiti e applicarli nella pratica, donde quella transdisciplinarietà nella quale ricerca e pratica operano all' unisono , come avviene in Germania per l' edilizia sperimentale e interessanti aspetti dello sviluppo urbano espressi in progetti di ricerca con la messa in primo piano l' implementazione pratica sugli esempi di istituti innovativi e d' avanguardia, come il BBSR (Istituto Federale per l' Edilizia, la Città e la Ricerca spaziale) e il Difu (Deutsches Institut für Urbanistik) di Dortmund, nella considerazione consilidata di non poter fare astrazione dell' auto e, di conseguenza, del concetto di mobilità e traffico, il secondo pensato nell' aspetto olistico: dall' uscio di casa a piedi, in bici, mezzi pubblici o auto, come praticato in città come Kopenhagen, Vienna, Zurigo e in città della Germania come Friburgo, Karlsruhe, Tubingen e Muenster, potenziando la costruzione di parcheggi sotterranei accessibili non più con il ricorso a rampe, bensi adottando piattaforme verticali e concedendo così lo spazio in superficie ad aree verdi, per la ricreazione o per nuove piste ciclabili, soluzioni tutte dalle quali l' Italia è lontanissima, intanto per l' assenza ingiustificata di Diritto urbanistico e Diritto edilizio pubblico in dipendenza della sostituzione della efficiente e eccellente Legge Urbanistica nazionale n.1150 del 17 agosto 1942, che rimandava esppressamente il ricorso al Piano Particolareggiato, che „prescrive“, al posto del Piano Regolatore Generale che „indica“ l' ubicazione delle destinazione d'uso (zoning“) sul territorio comunale.

 

Ma c' è un' altro concetto di enorme rilievo che occorre tener nel giusto debito: quello della „resilienza“ della città europea, in circostanze come p.e. conversioni e ristrutturazioni ovverossia la sua capacità di reagire a condizioni climatiche estreme, laddove già la capacità di reagire a condizioni climatiche estreme costituisce un aspetto dell' adattabilità a condizione, però, che si proceda ad ridisegno urbano e infrastrutturale da organizzare in reti più piccole e decentralizzate in modo che nel caso di malfunzionamenti, la funzionalità dell' intero sistema non possa correre pericoli. Si tratterebbe di un primo passo di rilievo in direzione di una migliore adattabilità e capacità di apprendimento. Inoltre urgente è tenere d' occhio lo sviluppo interno della città con l' attenzione rivolta alla definizione di condizioni giuridiche „quadro“ allo scopo di garantire un ottimale sviluppo dei quartieri del centro urbano nei due aspetti del diritto a pianificare e costruire in sintonia con la protezione dell' ambiente, allorché si tratta di inquinamento acustico e inquinamento atmosferico, senza perdere mai di vista il recupero delle periferie, onde evitare l' effetto-Francia (segregazione sociale), in Italia, da nord a sud, un alto rischio latente a causa della cattiva gestione del fenomeno immigratorio, della gestione dei rifiuti urbani, spesso in città come Roma e Palermo una vergogna in assoluto, anche per l' incapacità di guardare oltre l' orlo del piatto nel quale si mangia, cioè in direzione di Paesi come Austria, Svizzera, Germania, Paesi Bassi, tanto per restare vicino casa nostra, coinvolgendo cittadini, fondazioni comunitarie, istituzioni religiose, etc.

 

Insomma la discussione sulla città compatta è più attuale che mai senza per questo creare un' altra parola d' ordine ben formulata, ma vuota. La città compatta è un concetto strutturale che può fornire orientamento alla politica di pianificazione come modello per lo sviluppo dello spazio urbano a soglia del 21. secolo già sufficiencemente superata o, come affermato in occasione del Congresso nazionale per lo sviluppo urbano di Berlino nel 1999 nel suo comunicato finale:“La politica e l' amministrazione, il settore privato, l' architettura e l' urbanistica hanno l' importante compito di promuovere e preservare la distintività della cultura urbana europea. Poiché le città riflettono l' mmagine di sé e la volontà di una società democratica e di prosperità economica“.

 

La „compattezza“ deve evolvere da un programma ad un concetto di azione. Sulla base dei concetti e dei progetti di pianificazione di Francoforte degli ultimi decenni, documentati in una infinità di testi di studio, questa iniziativa deve finalmente poter essere ora avviata in Italia, rimasta indietro per la disonesta irresponsabilità delle classi politiche che si sono succedute nel tempo, almeno se si vuole prendere sul serio il portato del PNRR, ahinoi concepito e avviato male, allo scopo di dimostrare in che misura lo sviluppo urbano soddisfi i requisiti di compattezza.

 

La „città compatta“, come riorientamento contempraneo nella pianificazione urbana, è oltremodo di attualità grazie alla sua storia ed ai suoi inconfondibili caratteri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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