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(L. Mies v. d. Rohe)

 

Architettura e Psicologia abitativa

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La Psicologia abitativa si occupa dei criteri psicologici per un ambiente di vita umano e dell' effetto di questo ambiente di vita sui comportamenti dell' uomo. Sentire, pensare e agire, così come la salute mentale generale dell'individuo, sono pertanto ambiti di studio di grande rilievo. Il concetto di ambiente abitativo comprende sia gli spazi interni che l'edificio stesso. Aree libere così come l'intero ambiente abitativo di cui si può appropriarsi, ovvero tutte le aree che possono essere viste insieme come lo spazio abitativo di un individuo. Inoltre, anche l'area di percezione relativa all'appartamento gioca un ruolo non di poco conto - come tutto ciò che comunemente viene definito "contesto". Nel complesso, la Psicologia abitativa ha quindi un'elevata rilevanza pratica nella progettazione e e la “Gestaltung” (composizione) della dimora dell' uomo, così come scuole, ospedali, case di riposo, asili nido, ecc. e insediamenti urbani, donde corrispondentemente si parla sovente di Progetto di Architettura e Progetto urbano.

 

Da una parte la Psicologia abitativa è considerata una sottoarea della Psicologia ambientale (anche: psicologia ecologica; ingl.: environmental psychology/psicologia dell'ambiente), poiché si occupa delle interazioni tra le persone e il loro ambiente, questo, latu sensu, connesso alla funzione dell'abitare di spazi e ambiti dove nel suo ciclo di vita l' uomo soggiorna.

 

D'altra parte, la psicologia dell'abitare prende in prestito anche molti aspetti da diverse sotto-aree della psicologia: ad esempio, psicologia della percezione, inclusa la psicologia del colore, psicologia dello sviluppo, psicologia sociale, psicologia cognitiva, biologica e umanistica e molti altri fino alla fFsiologia dell'abitare che verrà trattata in uno dei prossimi interventi dopo averla incontrata nel corso dei miei studi in Architettura civile. Tuttavia, si concentra sulla rilevanza per la qualità della vita, in genere, e della vita umana negli ambienti di vita, in particolare, ed ha quindi un più forte orientamento pratico in questo senso - verso maggiori esigenze abitative delle persone, nonché nei riguardi di una pianificazione e progettazione umana dell'abitare.

 

E in terzo luogo, la Psicologia dell'abitare ha anche un chiaro carattere interdisciplinare o transdisciplinare con molti collegamenti incrociati con la fisiologia dell'abitare o la biologia degli edifici e la teoria dell'abitare, così che negli ambienti specialistici è in corso la discussione sul fatto che la psicologia dell'abitare non debba già essere vista come un disciplina e (simile alla biologia edilizia), rappresentando una scienza-ponte tra l'edilizia abitativa e le scienze umane. In ogni caso, dalla pratica dell'abitare ha senso una connessione interdisciplinare, poiché i concetti-chiave di qualità della vita e soddisfazione abitativa possono essere registrati anche solo in modo interdisciplinare.

 

Alcune scienze che combinano argomenti psicologici, sociologici e relativi alla pianificazione adottano già un approccio simile. Va anche menzionato che esistono ampie sovrapposizioni tra Psicologia dell'architettura e Psicologia dell'abitare. Tuttavia, mentre la primo si concentra maggiormente sull'effetto degli edifici o delle strutture spaziali sulle persone, la secondo si concentra maggiormente sui bisogni della vita umana.

Ci sono ambienti che trasmettono qualcosa come felicità e senso del benessere, in ragione di una sensazione di relax che si instaura quando si è in casa. Risuoniamo con rilassante sensazione, l'atmosfera calma e serena degli spazi di vita, riposo, lavoro, etc. e, se nella dimora presente è il giardino d'inverno con vista sul giardino a conferire una sensazione di relax in connessione con la natura, ne consegue che lo stato di stress fisico, causato dalla vita frenetica della città, si dissolve in questa atmosfera.

 

I risultati allora altri non sono che una senzazione di riposo, di concentrazione e di comunicazione. Tuttavia, ci sono appartamenti dai risultati negativi che - come diceva Heinrich Zille - “possono colpire come un'ascia”. Non pensiamo solo all'Architettura brutalista degli anni Sessanta del secolo scorso, ma anche a quei mostri monotoni da vivere in pena e che possono stancare o stressare, come quelli che abbondano città nella Palermo del saccheggio, sotto le cui fondamenta si può trovare qualche necropoli . Ciò che accomuna questi edifici è che non invitano, non seducono, si bloccano con le loro architetture e ambienti poveri, chiusi e proibitivi con gli interspazi tra un edificio e l' altro senza possibilità di ombreggiamento e senza vegetazione, tanto desolati quanto inospitali. Edifici decadenti, rumorosi e inabitabili in ispecie allorché l'estremo caldo estivo in dipendenza dei mutamenti climatici in corso li rende luoghi di sofferenza, in particolare per anziani e bambini al punto l' idea di un buon ospedale, di una accogliente casa di riposo per anziani o di un bel asilo nido viene percepita come chimera o sogno proibito, poiché è un dato ormai acquisito quanto consolidato la carente attenzione che connota il mondo delle costruzioni in genere in Italia e nel Sud , in particolare, come s' è potuto constatare recentemente dell' utilizzo del sedicente <bonus-facciate> nel contesto decadente di applicazione del PNRR.

 

Quando percepiamo la consapevoliezza dell' atmosfera emanata da ottimi spazi abitativi e spazi urbani, allora diventa chiaro sino a che punto l'effetto di una buona architettura e di una saggia pianificazione urbana influiscano sull' umore e il benessere fisico dei cittadini. Come si può spiegare il fatto che alcuni spazi abitativi della dimora vanno bene e altri no? Ci si sente a proprio agio in spazi armoniosi e rilassanti dove si ha l' impressione di essere ben accolti nei quali un' atmosfera piacevole facilita comunicazione, concentrazione e flusso creativo richiesti da nuove forme di lavoro, alternando con relativa facilità libertà e privacy.

 

Non raro il caso che architetti non sempre riescono a progettare gli spazi di vita e di lavoro nella dimora in modo appropriato alle esigenze di chi li deve abitare. Molte di queste esigenze riguardano piccole cose, come, p.e. il pianerottolo del vano-scala di un condominio nel ruolo di soglia che separa uno spazio di uso comune dall' appartamento quale ambito “sacro” di vita privata; altre addirittura la salute, se vien posta attenzione agli effetti negativi degli scarichi di combustione di metano delle contraline del riscaldamento domestico in spazi pubblici (vie, vicoli e piazze) poste ad altezza d' uomo sui muri esterni degli edifici nel silenzio irrespnsabile della politica, istituzioni di controllo (prefetture), uffici tenici comunali, tecnici e loro ordini e collegi professionali, cittadini.

 

Il caos è totale, al limite di paese da terzo mondo . . . a soglia del 21° secolo già abbondantemente superata. Una realtà che la dice lunga sul funzionamento del <sistema-paese> e suona vergogna.

Ma tant'è.

 

 

 

 

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La città compatta: genesi, sviluppo, futuro

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Dalla polis greca e della Magna Grecia, all' urbs romana e alla civitas medievale, sino ai nostri giorni, in questo caso con i peccati di speculazione urbana commessi dal 18° Secolo in poi, la visione del futuro della città è modellata dalla dichiarazione della „città compatta“, Leipzig Charta 2007, ma in chiave „sostenibile“, senza per questo metterne in discussione la compatezza da non confondere con la densità negli aspetti di destinazioni d' uso del tipo „misto“ e della policralità o polifonia nell' esaltazione che ne è stata fatta per la città di Vienna. Sostenibilità intesa essenzialmente come città delle brevi distanze, dove gli abitanti possono avere ciò di quanto bisogno a portata di mano ottenendolo a piedi o in bicicletta.

 

Per poter affrontare il complesso requisito di poter essere più densa, più ecologica e più sociale (la „città sociale“ è stata saldamente ancorata nella Legge/Codice urbanistica/o della Repubblica Federale di Germania), la città compatta del futuro post-Covid genera meno traffico , riduce al minimo la generazione di rumore e inquinamento ponendo, tuttavia, in primo piano la questione di come poter far fronte agli impatti climatici nella considerazione che una città con pochi spazi aperti è in grado di compensare meno il caldo estivo, da una parte, e tamponare meno le forti piogge. Ed è allora in questo caso che si deve andare alla ricerca di soluzioni che efficaci possono essere, a condizione che possano essere prese al momomento giusto, ricordando che in passato le città sono state costruite senza tener conto della ventilazione naturale nei modi con i quali gli antichi greci progettarono le loro città nel Mediterraneo (Grecia e Magna Grecia) in modo tale che fosse sempre garantita una ventilazione sufficiente da tener ben presente nelle fasi di riorganizzazione, di rinnovamento e di riproposizione facendo ricorso alla scienza ed alla ricerca tecnologica a sostegno dell' azione politica. Ricerca il cui compito è essenzialmente quello i sviluppare i risultati conseguiti e applicarli nella pratica, donde quella transdisciplinarietà nella quale ricerca e pratica operano all' unisono , come avviene in Germania per l' edilizia sperimentale e interessanti aspetti dello sviluppo urbano espressi in progetti di ricerca con la messa in primo piano l' implementazione pratica sugli esempi di istituti innovativi e d' avanguardia, come il BBSR (Istituto Federale per l' Edilizia, la Città e la Ricerca spaziale) e il Difu (Deutsches Institut für Urbanistik) di Dortmund, nella considerazione consilidata di non poter fare astrazione dell' auto e, di conseguenza, del concetto di mobilità e traffico, il secondo pensato nell' aspetto olistico: dall' uscio di casa a piedi, in bici, mezzi pubblici o auto, come praticato in città come Kopenhagen, Vienna, Zurigo e in città della Germania come Friburgo, Karlsruhe, Tubingen e Muenster, potenziando la costruzione di parcheggi sotterranei accessibili non più con il ricorso a rampe, bensi adottando piattaforme verticali e concedendo così lo spazio in superficie ad aree verdi, per la ricreazione o per nuove piste ciclabili, soluzioni tutte dalle quali l' Italia è lontanissima, intanto per l' assenza ingiustificata di Diritto urbanistico e Diritto edilizio pubblico in dipendenza della sostituzione della efficiente e eccellente Legge Urbanistica nazionale n.1150 del 17 agosto 1942, che rimandava esppressamente il ricorso al Piano Particolareggiato, che „prescrive“, al posto del Piano Regolatore Generale che „indica“ l' ubicazione delle destinazione d'uso (zoning“) sul territorio comunale.

 

Ma c' è un' altro concetto di enorme rilievo che occorre tener nel giusto debito: quello della „resilienza“ della città europea, in circostanze come p.e. conversioni e ristrutturazioni ovverossia la sua capacità di reagire a condizioni climatiche estreme, laddove già la capacità di reagire a condizioni climatiche estreme costituisce un aspetto dell' adattabilità a condizione, però, che si proceda ad ridisegno urbano e infrastrutturale da organizzare in reti più piccole e decentralizzate in modo che nel caso di malfunzionamenti, la funzionalità dell' intero sistema non possa correre pericoli. Si tratterebbe di un primo passo di rilievo in direzione di una migliore adattabilità e capacità di apprendimento. Inoltre urgente è tenere d' occhio lo sviluppo interno della città con l' attenzione rivolta alla definizione di condizioni giuridiche „quadro“ allo scopo di garantire un ottimale sviluppo dei quartieri del centro urbano nei due aspetti del diritto a pianificare e costruire in sintonia con la protezione dell' ambiente, allorché si tratta di inquinamento acustico e inquinamento atmosferico, senza perdere mai di vista il recupero delle periferie, onde evitare l' effetto-Francia (segregazione sociale), in Italia, da nord a sud, un alto rischio latente a causa della cattiva gestione del fenomeno immigratorio, della gestione dei rifiuti urbani, spesso in città come Roma e Palermo una vergogna in assoluto, anche per l' incapacità di guardare oltre l' orlo del piatto nel quale si mangia, cioè in direzione di Paesi come Austria, Svizzera, Germania, Paesi Bassi, tanto per restare vicino casa nostra, coinvolgendo cittadini, fondazioni comunitarie, istituzioni religiose, etc.

 

Insomma la discussione sulla città compatta è più attuale che mai senza per questo creare un' altra parola d' ordine ben formulata, ma vuota. La città compatta è un concetto strutturale che può fornire orientamento alla politica di pianificazione come modello per lo sviluppo dello spazio urbano a soglia del 21. secolo già sufficiencemente superata o, come affermato in occasione del Congresso nazionale per lo sviluppo urbano di Berlino nel 1999 nel suo comunicato finale:“La politica e l' amministrazione, il settore privato, l' architettura e l' urbanistica hanno l' importante compito di promuovere e preservare la distintività della cultura urbana europea. Poiché le città riflettono l' mmagine di sé e la volontà di una società democratica e di prosperità economica“.

 

La „compattezza“ deve evolvere da un programma ad un concetto di azione. Sulla base dei concetti e dei progetti di pianificazione di Francoforte degli ultimi decenni, documentati in una infinità di testi di studio, questa iniziativa deve finalmente poter essere ora avviata in Italia, rimasta indietro per la disonesta irresponsabilità delle classi politiche che si sono succedute nel tempo, almeno se si vuole prendere sul serio il portato del PNRR, ahinoi concepito e avviato male, allo scopo di dimostrare in che misura lo sviluppo urbano soddisfi i requisiti di compattezza.

 

La „città compatta“, come riorientamento contempraneo nella pianificazione urbana, è oltremodo di attualità grazie alla sua storia ed ai suoi inconfondibili caratteri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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La città come luogo di vita è bene pubblico

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Abbiamo perso di vista lo scopo delle nostre città. È tempo, ora, di applicare il sapere accumulato nel tempo in guisa di utilizzare gli effetti di una buona composizione spaziale urbana per il benessere degli abitanti e inoltre riesaminare concorrenze di utilizzo e poteri decisionali. Non solo la città, ma anche i suoi strumenti di progettazione e composizione devono essere trasformati in modo co-creativo. Poiché la città vuole essere vissuta, non solo pensata.
I nostri centri urbani sono prodotti molto combattuti. Che si tratti di città-museo precipue della città europea con edifici storici e facciate pittoresche, oppure di una città dello shopping a misura di auto con edifici commerciali di grandi dimensioni o centri commerciali installati nel tempo, la città come spazio di vita è stata ridotta a prodotto di marketing.
Alcuni sono più o meno impotenti di fronte alle masse di turisti, altri si battono affinché commercio al minuto e gastronomia, nonostante gli esorbitanti canoni d' affitto, diano vita alla città. Per alcuni la tutela dei monumenti o del patrimonio culturale mondiale cementa possibili percorsi di sviluppo nella storia, per altri il crescente numero di negozi vuoti sono motivo di tristezza e squallore. Le auto invadono in crescendo lo spazio pubblico (strade e piazze) e con discutibili strategie di marketing si cerca di arrestare ciò che non può essere fermato. Questa è l' amara realtà, oggi.
Secondo il pensiero del teorico delle scienze Matthias Varga, "La struttura del problema non è la struttura della soluzione". Pertanto, a mio avviso, è urgente sostenere alcuni architetti-paesaggisti, secondo i quali la ricerca di soluzioni non dovrebbe basarsi sul kit medico del Medioevo, ma piuttosto fissare nuovi standards nel decennio della sostenibilità. In un clima terrificante di lotta per l'immagine e il marketing, il motivo originario dell'esistenza delle città sembra essere stato perso di vista. Come promemoria: lo spazio vitale della città è emerso e cresciuto per necessità. Il commercio aveva bisogno di nodi lungo un percorso per facilitare lo scambio di merci. Il crescente processo di specializzazione in agricoltura, artigianato e commercio ha richiesto nella città post-industriale infrastrutture e servizi che solo le città possono fornire in modalità continua e articolata. Nulla è cambiato in termini di queste necessità. Ancora oggi sono alla base della pressante domanda della città come spazio vitale.
In verità, la modernità ha interrotto il principio della crescita insieme agli usi con lo spazio pubblico come baricentro, ponendo l'architettura in primo piano. , Secondo l' impietosa critica di Zygmunt Baumann, sociologo e filosofo, nella sua spinta all'ordine la modernità ha portato nelle città frammentazione e alienazione. Città, campagna e l' uomo: tutto è diventato prodotto di consumo.
È tempo di ripensare l'orientamento delle nostre città. In vista di società diversificate e individualizzate, questo non è un compito facile. Chi definisce cosa rende una città vivibile e attraente? Chi decide (lat.: decernere) sull'uso e la progettazione degli spazi pubblici? Diversi interessi stanno fianco a fianco e spesso l'uno contro l'altro. Tuttavia tutti sono d' accordo nel fatto che la città deve essere viva e vivibile. Qualsiasi cosa significhi.
Un 'interpretazione aprioristica, e pertanto superficiale, e la riconsiderazione dell'estetica passata spesso trasfigurano la realtà, in quanto competizione d'uso, concorrenza e malapolitica sono sempre state un problema per la città europe, avendo dato luogo ad angoli sprofondati nella sporcizia, a spazi pubblici (vie e piazze) dove vengono scaricati i veleni della combustione di gas metano delle centraline dei riscaldamenti domestici poste ad altezza d' uomo sui muri esterni degli edifici e trasformati in discariche a cielo aperto di rifiuti urbani e di conseguenza ambito prelibato di suidi (Genova, Roma, Palermo, Catania, etc.), senze dimenticare le facciate edulcorate, se puntiamo il dito sul lascito della sedicente architettura post-modernista.
Quel che dobbiamo fare senza lasciar scorrere altro tempo è dare un'occhiata critica alle concorrenze e ridistribuire i diritti d'uso in maniera più razionale, poiché dove la "infrastruttura dello status quo" occupa lo spazio e non reagisce ai cambiamenti, la città viene imbalsamata e, pertanto, resa afona come luogo di vita e di scambio commerciale. Senza dimenticare che lo spazio pubblico è un bene pubblico. E i beni pubblici ci sono di tutti.
Per quanto attiene la finalità degli obiettivi da perseguire, gli approcci dell'architetto e urbanista danese, Jan Gehl, secondo il quale nella città essere riportata la natura in guisa che l'uomo con le sue attività umane universali possa diventare misura dello sviluppo urbano: <Ogni città dovrebbe offrire ai suoi residenti ottimi luoghi dove andare, sostare, sedersi, guardare, parlare e ascoltare> (Jahn Gehl). Una progettazione degli spazi urbani a misura dei bisogni umani ha un effetto positivo sulla salute e sul benessere e, inoltre, rendere più solido il rapporto con il contesto spaziale e, pertanto, stimolare un atteggiamento positivo per il proprio ambiente.
Mai prima d'ora abbiamo saputo così tanto dell'effetto dell'architettura e del design degli spazi aperti sulla nostra percezione della città. Se ci sentiamo stimolati a soffermarci, per ammirazione o paura che possa essere, sempre presente deve essere la spinta al miglioramento dell' ambiente circostante, sia esso urbano o naturale. Oggettivamente dobbiamo ammettere che finora abbiamo fatto solo un uso rudimentale di questa conoscenza.
Lo sviluppo urbano ha bisogno di trasformazione e rigenerazione Non solo la città stessa, ma anche gli strumenti con cui attivare un' autentica composizione urbana dei quali preminente deve essere il ruolo da conferire al “Piano Particolareggiato” (Pianificazione “vincolante”) considerato nelle sue “prescrizioni” in rapporto al “Piano Regolatore Generale” (Pianificazione “preliminare” con le sue “indicazioni” finalizzata alla localizzazione delle “destinazioni d' uso” su tutto il territorio comunale. In quanto al suo carattere di pianificazione “vincolante” in forza delle sue “prescrizioni” (Allineamenti stradali, tipologia urbanistica, distanze tra gli edifici, altezza degli edifici, coefficienti di superficie, rispettivamente di suolo e di piano per il numero dei piani fuori terra, esclusione categorica dell' <indice di cubatura, cagione di una disonesta speculazione fondiaria ed edilizia, etc.) il Piano Particolareggiato è “approvato” (donde il carattere di <pianificazione “vincolante”>, a differenza del PRG, la cui redazione, che nella prassi normale viene “deliberata” dal C.C.) da una maggioranza politica del Consiglio Comunale, non di rado in maniera poco trasparente, vuoi per interessi di lobby esterne, giro di denaro e/o abuso di potere.
In ogni caso deve sempre trattarsi di strumenti e decisioni che devono valorizzare efficacemente le competenze, affrontando in modo attivo e orientato gli obiettivi proposti, neutralizzare al sorgere resistenze dettate da interessi particolaristici in guisa di arrivare a soluzioni accettabili e fattibili nel tempo, orientate al consenso. Processi tutti, essenzialmente caratterizzati dall' essere in grado di interpretare e rispondere ai complessi mutamenti sociali, alla richiesta di spazi abitativi diversificati ed economicamente sostenibili dalla famiglia media, ma anche da single e unioni di genere, nel contesto generale di spazi urbani vivibili e aperti ad innovative composizioni spaziali sul modello di Paesi della Mittel- e Nordeuropa, Canada, Stati Uniti e pochi altri.
Il design urbano ha bisogno di queste libertà, apertura e accessibilità all' innovazione, giammai lezioni accademiche. Pertanto è tempo di rivedere le competenze e mettere in discussione processi radicati, strutture di potere e regolamenti. Insomma, <La progettazione dal "sopra e dal fuori" deve lasciare il posto a nuovi processi dal "sotto e dal dentro", secondo il principio: prima la vita, poi lo spazio e infine gli edifici> (Jan Gehl). Gli uffici urbanistici e tecnici di città e comuni devono essere dotati di esperti in “Sviluppo, Pianificazione urbana e territoriale, Mobilità e Traffico” operanti in stretta armonia con le istituzioni centrali e periferiche preposte alla difesa di clima e ambiente. All' uopo, oltre ad efficienti Diritto urbanistico (Legge urbanistica “nazionale” e Ordinamento “nazionale sull' uso dei suoli e dei lotti edificabili) e Diritto edilizio pubblico (Regolamenti edilizi “regionali” e Statuti urbani), indilazionabile deve essere la rivalutazione di ruolo e funzione degli Uffici prov.li del Genio Civile e dei Provveditorati reg. li alle OO.PP., in altri tempi fiore all' occhiello del Fascismo.
Lo sviluppo urbano è un bene pubblico. Occorrono creatività e il coraggio, se necessario, di percorrere strade alternative. Non basta parlare. Il corpo sociale deve essere fortemente coinvolto nell'elaborazione delle informazioni, oltreché nella percezione e nella volontà di agire. Grazie ad una libera composizione spaziale urbana le soluzioni possono essere percepite in tutta la loro rilevanza, invece di essere trattenute in discorsi immaginari polarizzanti. La città, come luogo di vita, viene pertanto interiorizzata e vissuta in tutti i suoi aspetti, risvolti e complessità. A allora perché non pensare al suo sviluppo per poterla vivere nella sua interezza?
 
 
 
 
 

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Unicità del Medioevo italiano

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Il MEDIOEVO, con le sue città e borghi, come grande risorsa di Cultura e fonte inesauribile di ricerca, lavoro e innovazione.
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Dal Rinascimento all' Illuminismo
Ogni epoca s' è data un' immagine propria del Medioevo. Per gli Illuministi del 18. Secolo è stata è stata un' epoca connotata da superstizioni e crudeltà, a differenza fondamentale dal punto di vista dei Romantici, per i quali s' è trattato di un' epoca contraddistinta da spiritualità e comportamenti cavallerschi.
Naturalmente nessuno sapeva nel Medioevo di vevere nel Medioevo.L' etichetta retroattiva consegnata a tale epoca deve essere ricondotta a quelle generazioni nate a cavallo tra la fine del Basso Medioevo e la fase del Proto-Rinascimento,.i cui eruditi ricorsero al nomignolo Medioevo con una certa aria di superiorità per dividere le loro radici culturali giammai con i loro predecessori medievali, piuttosto con il patriziato dell' antica Roma, donde la tripartizione della storia in <Antichità, Medioevo ed Era moderna> e il ricorso degli Umanisti all' espressione pregna di adulazione "Rinascenza", poi Rinascimento.
Per gli Umanisti i termini Medioevo e Rinascenza si riferivano all' inizio alla mancanza dell' eredità greco-romana negli strati sociali eruditi medievali. Gli eruditi rinascimentali del 14. e del 15. Secolo si dedicarono con intensità all' eredità culturale dell' Antichità, andarono alla ricerca di scritti scomparsi o dispersi, paragonarono il loro modo di scrivere con quello antico e crearono edifici, sculture e pitture in uno stile riconducibile a quello dell' Antichità mettendo, così, in luce i caratteri precipui del Medioevo, e cioè tutto quanto si sviluppò tra l' antica Roma e la loro epoca.
L' umanista fiorentino Leonardo Bruni (ca. 1369-1444) era del convincimento che la letteratura romana avesse raggiunto il suo apice con Cicerone, la sua decadenza con la fine dell' Impero romano e l' invasione dei Goti e il 1° Sacco di Roma del 410 d.C. e, dopo una fase di sedimentazione, per riavere con Francesco Petrarca (1304-74) un rigoglio che finì per "riportare la perduta e morta eleganza del vecchio stile a nuova luce", creando così la sensazione di un conflitto ideologico per incrementare uno stile a scapito dell' altro, in guisa che il termine "Medioevo" venne ad assumere il carattere delle stesse categorie di etichette storiche come "Epoca oscura", "Riforma" e "Illuminismo" che, insieme, conducevano più ad una affermazione o negazione, piuttosto che andare alla ricerca di una analisi o descrizione oggettiva, quanto specifica. E allora non sorprende che ancora intorno al 1900 d.C. soltanto una certa minoranza di eruditi europei curasse ancora interesse per Abelardo o Tommaso d' Aquino.
L' immagine che gli umanisti avevano dei precursori del Medioevo era quella di uomini che disponevano di una insufficiente conoscenza del latino, essendo atratti premitentemente da cavillosità, litigiosità e superstizione, come più tardi accentuò la Riforma protestante luterana, ma antrambi finirono per ammettere che il Medioevo fu anche un' epoca d' oro alimentata più dal Protocristianesimo che dalla cultura greco-romana, ma che alla fine si propose la lotta alla tirannia dei papi , dei vescovi e dei monaci alla quale si voleva porre fine, così come la fanatica venerazione di santi e Reliquie, la fede nel Purgatorio, le prediche per i morti e il rapporto con celibato. Insomma un Medioevo come l' era del papismo e della bigotteria; per i protestanti un mondo di compiaciuti prelati, di sacerdoti celibatari e intriganti geograficamente e per ragioni di tempo localizzabile nell' Europa cattolica e nei trascorsi medievali, senza dimenticare il fanatismo e le crudeltà delle crociate per liberare la Terra Santa dal già consolidato Islam. A tal proposito il liberale francese del 18. Secolo Voltaire rimanda alla ferocia della quarta corciata, allorché l' Occidente venne condotta non soltanto contro i musulmani, ma anche contro i cristiani di Bisanzio.
Può darsi che siano stati gli Umanisti a marcare il Concetto originale di "Medioevo", ma l' immagine che di tale epoca si ha oggi altro non è che creazione dei Romantici e, soprattutto, di un loro rappresentante di primo piano quale fu il poeta tedesco Heinrich Heine (1797-1856) che definì il Romanticismo come "rinascita della poesia medievale, nei modi con cui si espresse nel canto, nella pittura, nell' arte e nell' architettura, ma anche nella vita", in guisa che a partire dal 1809 i Nazareni tedeschi, e dal 1848 i Preraffaelliti inglesi trovarono la loro ispirazione più che nei maestri del tardo Rinascimento, nei pittori del 14. e 15. Secolo e col Neogotico del 19. e 20 Secolo in architettura e scultura si pose fine a quella equiparazione di "gotico" con la quale veniva inteso il "barbarico Medioevo", riconducibile al Sacco di Roma dei Goti nel 410 d.C., donde la cresente popolarità concessa alle incisioni di edifici sacri e l' acquisizione dello stile gotico da parte del mondo moderno, grazie all' ultimazione del Duomo di Colonia, ed agli scritti di A.W.N. Pugin sulla rinascita dell' architettura gotica, il quale in "The True Principles of Pointed or Christian Architecture (1841) definì l' Arco a Sesto acuto come ispirato dalla fede cattolica. Un Neogotigo negli anni Quaranta dell' 800 proposto da Charles Barry per la decorazione e la costruzione della sede del Parlamento come monumento in Stile gotico-vittoriano nel cuore di Londra, mentro nello stesso tempo in Francia l' architetto e restauratore Eugène Emmanuel Viollet-Le Duc (1814-1879) avviava il progetto di ricostruzione della città di Carcassonne.
Enorme fu, pertanto, il ruolo svolto del movimento romantico nel campo della Cultura per innestarsi, così, con le due grandi rivoluzioni, quella politica e l' altra economica e sociale, di quel tempo. Infatti con la Rivoluzione Francese del 1789 venne introdotta un' epoca di radicali trasformazioni politiche nel motto "Libertà, Uguaglianza, Fraternità" nell' Europa occidentale alla quale fecero eco i mutamenti in Economia e Società già avviato dall' industrializzazione della metà del 18. Secolo in Gran Bretagna con l' Italia sino al 1861 ancorata nelle sue contraddizioni e remore di paese trascinato nella miseria da ataviche forme e strutture dominate da agricoltura, pesca, pastorizia e artigianato, questo più artistico che industriale, fino alla breve scossa modernista economica e culturale datale da un Fascismo che poco è servita a de-essenzializzare il significato di dittatura nella ricerca sia nella Russia sovietica che nella Germania nazista.
Il Medioevo italiano, nella sua unicità d' Arte e Architettura, ma anche di Civiltà politico-comunale, sembra essere uscito fuori dal contesto del magnetismo delle onde hertziane del sentimento di noi italiani. Una perdita tensionale ed emotiva che tocchiamo col cuore, con la mente e con le mani nelle balbettanti ipotesi e subdole promesse legate alle mancate ricostruzioni postsismiche. Il Medioevo, in genere, e italiano, in particolare, ci ha consegnato città in contesti stratificati di eccezionale valore che dobbiamo relazionare con un passato tutto da metabolizzare e da riscoprire, in considerazione del fatto che proprio in quell' epoca sono stati realizzati assetti di lunga durata che Hanno costituito il nostro carattere identitario espresso "in e da" un patrimonio storico, culturale e urbatettonico leggibile nei tratti peculiari di città, grandi, medie e piccole, e borghi dell' Italia centro-settentrionale, in primis, la cui salvezza non può essere mai una musealizzazione fine a sé stessa, bensì un intelligente aggancio alle dinamiche del nostro e dei tempi futiri nelle loro cogenti realtà di emergenze ancora irrisolte, come la "questione abitativa", la "questione urbana", la "qualità della vita" e così via.
Occorre trasformare i centri minori italiani in laboratori di applicazione di ricerca edilizia nel segno della industrializzazione, standardizzazione, omologazione di sistemi ed elementi capaci di condurre alla individuazione di nuove tipologie residenzili che, ispirate da lle forme canoniche, quali sono state la casa urbana "a schiera" e la casa "a torre", continuano a dare ai centri minori quella idendità unica al mondo che costituisce materia prima per ricerca, innovazione e sviluppo nel rigore di sani criteri di sostenibilità ed economia.
Piani Particolareggiati e Statuti urbani, più che Piani Regolatori Generali e Regolamenti edilizi - che regolano soltanto caos e speculazione -, ad uso e consumo di dilettanti e saccenti amministratori comunali, liberati dall' ipoteca di un disonesto <indice di cubatura> (vigente soltanto in questa misera italia), causa della più deprecabile speculazione fondiaria ed edilizia, tutto nel grembo e nell' afflato di una democrazia cooperativa, corporativa e partecipativa capace di coinvolgere le forze del lavoro e della produzione, del commercio e delle professioni in uno sforzo sovrumano prima che sia troppo tardi.
Conoscere bene il Medioevo italiano, prima, per scoprirvi i valori autentici di Arte, Cultura e Socialità, per delinera principi e finalità di una (Urbatettura> (URBAnistica + archiTETTURA) del XXI Secolo ed oltre.

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V I E N N A

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È stata sempre un modello politico e sociale per la soluzione della "Questione abitativa". Ma non in maniera degenerata come come in Italia e a Milano e/o in maniera disonesta con aspetti da terzo o quarto mondo come in Sicilia.
Piscine sui tetti, edifici sociali belli come palazzi, ma affitti molto economici: vivere a Vienna è qualcosa di speciale. Cosa può imparare Berlino da questo?
Funzione del modello di ruolo. Non esiste una cosa come Seestadt Aspern a Berlino, spiega l'Associazione europea degli inquilini.
Funzione del modello di ruolo. Non esiste una cosa come Seestadt Aspern a Berlino, spiega l'Associazione europea degli inquilini.
Espropri? Congelare gli affitti? A Berlino, sembra che il socialismo sia scoppiato – la carenza di alloggi sta germogliando idee radicali. Solo qualche tempo fa, gli affitti sono aumentati del 20%, con i berlinesi che spendono in media più di un terzo del loro reddito per l'alloggio. Il referendum sull' esproprio di Deutsche Wohnen and Co." vuole espropriare tutte le società immobiliari che possiedono più di 3.000 appartamenti nella capitale in cambio di un risarcimento – e i sondaggi mostrano che molti berlinesi lo accoglierebbero con favore.
Berlino non è sola: gli affitti stanno esplodendo anche a Parigi o Londra. La crisi abitativa è per per Barbara Steenbergen, presidente dell'Associazione europea degli inquilini, uno dei problemi più acuti in Europa". La capitale austriaca Vienna dimostra che c'è un altro modo per affrontare e risovere il problema. La città, che viene regolarmente votata tra le città più vivibili del mondo, è popolare e attrae molte persone: tra il 2007 e il 2017, 206.000 persone si sono recentemente affollate in città. Vienna ha ora quasi 1,9 milioni di abitanti ed è la seconda città più grande del mondo di lingua tedesca dopo Berlino. Eppure il mercato degli affitti rimane rilassato per gli standard europei. Come funziona? La prestigiosa rivista di Architettura e urbanistica tedesca, ARCH+, ha dedicato uno degli ultimi numeri a Vienna, focalizzando l' attenzione sul tema cogente degli orrendi costi d' affitto e degli "Alloggi sociali per le masse".
Il più grande gestore immobiliare in Europa ha sede a Vienna. Si chiama "Wiener Wohnen" (L' Abitare viennese) ed è al 100% di proprietà della città. A differenza delle città tedesche, Vienna non ha mai venduto appartamenti, ma ne ha sempre costruiti di nuovi. 220.000 appartamenti sono di proprietà diretta dell'amministrazione comunale. Nessun'altra città al mondo ha così tante unità abitative. I residenti dei cosiddetti edifici comunali non devono temere salti di prezzo inaspettati o cessazioni, la città generalmente conclude contratti a tempo indeterminato.
Altri 200.000 appartamenti appartengono a cooperative senza scopo di lucro finanziate con fondi pubblici. Il 62% dei viennesi vive in alloggi sovvenzionati o comunali. Queste centinaia di migliaia di viennesi pagano tra i cinque e i nove euro di affitto lordo al metro quadrato.
A Vienna, la città sta costruendo appartamenti per l'ampia massa della popolazione, non solo per chi ne ha bisogno. L'edilizia sociale non è uno stigma, ma la norma. Chiunque fa richiesta di un appartamento comunale non può guadagnare più di 46.450 euro netti all'anno, con una famiglia di quattro persone il limite è di 87.430 euro. Quindi non si tratta di percettori di reddito basso. E quelli che guadagnano di più in seguito non devono andarci. Questo è esattamente il motivo per cui avvocati e postini vivono spesso l'uno accanto all'altro a Vienna. L'obiettivo del social mixing è sostenuto. Le banlieues in fiamme come a Parigi sono impensabili per i viennesi.
Dal punto di vista di un inquilino, Vienna è un modello per l'intera Europa. Sia il numero che i prezzi di affitto degli alloggi sociali sono unici. Anche la qualità degli edifici e delle attrezzature degli appartamenti non è paragonabile a nessun'altra città. Una mostra itinerante sulla vita a Vienna è stata in viaggio in tutto il mondo – con tappe da New York, Hong Kong, Singapore e Tokio . Molte grandi città sono interessate al <Vienna Housing Program,> che ha visto l' inizio già nel 1920.
Berlino condensa, Vienna costruisce nuovi quartieri e
Berlino in particolare può imparare molto da Vienna : "Non esiste una cosa come Seestadt Aspern a Berlino". Con questo si fa riferimento uno dei più grandi progetti di sviluppo urbano in Europa: un quartiere completamente nuovo alla periferia di Vienna. Qualche anno fa c'erano terreni agricoli e un campo d'aviazione in disuso, presto più di 20.000 persone vivono nella Seestadt, che è direttamente collegata al centro della città tramite una costosa linea della metropolitana. Un lago balneabile creato artificialmente, che ha le dimensioni di cinque campi da calcio, dà il nome al moderno grande insediamento. E se a Berlino, lo spazio tra gli edifici è stato finora condensato, a Vienna si stanno ricostruendo quartieri residenziali completi. E ad un ritmo davvero impressionante: ci sono voluti solo sette anni dalla decisione di costruire al trasloco dei primi residenti. Gli urbanisti di tutto il mondo sono affascinati dalla nuova Seestadt di Vienna: gli edifici hanno saune nelle cantine, gli appartamenti hanno balconi, giardini o terrazze e la città ha costruito nuove scuole e studi medici nell'ex terra desolata.
Già nel 1970, il defunto architetto Harry Glück fece scalpore con slogan come "Vivere come i ricchi, anche per i poveri". Il suo marchio di fabbrica erano le piscine comunali sui tetti dei suoi edifici comunali. Una tradizione che continua anche nella Seestadt, dove in estate gli abitanti colonizzano i tetti per prendere il sole o un tuffo nell'acqua fresca.
Il parco residenziale Alterlaa, progettato da Glück, è ancora oggi considerato come un progetto vetrina di una città funzionante nella città. Strutture commerciali, campi sportivi, scuole, centri medici e altre strutture comunitarie dovrebbero impedire la creazione di un "insediamento per dormire" da cui le persone si recano solo al lavoro, come avviene oggi ad Aspern.
In Austria, l'edilizia sociale rappresenta generalmente il 26% di tutti gli appartamenti in affitto, gran parte dei quali ubicata a Vienna. In Germania, invece, la quota si è già ridotta al 3,9 per cento. Un'altra differenza è che a Berlino l'edilizia sovvenzionata è spesso gestita da società immobiliari orientate al profitto, che salgono con gli affitti non appena scadono i sussidi e questo sollecita i responsabili della politica della casa viennesi di assicurarsi non capisce questo che i miei sussidi non vengono capitalizzati. A Vienna, l'edilizia sovvenzionata è gestita principalmente da associazioni e cooperative municipali senza scopo di lucro che reinvestono i loro soldi invece di realizzare un profitto.
L' esperienza indimenticabile della "Vienna Rossa" di 100 anni fa ha fatto si che mega progetti residenziali come Seestadt Aspern possano continuare e rendere viva la lunga tradizione. Le abitazioni comunali sono state praticamente inventate a Vienna. Mentre oggi – come ad Aspern – molti milioni confluiscono in cooperative e alloggi sovvenzionati, decenni fa la città di Vienna ha semplicemente costruito molti edifici. Inaugurato nel 1930, il Karl-Marx-Hof che è ancora uno dei più grandi di questi edifici comunali. Si estende per oltre 1,2 chilometri ed è il più grande edificio residenziale contiguo del mondo.
Circa 3000 persone vivono in questo imponente edificio. Solo il 20% della superficie è costruita, ci sono ampie aree verdi e molti balconi – la visione di "luce, aria e sole" propagata dai socialdemocratici viennesi nel periodo tra le due guerre è stata realizzata qui. L'edificio sembra un palazzo, quasi una fortezza. A quel tempo era una provocazione, un cuneo rosso nel cuore del quartiere borghese di Döbling. Oggi, il Karl-Marx-Hof è qualcosa di simile a un monumento a Vienna. Molti turisti sono attratti qui - la città ha più da offrire rispetto al fascino imperiale del centro città.
Nel 1919, Vienna fu la prima metropoli al mondo con un'amministrazione a guida socialdemocratica. Quest'anno, i socialdemocratici celebrano la ricorrenza dei anni 100 anni della Vienna rossa allo scopo di mantenere alti i loro programmi abitativi. Secondo lo storico viennese Florian Wenninger, la politica abitativa nella Vienna rossa nel periodo tra le due guerre si basava su tre pilastri: "In primo luogo, la continuazione degli affitti congelati durante la prima guerra mondiale – il cosiddetto interesse di pace. In secondo luogo, una rigorosa protezione degli inquilini, che, ad esempio, vietava i licenziamenti. E in terzo luogo, una massiccia attività di costruzione".
L'attività di investimento privato nella Vienna Rossa è quasi arrivata a un punto morto a causa delle numerose misure normative, donde l' intervento dell' amministrazione comunale ad operare semplicemente come sviluppatore immobiliare: una novità in assoluto all'epoca. I fondi per questi programmi abitativi su larga scala provenivano da tasse miravano ai ricchi. Oltre 60.000 appartamenti furono costruiti solo tra il 1920 e il 1934, prima che la socialdemocrazia fosse vietata in due dittature successive e la costruzione cessasse. Dopo la seconda guerra mondiale, la città ha rilanciato il programma abitativo.
È proprio a causa di questa lunga tradizione che il modello abitativo viennese non è così facile da copiare per altre città, spiega Koen Smet, economista urbano presso l'Università di Economia e Commercio di Vienna: "La situazione a Vienna è cresciuta in un contesto storico. A questo proposito, non tutto è facilmente trasferibile uno a uno". Ciò che l'esempio di Vienna mostra, tuttavia, è che "gli appartamenti comunali di Vienna sono qualcosa di speciale, ma altre città possono anche fornire alloggi attraverso il settore pubblico". Steenbergen è d'accordo: "È impossibile arrivare al livello di Vienna in pochi anni, ma a un certo punto si deve incominciare a costruire ed elaborare nuove strategia come quella relativa al ruolo del regolamento edilizio comunale per la calmierazione degli affitti
Nonostante una saggia economia, Vienna non è rimasta immune dagli aumenti degli affitti negli ultimi anni. Anche sul mercato privato i prezzi sono aumentati e i contratti di locazione a tempo determinato sono diventati la norma. Per un appartamento di 70 metri quadrati, la differenza tra un nuovo appartamento sul mercato aperto e un appartamento in affitto sociale è ora secondo la Camera del Lavoro di Vienna di 240 euro al mese. Anche i prezzi dei terreni e degli immobili sono cresciuti rapidamente dalla crisi del 2008, alimentati dai bassi tassi di interesse.
Il governo rosso-verde della città ha preso subito l' iniziativa annunciando lo scorso autunno un nuovo regolamento edilizio comunale (Diritto edilizio pubblico), già entreto in vigore in guisa che in futuro, soltanto un terzo dello spazio abitativo nei progetti residenziali può essere finanziato liberamente dal privato assegnando all'edilizia sociale due terzi dell'area. Per gli inquilini, questo significa un affitto netto massimo di circa cinque euro al metro quadrato per gli appartamenti in questa zona. L'opposizione è in armi: il partito popolare conservatore di Vienna parla di "socialismo retrò" e di una "misura coercitiva dell'economia pianificata". Non è vero! Questo per noi è un condensato di ordine, rigore, disciplina e giustizia sociale che predichiamo ormai da tempo visto, almeno, dall' osservatorio di un moderno SocialFascismo saldamente ancorato in democrazia corporativa appassonata, partecipata e coinvolgente che, all' evidenza del degrado politico e istituzionale di "questa" italia, soltanto da un "Socialismo Repubblicano Italiano", al posto del partito di Giorgia Meloni, può essere condotto al successo e farci dimenticare così le amare esperienze del "Socialismo reale" e, pertanto, sollevare ancora una volta la questione, se siamo condannati a fare i conti d' ora in poi con il Neoliberalismo e il dominio cieco dei mercati.
Contrariamente alle loro stesse affermazioni, lo statalismo sovietico e lo stalinismo non erano certamente il tipo ideale di società post-capitalista. Gli ideali di giustizia e solidarietà mondiale, che costituiscono il nucleo del Socialismo, non devono essere abbandonati, nemmeno a favore di riforme per mitigare le forze distruttive del Capitalismo moderno, poiché il Socialismo, se dai tragici eventi degli ultimi 120 anni intende trarre la giusta lezione, allora - e solo allora - potrà avere un futuro. In tal caso, a fronte di globalizzazione, Neoliberismo e distruzione delle fondamenta naturali nel 21° Secolo e oltre, il Socialismo è più che mai necessario. Ma non come atto statale riformista o rivoluzionario, ma come rete durevole dei principi di giustizia e di solidarietà.
In questo senso, a partire da una storia sociale dello sviluppo urbano e della città come spazio sociale che determina l'esperienza quotidiana delle persone che vi abitano, Henri Lefebvre (1901-1991), come pioniere, ha formulato un concetto spaziale che è parte integrante parte della conoscenza delle scienze sociali e una dura critica all'urbanistica. Le sue analisi in <La rivoluzione delle città> forniscono ancora importanti punti di riferimento per il dibattito attuale.
È in tal guisa che Ia governance della città di Vienna vuole intervenire ancora più fortemente sul mercato privato per l'acquisto di terreni finalizzati alla realizzazione di progetti abitativi erga omnes. Inoltre, la città ha ancora a disposizione riserve di spazio nell' ordine di oltre 2,7 milioni di metri quadrati per la realizzazione nei prossimi anni di migliaia di nuovi alloggi a prezzi accessibili che non devono costituire un privilegio per i redditi più alti, bensì l' appagamento di un diritto fondamentale.
"Per me, il tema dell'alloggio è un ambito molto cruciale per poter assicurare e garantire nel tempo la necessaria sicurezza sociale nella nostra città ", ha affermato Kathrin Gaal, consigliere comunale e dirigente responsabile dell' efficiente Dipartimento per l'edilizia abitativa di Vienna. "L'obiettivo è combattere la speculazione fondiaria, che è il principale motore di prezzo nell'edilizia residenziale", aggiunge l'ex consigliere comunale dei Verdi Christoph Chorherr, che è congiuntamente responsabile del nuovo regolamento edilizio comunale. Speculazione fondiaria che in "questa" italia sorda, irresponsabile e priva di orientamenti continua ad essere foraggiata da un disonesto "indice di cubatura" che toglie al "Progetto di Piano" quell' irrinunciabile carattere di progettualità anelato dalla Legge Urbanistica Nazionale del 1942 n.1150, affermatrice di una certa idea di urbanistica, di piano regolatore e, soprattutto, di piano particolareggiato, confermando quella prevalenza dell' urbanistica sull' urbanismogià sanzionata, sia pure ufficiosamente, in occasione del XII Congresso Internazionale dell' Abitazione e dei Piani Regolatori, convocato a Roma sul tema dei centri antichi nel 1929, in un contesto che aveva visto nascere l' Istituto Nazionale di Urbanistica, ponendo in primo piano i concorsi di piano regolatore, le prime realizzazioni nei centri cittadini, e nei nuclei di fondazione e l' impellente richiesta di una legge sulla quale si concentrarono tutte le aspettative coinvolgendo istituzioni e associazioni, sostenute dal ministro dei LL.PP., Araldo di Crollanza, che istituisce una Commissione ad hoc con il compito di dare forma di articolato alla nuova idea di città e di urbanistica a sostegno di un piano della città moderna, della città fascista, che dovrà articolarsi secondo tre zone distinte: l' area edificata, indicando le trasformazioni degli spazi saturi e di quelli ancora disponibili; l' erspansione, studiando in base all' incremento demografico le linee generali dei nuovi quartieri; l' area rurale soggetta o meno a futura urbanizzazione, il tutto secondo uno schema di ampio respiro che accoglie, anche se in forme non corrispondentemente definite, l' ide adi "regional plannin, per lo sviluppo delle grandi reti infrastrutturali, il sistema dei centri minori, le localizzazioni produttive, la tutela ambientale, etc.: un tutto al quale non venne meno il consenso sociale con i concorsi di piano regolatrore che si trasformano in laboratorio permanente, con la città italiana ad occupare spazi nelle riviste specializzate dove si restringe l' ambito dedicato a talvolta futili questioni teorico/istituzionali, mentre si dilata e ristruttura quello dedicato alle singole citt`?a, alle mostre degli elaborati presentati ai concorsi, alle spigolature dei giornali locali. Una strategia che, anche se in piccolo, necessita di strumenti normativi e di unificazione nazionale, come il Bando Tipo per concorsi di piano regolatore, e l' Annuario delle Città Italiane, per il controllo qualitativo dei piani, e una relativa garanzia "scientifica" nell' impostazione, senza dimenticare importanti aspetti dell' urbanistica rurale da far convivere con l' idea secondo la quale <L' urbanesimo è il fenomeno che accompagna l' ascendere della nostra civiltà e l' intensificazione di tutte le manifestazioni umane ... annientarlo vorrebbe dire retrocedere>, con l' intellettuale progressista Giuseppe Bottai a proporre <l' urbanistica come antiurbanesimo, come antidoto dell' urbanesimo. Una vitalità sentita e partecipata mai vista nei rontoli e nei bla-bla-bla dell' Italia repubblicana
E a quanto pare, il contesto di mercato strettamente regolamentato non disturba nemmeno l'ampia massa di investitori. Sebbene i rendimenti siano inferiori, la stabilità a Vienna è maggiore che in altre città. A Vienna, si può ancora essere sicuri che il mercato non è surriscaldato, si sente dall'industria. Migliori flussi di cassa inferiori in corso rispetto a quelli inadempienti. Inoltre, gli investitori apprezzerebbero l'alta qualità dell'infrastruttura, afferma Martin Ofner, responsabile della ricerca presso il gruppo di investitori CBRE. Il trasporto pubblico ben sviluppato garantisce, ad esempio, che le aree al di fuori del centro città siano interessanti anche per gli investitori, grazie ai loro buoni collegamenti.
"Rispetto alle città tedesche, ora vengono chiamati rendimenti simili, ma con un livello di affitto più basso e quindi prezzi di acquisto più bassi. Qui, gli investitori vedono una sostenibilità significativamente migliore e un minor rischio di formazione di bolle rispetto alle principali città tedesche", afferma Martin Ofner*.
*È responsabile di analisi complete dei mercati immobiliari nazionali e internazionali. Ofner ha un vasto know-how nei settori degli immobili residenziali e commerciali. L'obiettivo di Arnold Immobilien è offrire ai clienti strumenti decisionali ancora più completi per tutti gli aspetti dell'acquisto e della vendita di immobili in Germania e all'estero.
Martin Ofner ha conseguito una laurea in geografia con specializzazione in ricerca spaziale e pianificazione territoriale presso l'Università di Vienna. Dopo diverse posizioni, tra cui presso GEO RISK Planungsges.m.b.H., Ofner ha iniziato nel 2016 come Head of Research presso CBRE, dove ha maturato una vasta esperienza nei settori della ricerca e della consulenza.

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La città del futuro è già nel presente

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I terreni edificabili sono rari, soprattutto a New York. Di conseguenza, ogni metro quadrato costa molto. Quindi non c'è da meravigliarsi se sempre più torri stanno spuntando dal terreno: The Prism Tower di Christian de Portzamparc, The Spiral di BIG, David Chipperfield Architects con un grattacielo chiamato The Bryant o la torre nera di Richard Meier & Partners, solo per citare alcuni esempi degli ultimi tre anni.

 

La tendenza è verso proporzioni sempre più estreme di altezza e larghezza: sempre più snelle, sempre più alte.Lotto minimo di terreno edificabile, massima fruibilità. Il design di RB Systems (New York) lo porta all'estremo. Il grattacielo dell'ufficio supersottile dovrebbe essere di soli 30 metri per 30 ma sporgere di 400 metri nel cielo di New York. L'ago gigante potrebbe essere costruito su un terreno libero al 265 West 45th Street a ovest di Times Square. Affinché la costruzione tubolare a Midtown Manhattan non si ribalti semplicemente, invece di un'impalcatura, una rete di cavi d'acciaio tesi dovrebbe essere intrecciata a spirale attorno alla torre. Alla sommità della torre sono collegati al nucleo con un anello e ancorati alla base nella base. “La disposizione a spirale dei cavi d'acciaio - la torsione - crea una tensione superficiale che porta a un corsetto che stringe le parti interne, simile a una caramella che si tiene nel suo guscio perché le estremità sono attorcigliate”, spiega l'architetto Rustem Baishev. Uno smorzatore di risonanza dovrebbe fornire un supporto aggiuntivo in caso di vento forte. Al fine di proteggere il grattacielo da vibrazioni e forti fluttuazioni, dovrebbe essere monitorato anche tramite software. Secondo gli architetti, i vetri riflettenti conferiscono alla torre un aspetto "alieno". La torre degli uffici è strutturata come quasi ogni sottile grattacielo con un nucleo centrale attorno al quale sono disposti gli uffici. L'ingresso vetrato, ricoperto da un anello color cromo, conduce all'atrio multipiano, da cui partono gli ascensori - più cabine per vano - agli uffici e alla piattaforma panoramica al 96° piano. Un modello per altre città con alti prezzi dei terreni? Lo stesso Baishev descrive il suo progetto come un esercizio per padroneggiare le "sfide estreme dei centri urbani ristretti e densi".

 

Deve essere questo il futuro della città? Milano ha indicato un esempio di come si deve distruggere la città storica italiana.

 

Avanti così

 

 

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Un' architettura di immagini: è l' architettura del fascismo

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Un certo fascino estetico ha fortemente plasmato la ricezione dell'architettura fascista fin dal dopoguerra. Nel corso degli anni, registi, fotografi, ma anche scrittori, designer e intellettuali hanno ripetutamente utilizzato il forte immaginario e l'impatto visivo dei volumi bianchi e geometricamente tagliati dell'architettura fascista per creare una quantità impressionante di film e immagini. In questi, l'architettura di solito funge da sfondo affascinante, astratto ed estetico. Se discutibile può apparire che un simile accordo sia eticamente giustificato, ci interessa solo la questione dell'impatto di queste immagini sulla società italiana.
Particolarmente interessanti a questo proposito sono gli studi del teorico dell'architettura britannico Neil Leach, che alla fine degli anni '90 ha valutato la teoria di Walter Benjamin nelle condizioni del suo tempo. Nel suo libro The Anesthetics of Architecture, Leach parte dall'attuale “egemonia dell'immagine” per valutare gli effetti della “saturazione delle immagini” nell' architettura.
L'autore intende il termine “egemonia dell'immagine” come una nozione molto diffusa nella letteratura specialistica, secondo la quale tutti nell'odierna società dei consumi globalizzata sono esposti a una sequenza continua e ininterrotta di immagini. Nello specifico, Leach ha associato la diffusione di immagini architettoniche patinate con la perdita di un atteggiamento critico e distante rispetto ai significati politici e sociali dell'architettura e ha definito questo fenomeno come una “ebbrezza dell'estetica”.
La parola chiave “ebbrezza dell'estetica” può essere usata anche per descrivere una fascinazione per l'architettura fascista che è andata crescendo sui media in Italia dal dopoguerra ad oggi. Già nel 1972 Federico Fellini definiva l'architettura fascista dell'Eur romano come “un luogo molto adatto a chi deve produrre quadri per lavoro”, e sottolineava l'atmosfera atemporale e metafisica degli edifici del quartiere. Oltre a Fellini, erano numerosi i registi che avevano scelto l'architettura fascista per i loro film dagli anni Cinquanta in poi: Rossellini, Monicelli, De Sica, Godard, Antonioni e Bertolucci, per citare i più importanti.
Nelle sue opere l'architettura perde ogni connotazione politica, perché - come scrive Pier Paolo Pasolini in un film documentario - questa architettura non ha “nulla di fascista, se non per alcune caratteristiche esteriori”. Cosa abbia voluto intendere, a chiederselo sono in tanti: critici d' arte e di architettura.
La forte presenza dell'architettura fascista nel cinema e nella pubblicità non può essere intesa come la causa del processo di decontestualizzazione, tuttavia, ha indubbiamente contribuito all'estetizzazione dell'architettura fascista. A partire dagli anni Duemila, il cinema si è avvalso non solo dell'estetica dell'architettura fascista, ma sempre più anche di un'altra disciplina culturale, quella della moda.
Nell'ambito di un ampio processo sociale che Owen Hatherley ha definito "colonizzazione dello spazio da parte dell'industria della moda", i marchi di moda non solo hanno utilizzato l'architettura moderna come sfondo per la loro identità aziendale, ma hanno anche utilizzato la loro immagine con quelle di grandi dimensioni legate ad architetti internazionali .
Nell'ambito del sostegno al restauro dell'infinito patrimonio artistico e culturale del Paese, grandi nomi del mondo della moda - come Armani, Fendi, Prada e Zegna - hanno mostrato un particolare interesse per l'architettura e l'arte dell'epoca mussoliniana.
L'interesse dei marchi di moda sta lavorando verso l'emergere di un'estetica dell'architettura fascista che la vede come l'incarnazione di una presunta eleganza italiana che si esprimerebbe sia nella moda nazionale che nei volumi bianchi dell'architettura degli anni '30.
È, dopotutto, quello che a noi "socialfascisti", scevri di nostalgia per il fascismo, interessa per farci dire che i messaggio politico, artistico, sociale e filosofico del fascismo vivrà imperituro in Italia e fuori dei confini nazionali.
Un'architettura di immagini: è l' architettura del fascismo
Un certo fascino estetico ha fortemente plasmato la ricezione dell'architettura fascista fin dal dopoguerra. Nel corso degli anni, registi, fotografi, ma anche scrittori, designer e intellettuali hanno ripetutamente utilizzato il forte immaginario e l'impatto visivo dei volumi bianchi e geometricamente tagliati dell'architettura fascista per creare una quantità impressionante di film e immagini. In questi, l'architettura di solito funge da sfondo affascinante, astratto ed estetico. Se discutibile può apparire che un simile accordo sia eticamente giustificato, ci interessa solo la questione dell'impatto di queste immagini sulla società italiana.
Particolarmente interessanti a questo proposito sono gli studi del teorico dell'architettura britannico Neil Leach, che alla fine degli anni '90 ha valutato la teoria di Walter Benjamin nelle condizioni del suo tempo. Nel suo libro The Anesthetics of Architecture, Leach parte dall'attuale “egemonia dell'immagine” per valutare gli effetti della “saturazione delle immagini” nell' architettura.
L'autore intende il termine “egemonia dell'immagine” come una nozione molto diffusa nella letteratura specialistica, secondo la quale tutti nell'odierna società dei consumi globalizzata sono esposti a una sequenza continua e ininterrotta di immagini. Nello specifico, Leach ha associato la diffusione di immagini architettoniche patinate con la perdita di un atteggiamento critico e distante rispetto ai significati politici e sociali dell'architettura e ha definito questo fenomeno come una “ebbrezza dell'estetica”.
La parola chiave “ebbrezza dell'estetica” può essere usata anche per descrivere una fascinazione per l'architettura fascista che è andata crescendo sui media in Italia dal dopoguerra ad oggi. Già nel 1972 Federico Fellini definiva l'architettura fascista dell'Eur romano come “un luogo molto adatto a chi deve produrre quadri per lavoro”, e sottolineava l'atmosfera atemporale e metafisica degli edifici del quartiere. Oltre a Fellini, erano numerosi i registi che avevano scelto l'architettura fascista per i loro film dagli anni Cinquanta in poi: Rossellini, Monicelli, De Sica, Godard, Antonioni e Bertolucci, per citare i più importanti.
Nelle sue opere l'architettura perde ogni connotazione politica, perché - come scrive Pier Paolo Pasolini in un film documentario - questa architettura non ha “nulla di fascista, se non per alcune caratteristiche esteriori”. Cosa abbia voluto intendere, a chiederselo sono in tanti: critici d' arte e di architettura.
La forte presenza dell'architettura fascista nel cinema e nella pubblicità non può essere intesa come la causa del processo di decontestualizzazione, tuttavia, ha indubbiamente contribuito all'estetizzazione dell'architettura fascista. A partire dagli anni Duemila, il cinema si è avvalso non solo dell'estetica dell'architettura fascista, ma sempre più anche di un'altra disciplina culturale, quella della moda.
Nell'ambito di un ampio processo sociale che Owen Hatherley ha definito "colonizzazione dello spazio da parte dell'industria della moda", i marchi di moda non solo hanno utilizzato l'architettura moderna come sfondo per la loro identità aziendale, ma hanno anche utilizzato la loro immagine con quelle di grandi dimensioni legate ad architetti internazionali .
Nell'ambito del sostegno al restauro dell'infinito patrimonio artistico e culturale del Paese, grandi nomi del mondo della moda - come Armani, Fendi, Prada e Zegna - hanno mostrato un particolare interesse per l'architettura e l'arte dell'epoca mussoliniana.
L'interesse dei marchi di moda sta lavorando verso l'emergere di un'estetica dell'architettura fascista che la vede come l'incarnazione di una presunta eleganza italiana che si esprimerebbe sia nella moda nazionale che nei volumi bianchi dell'architettura degli anni '30.
È, dopotutto, quello che a noi "socialfascisti", scevri di nostalgia per il fascismo, interessa per farci dire che i messaggio politico, artistico, sociale e filosofico del fascismo vivrà imperituro in Italia e fuori dei confini nazionali.
Un'architettura di immagini: è l' architettura del fascismo
Un certo fascino estetico ha fortemente plasmato la ricezione dell'architettura fascista fin dal dopoguerra. Nel corso degli anni, registi, fotografi, ma anche scrittori, designer e intellettuali hanno ripetutamente utilizzato il forte immaginario e l'impatto visivo dei volumi bianchi e geometricamente tagliati dell'architettura fascista per creare una quantità impressionante di film e immagini. In questi, l'architettura di solito funge da sfondo affascinante, astratto ed estetico. Se discutibile può apparire che un simile accordo sia eticamente giustificato, ci interessa solo la questione dell'impatto di queste immagini sulla società italiana.
Particolarmente interessanti a questo proposito sono gli studi del teorico dell'architettura britannico Neil Leach, che alla fine degli anni '90 ha valutato la teoria di Walter Benjamin nelle condizioni del suo tempo. Nel suo libro The Anesthetics of Architecture, Leach parte dall'attuale “egemonia dell'immagine” per valutare gli effetti della “saturazione delle immagini” nell' architettura.
L'autore intende il termine “egemonia dell'immagine” come una nozione molto diffusa nella letteratura specialistica, secondo la quale tutti nell'odierna società dei consumi globalizzata sono esposti a una sequenza continua e ininterrotta di immagini. Nello specifico, Leach ha associato la diffusione di immagini architettoniche patinate con la perdita di un atteggiamento critico e distante rispetto ai significati politici e sociali dell'architettura e ha definito questo fenomeno come una “ebbrezza dell'estetica”.
La parola chiave “ebbrezza dell'estetica” può essere usata anche per descrivere una fascinazione per l'architettura fascista che è andata crescendo sui media in Italia dal dopoguerra ad oggi. Già nel 1972 Federico Fellini definiva l'architettura fascista dell'Eur romano come “un luogo molto adatto a chi deve produrre quadri per lavoro”, e sottolineava l'atmosfera atemporale e metafisica degli edifici del quartiere. Oltre a Fellini, erano numerosi i registi che avevano scelto l'architettura fascista per i loro film dagli anni Cinquanta in poi: Rossellini, Monicelli, De Sica, Godard, Antonioni e Bertolucci, per citare i più importanti.
Nelle sue opere l'architettura perde ogni connotazione politica, perché - come scrive Pier Paolo Pasolini in un film documentario - questa architettura non ha “nulla di fascista, se non per alcune caratteristiche esteriori”. Cosa abbia voluto intendere, a chiederselo sono in tanti: critici d' arte e di architettura.
La forte presenza dell'architettura fascista nel cinema e nella pubblicità non può essere intesa come la causa del processo di decontestualizzazione, tuttavia, ha indubbiamente contribuito all'estetizzazione dell'architettura fascista. A partire dagli anni Duemila, il cinema si è avvalso non solo dell'estetica dell'architettura fascista, ma sempre più anche di un'altra disciplina culturale, quella della moda.
Nell'ambito di un ampio processo sociale che Owen Hatherley ha definito "colonizzazione dello spazio da parte dell'industria della moda", i marchi di moda non solo hanno utilizzato l'architettura moderna come sfondo per la loro identità aziendale, ma hanno anche utilizzato la loro immagine con quelle di grandi dimensioni legate ad architetti internazionali .
Nell'ambito del sostegno al restauro dell'infinito patrimonio artistico e culturale del Paese, grandi nomi del mondo della moda - come Armani, Fendi, Prada e Zegna - hanno mostrato un particolare interesse per l'architettura e l'arte dell'epoca mussoliniana.
L'interesse dei marchi di moda sta lavorando verso l'emergere di un'estetica dell'architettura fascista che la vede come l'incarnazione di una presunta eleganza italiana che si esprimerebbe sia nella moda nazionale che nei volumi bianchi dell'architettura degli anni '30.
È, dopotutto, quello che a noi "socialfascisti", scevri di nostalgia per il fascismo, interessa per farci dire che i messaggio politico, artistico, sociale e filosofico del fascismo vivrà imperituro in Italia e fuori dei confini nazionali.

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La Neapolis (Napoli) sotterrata

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Una vera e propria area archeologica si estende oggi a circa 10 metri di profondità, sotto la chiesa di San Lorenzo Maggiore. All’interno del chiostro settecentesco è visibile parte del macellum, il mercato romano, databile alla seconda metà del I secolo d.C.: esso era costituito da uno spazio porticato rettangolare, su cui si aprivano botteghe, e da un cortile interno scoperto e pavimentato a mosaico, al centro del quale era collocata una tholos, un edificio circolare destinato alla vendita degli alimenti. Sono però i livelli inferiori dello scavo a chiarire la complessa strutturazione dell’intera zona. All’età greca rimanda il tracciato di una strada, uno stenopos, poi definito cardo (cardine) di Neapolis, messo in luce al di sotto del transetto della chiesa, ricoperta da un lastricato del V secolo d.C.. L’antica via correva lungo il lato orientale di un articolato edificio romano che, distribuendosi su tre ali, fungeva anche da sostegno artificiale della terrazza sovrastante, sulla quale era posizionato poi il mercato, contribuendo nello stesso tempo a definire la porzione inferiore del Foro.

La costruzione si componeva di una serie di nove botteghe (tabernae), composte ciascuna di due stanze voltate a botte e aperte sulla strada, in cui si svolgevano attività commerciali e artigianali: vi si sono individuati un forno e vasche per la tintura dei tessuti. Alla fine del cardine, sulla destra, si giunge al criptoportico (mercato coperto), suddiviso in piccoli ambienti com uncinati e dotati di banconi in muratura per l’esposizione delle merci. Facevano eccezione solo tre di essi, che probabilmente costituivano l’erarium, dove era custodito il tesoro cittadino. Tale organizzazione rimase in luce fino agli ultimi anni del V secolo d.C., quando, colmata la zona da strati di natura alluvionale, si diede avvio alle successive trasformazioni culminate nel XIII secolo con la costruzione del convento e della basilica gotica, che comportarono la definitiva obliterazione di tutte le strutture precedenti.

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Teoria: La casa come piccola città (L.B. Alberti)

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La Teoria dell' Architettura è uno strumento della riflessione e, pertanto, parte integrante della pratica architettonica. Nella comprensione della disciplina dell' Architettura come „progetto“ , atto in sé e progetto dell' „essere nel mondo“, allora la Teoria dell' Architettura va considerata come irrinunciabile parte del processo progettuale in quanto nell' essenza di progetto mentale formula, per dare sostanza, al <Progetto di Architettura>.

Il progetto architettonico dell' „essere nel mondo“ premette un' attenta osservazione del mondo nel quale siamo, poiché soltanto nella conoscenza del mondo nel quale siamo possiamo entrare in rapporto, prima, e in sintonia, poi, con esso. Ai fini di una oggettiva considerazione del mondo negli ultimi tempi metodologie transdisciplinari e scientifico-culturali hanno sensibilmente influenzato la Teoria di Architettura.
I media di lavoro in testi e immagini della Teoria dell' Architettura sono stati in tal guisa estesi ad altri ambiti interdisciplinari e così applicati nei contesti di didattica e ricerca, donde il compito della Teoria dell' Architettura di rimettere in discussione gli acquisiti modelli di pensiero per svilupparne nuovi al fine di fruttificare la prassi architettonica.
. . .
Nei <Dieci libri sull' Architettura>, il trattato in latino sull' Architettura edito postumo nel 1485, Leon Battista Alberti pone il rapporto Architettura e Città o Casa e Città in un ben definito rapporto reciproco secondo un principio dialettico operante sempre in contraddizione alla ricerca costante di una condizione ideale tale che possa, più che conciliare, accostare gli opposti. Il mondo viene pensato e articolato secondo forze equilibrate e in questa visione anche l' Architettura deve poter trovare la sua collocazione.
Il punto di forza di questa teoria è il concetto della Bellezza, la „concinnitas“ (concinnare: ordinare, sistemare appropriamente; concinnus: conveniente, adatto, bello, elegante, ricercato sino all' estremo, per Immanuel Kanti: sublime), intesa come „armonia di tutte le parti nell' unità di cui fan parte secondo cui non si possa aggiungere o togliere o cambiare nulla se non in peggio“ (De re aed., VI, 2). Tale senso dell' ideale è per l' Aberti una costante umana: una legge „fondamentale e più esatta della natura“ che consta di numerus (numero), finitio (proporzione fra lunghezza, larghezza, altezza) e collocatio (disposizione) delle parti (De re aed., IX, 5), che, per l' appunto, richiamandosi alla natura, finisce per far superare al concetto di bellezza la razionalità dei rapporti proporzionali, già presenti in Vitruvio, prima, e la concezione medievale, poi, per proporsi come concinnitas, nel senso di valore universale che innesta il significato di armonia a quello di organicità che, a sua volta, si esprime nella ordinata connessione della parti di un tutto, come appreso dallo studio della disciplina della <composizione architettonica> nel corso degli studi di architettura e metabolizzata quale analisi tesa all' aggregazione degli elementi architettonici (e anche urbanistici) che conduce alla connessione tra forma (Gestalt) e funzione.
Per Alberti l' Architettura è ars, un apparato sia per l' individuo che per la società. La „casa“ serve sia all' uomo che alla rappresentazione come partecipazione simbolica alla vita sociale. L' Architettura viene, pertanto, considerata non come fatto in sé, bensì per l' effetto che la casa può avere sulla città e, quale linguaggio, può articolare una teoria della risonanza a conferma di quanto dagli edifici, corrispondentemente ai valori di bellezza espressi dal corpo umano, viene trasferito alla città e che va oltre la sommatoria espressa dai cittadini, per diventare il luogo degli stati d' animo della società che si esprimono in termini di benessere e malessere, disagi e paure, riconciliandoci con la città, il quartiere, la strada, il vicinato: valori da percepire come ambito dove abbiamo sempre vissuto, dove c' erano la nostra casa, le nostre (prime) relazioni e dove, invano, andiamo (o dvremmo ritornare) a riscoprire la nostra memoria.
La città, come la casa, prima ancora di essere pietre e calce (giammai isolamento termico „a cappotto“!), speculazione fondiaria ed edilizia, indice di cubatura, è uno stato d' animo del quale tener conto grazie allo sviluppo di una ritrovata capacità di ascolto - che, intanto, è assente nelle istituzioni -, necessaria per rimettersi in relazione e in discussione e, così, raccogliere i materiali necessari da trasferire poi nel progetto di piano e di architettura partecipato , capace di prendere in considerazione le spinte (e le tensioni) sociali e culturali della città storica e della periferia coniugando vecchi e nuovi assetti alla ricerca di una sintesi.
L' Alberti è stato il primo a cercare di superare l' unità della differenza tra casa e città nel momomento in cui tematizza la „casa come piccola città“. Questo re-entry aveva un carattere funzionale nel senso che l' Alberti trasferendo la differenza tra casa e città nella casa, poteva pertanto parlare sia di un aspetto domestico che di un aspetto urbano della casa collegando la differenzazione con chiusura e apertura come in realtà risulta evidente nella sua Teoria dell' Architettura allorché distingue sei elementi dell' Architettura stessa, affermando: "È chiaro dunque che l' Architettura poggia su sei elementi: Il contesto, la platea o piastra, la distribuzione (la pianta), il muro, il tetto e l' apertura (porta o finestra)".
Questi sei elementi sono comuni a tutte le case, emergendo così in maniera evidente il pensare albertiano per contraddizioni: La casa è essenzialmente costituita da una serie di delimitazioni (contesto, platea o piastra, distribuzione, muro, tetto) e nella demarcazione (apertura). Soltanto la interrelazione o diversamente formulato, la differenza tra "chiusura" e "apertura", consente il formarsi dell' Architettura nella funzione preminente del muro e del tetto in relazione alla costituzione dello spazio che in tal guisa diventa il suo "medium", poiché sono proprio le schermature (o delimitazioni) che degli uomini fanno elementi di una comunità.
E Alberti: "Qualcuno ha detto che l' acqua e il fuoco costituissero l' inizio in base al quale sia sia costituita la società umana. Se però considero l' utilità e la necessità del tetto e del muro, allora mi convinco che questi hanno contribuito in misura maggiore a raggrppare gli uomini e a tenerli uniti" (Prefazione, pag. 10).

Il De re aedificatoria (lett.: "Sull'edilizia"), trattato in dieci libri sull' architettura, scritto da Leon Battista Alberti intorno al 1450, durante la sua lunga permanenza a Roma, su commissione di Leonello d' Este, con l' edizione del 1452 dedicata a Niccolò V, e pensato come rilettura critica del testo di Vitruvio, è a ben ragione considerato il primo trattato di Teoria dell' Architettura finalizzato al modo di costruire (non come fossero costruiti) gli edifici, senza ricorso a illustrazioni, bensì in forza di parole, concetti e istruzioni, grazie anche a riferimenti a Platone e Aristotele, necessari ad inquadrare sociologicamente la funzione dell' Architettura.

Scritto in latino, il trattato è pensato per un pubblico selezionato di colti intenditori che così, rivolto al virtuale architetto, l' Alberti formula: Vorrei che quanto fusse possibile tu t' ingenassi d' aver a fare con prencipi delle città splendidissimi e di fabbricare desiosi" (Libro IX), per affermare la priorità del progetto, considerando l' Architettura come disciplina puramente teorica, fianalizzata tuttavia alle redifinizione fisica, sociale e spirituale della città ed alla scoperta di un nuovo principio d' ordine, tant`è che il primo manoscritto, in latino e privo di illustrazioni, viene dedicato al papa Niccolò V che aveva avviato il rinnovamento urbanistico di Roma, mentre l' edizione a stampa, realizzata postuma nel 1485, è dedicata a Lorenzo il Magnifico con uno scritto di Angelo Poliziano.

Un Alberti, pertanto, per riflettere e nella riflessione poter e dover coinvolgere tutti: politici, urbatetti, cittadini . . . assieme per innalzare un inno alla casa e alla città.

"Mi dimetto, qui non ricostruiranno mai"

(Il sindaco di Ussita lascia per protesta dopo il sequestro di un campeggio).

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La muratura storica

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Sono alcuni aspetti tecnici che hanno contribuito alla definizione del concetto di "storicità" per alcune tipologie di muratura, prima che le epoche della storia dell' uomo e del costruire. C' è una definizione che si può definire "canonica" per postare il discorso nei suoi gangli naturale: <La
muratura storica è quella muratura tradizionale la quale nel riferirsi alla Regola dell' Arte impiega conci lapidei e/o laterizi disposti più o meno regolarmente Secondo ortostati e diatoni. I conci possono essere squadrati o appena sbozzati, tuttavia ciò che individua principalmente la muratura storica è l' assenza di cordolature almeno così come intese nell' accezione moderna e nella loro esecuzione in calcestruzzo armato>.
La caratterista prima della muratura storica è costituita, pertanto, dalle sue sembianze connotate dalla presenza della pietra e dei giunti tra i conci di pietra che possono essere pieni e lavorati in diverse forme e modalità, e vuoti. Altre caratteristiche sono costituite dalla geometria, tessitura, dimensione dei conci e, non ultimo, dalla composizione delle malte (calce, cementizia, etc.), il tutto a comporre una costruzione nella sua capacità
attitudine a poter essere dissassemblata e riassemblata, rispettivamente in una demolizione e ricostruzione controllate. Nel contesto murario la nostra Cultura occidentale si fonda su diverse specie di muratura delle quali è nostro dovere curarne la la conservazione in quanto "eredità culturale". Alla conservazione e cura di una muratura storica che si propone come "edificio", cioè cellula formata da quattro muri, chiusa ed
autoportante, sono ncecessarie le informazioni sulla struttura interna, sulle modalità costruttive, sui carichi esistenti, sull' umidità e i contenuti dei sali, etc.
Nel quadro della "ricerca di base" sulla difesa dei monumenti si è stabilizzata nel corso degli anni una prassi metodica che che riconduce a concetti ricorrenti nella medicina come "Anamnese, - Diagnosi - Terapia. Come nella medicina, un edificio deve essere sottoposto ad una accurata analisi,
necessaria all' accertamento del suo stato di salute e, conseguentemente, poter definire interventi e loro modalità di esecuzione per la sua conservazione nel tempo e la consegna alle generazioni future. A tal uopo crescente s' è rivelata una collaborazione interdisciplinare specialistica che coinvolge ricercatori, studiosi di scienze naturali, archeologi e ingegneri. Una preliminare analisi sulla natura dei materiali fornisce le prime
informazioni su pietre e malte in dipendenza delle fasi d' epoca nelle quali sono state impiegate. La focalaizzazione dell' analisi trova nella regola i suoi ambiti precipui nello <stato di salute> sia delle fondazioni e della struttura interna grazie al ricorso a perforazioni, analisi endoscopiche, sino all' impiego di "Radar per l' edilizia", laddove l' aspetto dell' economia degli interventi deve svolgere un ruolo preminente.
Se si pone attenzione sullo stato generale del patrimonio immobiliare edilizio del nostro Paese, e in particolare su quello urbanistico dei centri minori dell' Italia centro-meridionale, all' evidenza del dato sismico interessante la fascia settentrionale della Sicila e tutto il dorsale appenico dell' Italia in connessione stretta con la consistenza delle murature emersa in tutta la sua tragica realtà a seguito dei recenti eventi sismici sismici, non si può più parlare di catastrofe incombente, bensì di perdita lenta di un patrimonio storico, architettonico-urbanistico e paesaggistico
che non trova il suo pari nel mondo.
Si tratta di una realtà allarmante in quanto non alla preminenza della imprevedibilità dei fattori naturali sulla mano, sui comportamenti e sulla volontà dell' uomo, bensì sull' essere stato questo, l' uomo (cioè il cittadino, "zoon politikoon", l' uomo come essenza politica e sociale, per Aristotele
dopo le sue osservazioni e il convincimento che gli uomini possedevano la "tendenza" di vivere in comunità con altri uomini nella Polis, questa nelle sue valenze sia di Stato che di Città), ridotto allo status di essere "non pensante", nel senso cartesiano.
Cosa, allora, occorre fare all' evidenza della mancata ricostruzione postsismica, fotografia autentica dell' homo italicus contemporaneo, da percepire come preludio alla scomparsa definitiva della <città medievale> italiana? Storia della città, Cultura edilizia, formazione professionale (Didattica) e artigianale, Ricerca e Innovazione, impegno politico et varia possono servire ad uno stimolo?
Nutro i miei seri dubbi, diventati amarezza e sofferenza.
p.s.
Il Castello dei Ventimiglia (v. foto parziale sottostante) presenta una tipica costruzione muraria ad <Opus incertum>, eseguita prevalentemente con
ciottoli fluviali o di raccolta campestre (pietrame di rinfusa) legati da malta di bassa qualità o da fango essiccato, vittima dell' incuria secolare umana, dell' azione del sole, della pioggia, del vento, dell' umidità capillare ascendente nelle fondazioni e dell' umidità da vapore acqueo procedente dall' interno riscaldato verso l' esterno a temperatura più bassa (nei mesi invernali) e dall' esterno verso l' interno (nei mesi estivi) attrarsante i muri
portanti perimetrali e, di conseguenza, indebolendone portanza e stabilità stabilità strutturale. In considerazione della Classe sismica (2) del Comune di Castelbuono, allo stato delle cose l' accesso e la permanenza di persone al/nel maniero non dovrebbe essere consentito.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Musica & Architettura

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Musica & Architettura: un articolo ispirato dall' ascolto di „Benedictus“ (www.youtube.com) del M° e dirigente d' orchestra Sir Karl Jenkins

 

 

Le proporzioni numeriche della musica si riflettevano nell'architettura dell'antica Grecia. Fronte del Tempio di Poseidone a Paestum.

 

Il rapporto tra architettura e musica nella teoria estetica.

(Il M° e dirigente d' orchesta Sir Karl Jenkins è il compositore del capolavoro musicale "Benedictus" che di seguito viene eseseguito dallo stesso in una esecuzione al piano e da un complesso orchestrale con coro.)

 

 

Il presente articolo è stato elaborato in connessione con il progetto pel <Nuovo Cine-Teatro „Le Fontanelle“> di Castelbuono e va ricondotto alla mia Tesi di Diploma in Architettura Civile, Chiesa-Teatro come organismo polivalente, relatore il compianto Prof. Alberto Sartoris, presso l' Athenaeum di Losanna (CH), 1972, ed esamina il rapporto tra architettura e musica. Il titolo “Musica congelata” fa riferimento alla famosa metafora, che diventa il punto di partenza per un'indagine sull'interrelazione tra le due arti nella teoria dell'architettura e nell'estetica. I quattro capitoli della tesi si riferiscono ciascuno alla metafora in modi diversi. Nella prima parte viene ricostruita la genesi della metafora, del luogo, del tempo e delle circostanze della sua creazione, per quanto possibile dalle fonti odierne.

La paternità della metafora potrebbe essere attribuita a Schelling e indirettamente a uno dei suoi studenti, Henry Crabb Robinson. Nel secondo capitolo, il termine "musica congelata" determina il punto di partenza mitologico per una considerazione storica di entrambe le arti. Il rapporto tra le due arti, l'architettura e la musica si basa sui primi miti della creazione indiana, egiziana e cinese, in cui il mondo diventava materiale nel processo di "tacere" di un suono originale. L'origine concettuale della metafora della "musica congelata" sta nascosta nella transizione di fase dal suono alla materia; questa è la base della speculazione metafisica sul rapporto tra architettura e musica fino all'età moderna, nutrita da principi matematici in entrambe le arti . Verso la fine del XVII secolo, con l'emergere della conoscenza fisiologica, fu messa in dubbio la validità di un concetto dogmatico di armonia nell'architettura e nella musica.

Con riferimento al “pittorico” e al “poetico”, la teoria architettonica si è rivolta ad altri generi artistici a partire dal Settecento. Da questo punto in poi, il conflitto tra architettura e musica si svolge nelle teorie estetiche della filosofia. Nella terza parte sul rapporto tra architettura e musica nella filosofia idealistica - anche il capitolo principale dell'opera - viene esaminato il background storico intellettuale da cui è scaturita la metafora. Nei sistemi artistici dell'idealismo tedesco, il rapporto tra le due arti diventa paradigmatico. Due diversi modelli di classificazione delle arti derivano direttamente dal rapporto tra architettura e musica. Nel “modello dell'organismo” dell'arte, come in Schelling, Solger o Lotze, l'architettura e la musica costituiscono i due poli essenziali da cui emergono tutti gli altri generi artistici.

Un'arte - la musica - rappresenta il momento fugace e soggettivo, l'altra - l'architettura - il momento permanente e oggettivo. Nessuna forma d'arte può esistere senza un principio musicale e architettonico. Nel modello teleologico, come in Hegel, Vischer, Schopenhauer e Carriere, tra gli altri, entrambe le arti rappresentano l'inizio e la fine di una tendenza evolutiva nell'arte che progredisce dalla materia prima allo spirituale-immateriale. In questo modello, le analogie tra le due arti riguardano solo la forma formale, esterna e mai l'essenza in entrambe le arti. L'ultimo capitolo mostra gli effetti e le conseguenze dell'affrontare la metafora e il suo ambiente spirituale nel periodo successivo.

Nelle concezioni successive dell'idealismo tedesco e nelle teorie dell'arte psicologica del periodo successivo, il rapporto tra architettura e musica fu posto su una nuova base. Il momento del temporale diventa il punto di partenza per una ridefinizione dell'architettura come arte spaziale, così come il momento dello spazio diventa importante per spiegare l'effetto psicologico della musica. Le leggi delle proporzioni in architettura erano un'espressione del vecchio pensiero metafisico dell'arte.

Nel ritmo della struttura spaziale come principio coreografico-temporale, nasce un nuovo punto di riferimento con la musica nella teoria dell'arte psicologica per l'architettura. Al contrario, il concetto di spazio dà alla musica un nuovo contesto architettonico. Nel discorso spazio-temporale della teoria psicologica dell'arte, la discussione tra architettura e musica prosegue a un livello superiore.

 

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Prevenzione e ricostruzione postsismica / Renovatio urbis

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Macerie, macerie, macerie . . . . . ancora oggi macerie!

 

Deve essere percepita come fenomeno complesso con al centro l' uomo e la città, questa considerata latu sensu, deve necessariamente essere incastonata tra polarità come antropologia umana e sociologica urbana, da una parte, urbanistica e architettura (URBATETTURA), dall' altra, tenendo in debito conto categorie come teoria (Teoria di architettura e Teoria di urbanistica) e ricerca (urbana, abitativa, edilizia, sociale, etc.), aperta ad un contributo internazionale il più ampio possibile e non consegnata ad avventurieri accademici, cotti e stracotti, della malapolitica italiana, quali sono il sedicente commissario straordinaro di turno per la ricostruzione postsismica (Pd), la capra belante del MIT, Paola De Micheli (Pd) e il suovice, l' asino ragliante Giancarlo Cancelleri (M5S), ingegneri, architetti e geometri montati dalle catene di montaggio di sedicenti università e istituti tecnici, giuristi passatempo e istituzioni nate fallite, etc., tutti a danzare, ora attorno al sarcofago contenente ecobonus e sismabonus al 110 % con sconto in f(r)attura in stato avanzato di putrefazione buoni soltanto a generare commiserazione in Paesi come Svizzera, Austria, Francia, Germania, Olanda e i Paesi „frugali“ del Nordeuropa. Che vergogna!

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