Il futuro dell' abitare o l' abitare in un futuro che è già presente?
Il futuro dell' abitare o l' abitare in un futuro che è già presente?
Tutto doveva avere inizio in una avveduta ricostruzione postsismica con al centro le tipologie edilizie fulco della città medievale italiana: la casa urbana „a schiera“ e la casa „a torre“. I centri minori dell' Italia centro-setttentrionale, l' approfondimento del lavori di autorevoli studiosi del passato, da Enrico Guidoni e Luigi Piccinato a Leonardo Benevolo, in snergia con didattica e ricerca nelle Scuole di Architettura avrebbero potuto offrire più che spinti, anticipazioni sulle dinamiche che hanno coinvolto la città in molti Pesi del mondo anticipate come sono sono state negli anni Venti del secolo XX dai protagonisti di movimenti come l' Existenzminimum di Alexander Klein, il Bauhaus di Walter Gropius, la Vienna „rossa“ di Karl Ehn, che posero al centro più del dibattito, della realizzazione concreta ispirata e trascinata da istanze sociali e percepita da una Politica socialdemocrata degna di questo nomre, l' abitazione, senza per questo farci dimenticare certe malformazioni del Movimento Moderno, in ispecie riguardo al fenomeno-città con le le più tardi aspre prese di posizione di socilogi di punta come Alexander Mittescherlich, filosofi sociali come Henri Lefebvre, antropologi come Marc Augé, etc. Nel crogogiuolo di queste indimenticabili esperienze l' Italia, a partite una certa sensibilità manifestata dal Fascismo per l' edilizia economica e popolare, ha svolto, e continua a svolgere, un ruolo che cenerentola è diventato insignificante, per via di una (mala)politica che non mai ha trovato un sussolto di riscossa. La ricostruzione postsismica, in ragione die caratteri ispiratori, sociali e artistici delle due tipologie residenziali testé ricordate, avrebbe potuto e dovuto fare da ispirazione guida nell' affrontare in maniera eminente culturale le due questioni che continuano ad affliggere le società moderne: abitativa e urbana all' interno di quel grande ambito che raccoglie polis, urbs, quali matrici indiscusse della città europea. Nulla di tutto questo in passato e assoluta prospettiva di ripensamento nel presente e, ahinoi, in un futuro che continua a sfuggirci dalle mani e dalle coscienze, attratti come siamo dal fatuo e inibiti dal banale e dal superficiale che strangolano sul nascere ogni impulso alla riscossa e ad una rinascenza morale e culturale.
L' assenza di dibattito sulle nuove forme del vivere e dell' abitare sottoposte a rapidi mutamenti, che certamente non sono gli scimmiottamenti in corso nella Milano contemporanea, altro non è che il risultato del non aver capito, oltre i bisogni della società, il ruolo che la digitalizzazione svolge già nei trends dell' abitare e il contributo che può dare all' abitare del futuro.
Come abiteremo nel 2025, cioè dopodomani?
Dalle risultanze di prognosi e statistiche a tutti note, tranne alla politica politicante italiana ed ai suoi avventurieri, la popolazione dei Paesi occidentali è sottoposta ad un processo di contrazione cui fa contrasto il trend di una crescita vertiginosa dei nuclei familiari che possiamo riassumere nei seguenti aspetti: negli anni Settanta nei Paesi della Mittel-e Nordeuropa la famiglia media era mediamente costituita da tre persone; nei venti anni successivi il passaggio a due persone è stato graduale e oggi il trend di nuclei monofamiliari è in rapida crescita. Si tratta del trend della cosiddetta „individualizzazione“ della società che si ripercuote sui modi di abitare. La questione che pertanto si pone è: come si svilupperano queste tendenze? Quali i concetti richiesti all' abitare in un futuro che è già oggi?
Smart Living – Il tema per eccellernza
<L' abitare intelligente> è lo slogan (o uno dei tanti) affrontato dall' economia energetica in congressi, esposizioni e mostre di settore. Poiché l' impiego di tecnologie-Smart Home (o domotica) offre interessanti possibilità di automazizzazione e collegamento in rete dei processi domesitici nella casa il cui Smart Living, l' abitare intelligente, dovrebbe rendere più facile la vita quotidiana introducendo nei nuovi sistemi dell' abitare elementi di arredamento e apparecchiature speciali comandati da un display comunicanti tra loro e in grado di governare, anche automaticamente, la tecnica domotica (riscaldamento, illuminazione, intrattenimento, irrigazione del giardino, sistemi multimediali, etc.) a tutto vantaggio della sicurezza e dell' efficienza energetica, ma anche di rendere più agevole la vita a persone anziane consentendo un impiego più razionale dei servizi sociali di assistenza a domicilio o a portatori di handicap: p.e. la casa a misura di portatore di handicap di sordità!
Nuovi modelli di Third Place Living, o della Teoria del Terzo Posto terzo spazio abitativo: la città come paesaggio per abitare
Il caos urbano viene trasformato in un grande paesaggio abitativo: quel concetto globale ispirato da sociologi come come l' americano Ray Oldenburg che nel 1989 coniò il termine di <third place>, per definire un luogo diverso dalla casa e dall' ufficio. Un luogo d' incontro neutrale ed accogliente come lo sono il bar, il mercato, la piazza e, con il mercato e la piazza (ma anche la strada da riconsegnare al cittadino) ecco ritornare agli elementi costititutivi della città medievale italiana, via . . . via trasferiti alla città europea. Per Ray Oldenburg l' abitazione è <primo luogo>, il posto di lavoro il <secondo luogo>, mentre il <terzo luogo> è lo spazio per l' incontro. Di riflesso, grazie a laptop, tablet, smartphone (italiano: „cellullare“, quello che in altri tempi serviva per il tasporto di delinquenti nelle corti d' Appello), internet i confini tra la casa e il posto di lavoro tendono lentamente a diradarsi e a fare degli spazi „terzi“ luoghi di comunicazione in rete, dell' incremento, del rilassamento e del „semplicemente essere“. E, in buona sostanza, cosa possiamo immaginarci come „luoghi terzi“? Tra questi, l' abitazione e il posto di lavoro possiamo immaginarci la cucina decentrata che può essere affittata per cucinare assieme grandi saloni-living, bar, cafè e coworking-spaces (spazi-laboratorio in comune). Insomma sono luoghi della nostra vita quotidiana da non considerare spazi privati. E così la nostra abitazione diventa un ritorno al privato al posto di punto centrale della vita nel quale aspetti e interessi di rappresentatività finiscono per non essere stimolati.
Collaborative Living
Nell' era della Shareconomy – quel contenitore di concetti d' impresa, modelli di economia, piattaforme, comunità online e offline e pratiche che rende possibile un uso comune di tutte o parte delle risorse -, tecniche culturali collaborative vengono trasferite all' abitare, sicché in futuro più funzioni domestiche di un tempo vengono trasferite altrove.
L' abitare diviene decentrato donde in futuro la qualità dell' abitare viene definita non più dall' ampiezza e dall' arredamento dell' abitazione, bensì da nuove opzioni d' uso e modelli abitativi flessibili all' interno delle case e dei quartieri. Insomma Collaborative Living inteso come abitare decentrato con gli spazi abitativi che accolgono soltanto funzioni essenziali. Tutto il resto viene svolto altrove.
E allora certi modi comportamentali nella realtà dei media sociali nei quali scambio e comunicazione sono condivisi, poiché graditi, vengono trasferiti nella cultura dell' abitare- Proprio in relazione al crescente fenomeno dell' inurbazione e dei conseguenti mutamenti demografici e sociali, le città si trasformano vieppiù in metropoli e le metropoli in megacity (popolazione superiore a 10 milioni di abitanti) che a loro volta cambieranno radicalmente il modo di vivere e abitare. Quali le conseguenze e le sfide per l' umanità? Case e appartamenti a costi e affitti sostenibili, città vivibili con offerte di luoghi dove poter ritrovare sé stessi, spazi a verde e spazi liberi con la la richiesta crescente di <microappartamenti> Pertanto il Collaborative Living come parte della strategia risolutiva sulla via di città vivibili? Come dovranno adattarsi i concetti di Architettura ai nuovi principi dell' abitare? Il <container> come nuovo spazio di vita? (v. un nostro articolo su www.teorico.eu).
Già dagli anni Venti del secolo scorso si sono avute proposte di edilizia modulare sviluppando all' uopo elementi standard che potevano combinarsi a piacimento secondo fabbisogno, compatibile col principio del dividere e dell' uso temporaneo. Uno degli oggetti modulari e standardizzato di grande successo è stato proprio il container. Si tratta di una scoperta del mondo globalizzato cresciuta nel tempo con l' incremento delle reti di trasporto ferroviario. Il container è la quintessenza di mobilità e globalizzazione sotto la pressione del traffico-merci internazionale del 20. Secolo alla ricerca di un contenitore standardizzato da trasporto che dal 1956 in poi finì per conquistare navi e automezzi pesanti su gomma. A partire dal 1970 questi container furono utilizzati per la prima volta come uffici, cliniche temporanee e spazi abitativi, in ispecie negli Stati.
(ll costo di una "casetta" arredata per una famiglia di terremotati è il doppio di un container abitabile. E il risultato? Meglio non parlarne).
Container-C A SAbitare in container era „chic“ ed uno dei vantaggi di non poco rilievo di questa forma dell' abitare è senza dubbio il costo esiguo. In maniera rapida ed economica vengono trasformati in spazi abitativi, in particolar modo per studenti (certamente non in Italia!). L' idea che però nel container sia facile realizzare spazi abitativi economici è stata controversa, poiché il „lusso“ di potervi abitare ha posto dei limiti.
H o t e l
Il Collaborative Living è in marcia
Il decentramento dell' abitare sembra corrispondere alle aspettative sul futuro, come dimostrano i trends dello sviluppo demografico degli ultimi anni. La famiglia tradizione è ormai un modello in esaurimento. Giovani e anziani vivono spesso soli accelerando così la costituzione della forma abitativa <Singles> o die nuclei monofamiliari alla quale si aggiunge l' altra della famiglie-Patchwork con figli da precedenti e dissolte unioni e nuclei familiari di diverse generazioni. È da queste realtà che continua ad espandersi il megatrend del Collaborative Living. Le funzioni che un' abitazione deve assolvere vengono ridotte all' essenziale e per anziani la cucina e lo spazio per il pranzo in comune acquisiscono una particolare accettanza in quanto luoghi d' incontro. Siamo allora in presenza di un rinascimento dello spazio pubblico che accanto alla riduzione all' essenziale degli spazi abitativi esalta la rivalutazione dello spazio pubblico riconducendoci così alle funzioni assunte in passato da strada, piazza e mercato.
Chiudiamo questa breve panoramica sui nuovi modelli dell' abitare con un richiamo al <Conceptual Living> ed alle unità abitative modulari in considerazione del dato che il ridimensionamento degli spazi abitativi e conseguentemente dell' abitazione tradizionale, si tratti di appartamento o casa unifamiliare, pone delle sfide non soltanto all' architetto, ma anche al designer nella considerazione che mobili polifunzionali assumono già un ruolo rilevante per i modi dell' abitare contemporaneo. Questo è il carattere precipuo del Coceptual Living per il quale anche col ricorso a pareti attrezzate e a mobili più versatili, lo spazio viene articolato in ambiti funzionali. Se prima un vano o uno spazio doveva soddisfare ad una determinata funzione (notte, soggiorno, studio, etc.), la tendenza ormai affermata è quella delgli spazi polifunzionali con la camera da letto che è nello stesso tempo Home-Office e il soggiorno a contenere lo spazio-pranzo in guisa che le <strutture> spaziali si trasformano in <zone> spaziali“ e le funzioni da rigide in flessibili con notevoli risparmi in standard di superfici e costi di costruzione (Giappone docet) Dalla pianta <chiusa> alla pianta <aperta> con il ricorso ad elementi modulari grazie ai quali l' abitazione è adattabile alle diverse fasi della vita. Lo spazio di soggiorno subisce una riduzione della superficie allorché parte di questa viene adibita a spazio di lavoro con conseguente libertà di progetto e di arredamento.
A nascere è così anche una <idea di città> nuova con un nuovo sistema di valori, principi e strategie che legano in un sistema unitario la visione della città e la ricomposizione delle sue parti, da un lato, la cultura del progetto architettonico e la ricostruzione dello spazio urbano, dall' altro, a segnare cos la fine definitiva della nefasta città funzionale propugnata dal Movimento moderno`, ma anche del Piano Regolatore Generale imprigionato dai cavilli di perequazioni urbanistiche, dai gangli delle rigide destinazioni d' uso e dal dktat di quel disonesto <indice di cubatura>, cagione della più sporca speculazione fondiaria ed edilizia mai conosciuta nelle democrazie occidentali, che ha fatto dimenticare il progetto urbanistico essere, come il progetto architettonico, <composizione> e momento creativo dai quali – e soltanto dai quali – è possibile poter far nascere URBATETTURA (URBAnistica + archiTETTURA).