Huffingtonpost 12/01/2022 10:56 CET | Aggiornato 7 ore fa
L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)
Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali
MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)
(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)
Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.
La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.
L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.
È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.
Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021
Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.
Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.
Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.
Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.
Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.
C O M M E N T O
La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.
Huffingtonpost 12/01/2022 10:56 CET | Aggiornato 7 ore fa
L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)
Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali
MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)
(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)
Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.
La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.
L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.
È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.
Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021
Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.
Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.
Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.
Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.
Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.
C O M M E N T O
La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.
Huffingtonpost 12/01/2022 10:56 CET | Aggiornato 7 ore fa
L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)
Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali
MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)
(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)
Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.
La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.
L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.
È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.
Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021
Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.
Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.
Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.
Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.
Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.
C O M M E N T O
La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.
Huffingtonpost 12/01/2022 10:56 CET | Aggiornato 7 ore fa
L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)
Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali
MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)
(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)
Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.
La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.
L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.
È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.
Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021
Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.
Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.
Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.
Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.
Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.
C O M M E N T O
La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.
Huffingtonpost 12/01/2022 10:56 CET | Aggiornato 7 ore fa
L’infinita crisi abitativa in Spagna (di G. D'Adda)
Dopo 13 anni e 700.000 sfratti, il sistema politico non ha ancora trovato soluzioni efficaci e continua a opporsi alle proposte dei movimenti sociali
MADRID, SPAIN - NOVEMBER 11: Activists are expelled by police from the building where they were trying to stop the eviction on November 11, 2021 in the Carabanchel neighborhood of Madrid, Spain. Cristian, Aroa and their children have been evicted after nine years when their house changed ownership. An activist was arrested and neighbors in Carabanchel have unsuccessfully tried to stop the eviction. (Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images)
(di Gabriele D’Adda, Università degli Studi di Catania)
Pochi giorni fa, Carlos e la madre settantaduenne sono stati sfrattati dal proprio appartamento nel centro di Barcellona. Non sono bastati a impedire lo sfratto né il fatto che Carlos e la madre possedevano tutti i requisiti per beneficiare della moratoria sugli sfratti approvata dal governo, né una direttiva delle Nazioni Unite che intimava la sospensione del provvedimento, né il supporto di vari movimenti sociali. Quello di Carlos e sua madre non è un caso isolato. In Spagna negli ultimi 13 anni sono stati eseguiti oltre 700.000 sfratti, nonostante il diritto all’abitare sia garantito dall’articolo 47 della Costituzione spagnola.
La precarizzazione del diritto all’abitare in Spagna affonda le sue radici nel cosiddetto “modello spagnolo” per cui, fin dalla dittatura franchista, il settore edilizio è stato considerato come uno dei pilastri principali della crescita economica. Questo modello ha privilegiato l’accesso all’abitare attraverso l’acquisto, a scapito sia dell’affitto sia dell’edilizia residenziale pubblica. Nei primi anni duemila, la retorica della casa come investimento sicuro e un accesso al credito estremamente agevolato hanno spinto la corsa delle famiglie spagnole ai mutui.
L’arrivo della crisi finanziaria globale ha però innescato in Spagna una crisi economica drammatica e un’impennata vertiginosa del tasso di disoccupazione. Mentre il governo era impegnato nel salvataggio del settore finanziario (costato più di 76 miliardi di euro), centinaia di migliaia di persone che si erano indebitate per l’acquisto di una casa si sono trovate senza lavoro. Trovandosi nell’impossibilità di ripagare i propri debiti, molte di queste persone hanno subito provvedimenti di sfratto. Come se non bastasse, nel 2013 il governo del Partito Popolare ha approvato una legge che ha reso più flessibile il mercato degli affitti contribuendo a un aumento incontrollato dei prezzi degli affitti, in particolare nelle zone costiere e nelle città turistiche.
È su questo sfondo che tra il 2008 e il 2019 sono stati eseguiti 770.000 pignoramenti (attraverso cui banche e istituti di credito hanno espropriato forzosamente case comprate attraverso prestiti legati a ipoteche) e 684.000 sfratti.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato questo quadro. Il governo spagnolo, sostenuto dal 2019 da una coalizione tra Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos, ha introdotto alcune misure per mitigare l’impatto della pandemia, tra cui una moratoria temporanea sul pagamento delle rate di mutui e affitti, una moratoria parziale sugli sfratti per i nuclei familiari vulnerabili e un’estensione automatica dei contratti di locazione durante la pandemia. Tuttavia, i dati raccontano come gli sfratti siano continuati, a eccezione del secondo trimestre 2020 quando, a causa del lockdown, gli uffici giudiziari sono rimasti chiusi.
Sfratti in Spagna, per trimestre, nel periodo 2019-2021
Una risposta a questa tripla crisi (economica, abitativa e sanitaria) è arrivata dai movimenti sociali. Fin dal 2009, movimenti come la PAH (Plataforma Afectadas por la Hipoteca), nata per supportare le persone con problemi ipotecari, i sindacati degli inquilini e le associazioni di quartiere si sono organizzati per supportare le persone in situazione di crisi abitativa. Hanno promosso negoziazioni dirette con banche, proprietari immobiliari e settori della pubblica amministrazione per bloccare gli sfratti e messo in campo azioni dirette di occupazione di edifici vuoti di proprietà delle banche per offrire un alloggio temporaneo a persone sfrattate.
Ma i movimenti sociali non si sono fermati qui: hanno anche elaborato una serie di proposte di legge per introdurre misure concrete per tutelare il diritto all’abitare. Tra queste, vi è una proposta legislativa nazionale, presentata nel 2013 con il supporto di più di un milione e mezzo di firme, che è però naufragata a causa dell’opposizione del governo guidato dal Partito Popolare.
Negli ultimi due anni i movimenti sociali hanno elaborato una nuova proposta dilegge appoggiata da oltre 120 organizzazioni e sindacati che mira a introdurre una moratoria sugli sfratti, regolamentare il mercato degli affitti e incrementare il parco di edilizia pubblica residenziale. Lo scorso 15 dicembre, tuttavia, i 120 voti contrari del Partito Socialista sono stati determinanti, insieme a quelli dei partiti di destra, per impedire che questa proposta di legge continuasse il proprio iter legislativo.
Nel frattempo, anche il governo ha presentato una proposta di legge sul tema dell’abitare, che prevede, tra l’altro, una forma di regolazione degli affitti molto parziale e la proibizione solo temporanea (per un periodo tra i 2 e i 4 mesi) degli sfratti per persone in situazione di vulnerabilità. Secondo i movimenti sociali queste misure sono però del tutto insufficienti: sono infatti analoghe a quelle in vigore durante la pandemia, che però non hanno impedito lo sfratto di Carlos e sua madre, così come di altre 50.000 persone.
Nonostante questa sconfitta sul fronte legislativo, i movimenti sociali per il diritto all’abitare hanno già annunciato una serie di emendamenti alla proposta di legge del governo e continuano a mobilitarsi quotidianamente, spesso con successo, per bloccare gli sfratti e rendere effettivo il diritto all’abitare in Spagna. È però chiaro anche a loro che, in assenza di misure strutturali e di un impegno serio da parte del governo, la Spagna rischia di precipitare ancora di più nell’abisso di una crisi abitativa senza fine.
C O M M E N T O
La soluzione non sono i boschi verticali, bensì una ricerca paziente che, in uno con un lavoro a dignità d' uomo, possa essere capace di offrire una dimora BES: bella, economica e sicura. È possibile e va riscoperta nella tipologia residenziale della casa urbana "a schiera", monofamiliare, trigenerazionale (genitori, figli e nonni) e plurifamiliare nel contesto di un' autentica rigenerazione urbana in grado di riconciliare l' uomo alla città rileggendo il percorso che dalla polis, attraverso l' urbs ha condotto alla "civitas" medievale (italiana) e, infine, alla città europea.
La cosiddetta Hegel House prende il nome da uno dei figli più famosi della città di Stoccarda. Stiamo parlando di Georg Wilhelm Friedrich Hegel. È la casa dove nacque il filosofo e dove vide la luce il 27 agosto 1770.
La particolarità di questa casa: nonostante diverse guerre, durante le quali Stoccarda è stata in parte gravemente distrutta, la casa di Hegel è stata sempre risparmiata ed è quindi in gran parte nel suo stato originale oggi. È quindi un'interessante testimonianza contemporanea e nel frattempo è diventata anche un simbolo della città.
Ma prima alcune parole sull'omonimo della casa: Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque nel 1770 come figlio di un segretario di camera ducale e di sua moglie. In giovane età riuscì a farsi un nome a livello nazionale come filosofo, soprattutto nell'area dell'idealismo tedesco. La sua esigenza di una conoscenza comprensiva e dello spirito assoluto segnano il suo carattere e la sua opera, e hanno costituito la base per molte successive generazioni di filosofi. Durante la sua vita, Georg Wilhelm Friedrich Hegel si dimostrò estremamente interessato a molte cose e si occupò di vari settori della filosofia. Questi sono z. B. alla filosofia della storia, alla filosofia naturale e anche alla filosofia dello spirito.
Dopo aver vissuto nella sua città natale a Stoccarda, che si trova in Eberhardstr. 53 trovato, vissuto, fu finalmente trascinato nel vasto mondo. Nonostante il tempo relativamente breve nella casa in cui è nato, questa casa ha raggiunto presto la fama ed è stata chiamata "Casa Hegel" secoli fa. Nulla cambiò quando il filosofo morì dopo una breve malattia a Berlino nel 1831 all'età di 61 anni. Fu infine sepolto nel cimitero di Dorotheenstadt in quella che oggi è la capitale tedesca.
Dopo che la Hegel House ha ospitato per anni un'ampia varietà di negozi, tra cui una farmacia, diversi negozi di alimentari e una libreria antiquaria, la città di Stoccarda ora utilizza la casa per diverse mostre sulla vita di Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Particolarmente interessanti sono le mostre “Stoccarda al tempo di Hegel dal 1770 al 1831” e “Da Stoccarda a Berlino - Le stazioni della vita di Hegel”. In queste mostre impari non solo molto sulla vita e l'opera di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, ma anche sullo sviluppo della città di Stoccarda e dell'intera regione.
Da segnalare anche il Caffè Filosofico nella Casa di Hegel, che oggi attira visitatori da tutto il mondo. Questo caffè va inteso come un “luogo di incontro filosofico” ed è stato realizzato da un comitato appositamente costituito. Gli interessati possono incontrarsi ogni sabato mattina dalle 10:30 alle 12:00 nella storica cantina a volta della Casa Hegel. Qui tutte le tesi filosofiche possono essere discusse e approfondite in un'atmosfera rilassata. E affinché la mente possa attingere abbastanza forza, ci sono torte, salatini e un caffè profumato.
Nella vita di tutti i giorni, la domanda filosofica su cosa significhi effettivamente vivere non ha un ruolo. Viene soppiantato dalle urgenti esigenze pratiche dell'organizzazione della vita e dalle sfide sempre crescenti del finanziamento di un appartamento, soprattutto nelle città in espansione alla moda e in numerose città universitarie. Nel senso stretto della parola, anche il vivere non è affrontato dalle scienze; Il focus è invece sulle questioni derivate, in sociologia la mediazione sociale dell'abitare, in economia l'appartamento come merce (come investimento, redditività e oggetto speculativo) e in architettura e ingegneria la progettazione e costruzione tecnica di edifici residenziali. Nel seguente articolo, sul confine tra scienze umane e scienze sociali, indago sulla questione di come e quali luoghi e pratiche dell'abitare si rappresentano. In questo seguo la richiesta di Martin Heidegger di rendere l'abitare memorabile, perché tutti gli edifici che sono destinati a servire l'abitare (direttamente e indirettamente) possono essere costruiti con cura solo dopo aver chiarito la nostra comprensione dell'abitare.
Housing - un approccio
Vivere va oltre "abitare" e significa soprattutto "abitare". Esige da ogni individuo un pensiero percettivo, compassionevole e responsabile, l'attenta pianificazione e progettazione costruttiva degli spazi attraverso i luoghi. Vivere non è passivo. Essendo-con-gli-altri, cambia il mondo - non solo di fatto, ma anche atmosferica.
Il modo in cui le persone vivono è un'espressione della tradizione e del costume, uno specchio dei tempi e degli standard tecnici. Le abitazioni più antiche (era glaciale) erano buche nel terreno e grotte naturali, poi semigrotte e capanne fatte di sterpaglie e foglie nell'età della pietra. Nel Neolitico vi erano palafitte nel Nord Europa, nell'età del Bronzo vi erano edifici rotondi con semplici tetti conici. Dopo lo sviluppo di tecniche di falegnameria differenziate, seguirono semplici costruzioni in blocchi. Tutte le abitazioni dovrebbero offrire protezione dal vento e dalle intemperie, dalle stagioni, dai nemici e dagli animali selvatici. Nella pratica di utilizzare i mezzi di isolamento necessari per questo, diverse culture viventi si sono formate fino ai giorni nostri . Nel 21° secolo, le seguenti domande chiave sono associate alla vita:
[3] Cosa fai quando vivi? Chi vive con chi? Come viene vissuta la vita? Come si arriva all'appartamento? L'importanza di vivere qui si concentra sul mondo spaziale dell'appartamento . Uno sguardo alla vita dei senzatetto solleva ancora di più la questione di come e se vivano anche coloro che non hanno un appartamento. Questa domanda è allo stesso tempo: si può vivere solo di persona o negli spazi comuni interni, di solito si fa una telefonata " abiti da vivere ", o anche in città? Il giardino (non importa quanto piccolo) accessibile tramite la terrazza appartiene all'appartamento e il balcone nell'appartamento di città. Di conseguenza, l'abitare non si limita agli spazi interni. Ma "fuori" ci sono anche le strade, i negozi, il mercato e la stazione dei treni. Tuttavia, non tutti i luoghi dello spazio pubblico possono essere attribuiti alla vita. Per il filosofo Hermann Schmitz, il residente di una città (in contrapposizione all'"utente") si caratterizza per il fatto che, con la sensazione di essere a casa, è cresciuto insieme a luoghi che non sono solo luoghi da affrontare .] La soglia tra il complesso residenziale radicato in un'area e l'uso prettamente funzionale dei siti verorteter ha per lui carattere atmosferico. Il confine tra ciò che è unico nel mondo domestico dell'abitare e ciò che è strano in un mondo (almeno psicologicamente) distante è fluido e si sviluppa e cambia con il cambiamento delle situazioni di vita. Negli anni '50, un aumento della mobilità ha portato lentamente a un cambiamento nelle forme di vita. La vita sedentaria divenne sempre più una cosa ovvia.
Nelle società altamente mobili e globalizzate, la vita quotidiana ha subito un'accelerazione immensa da allora, a volte di più (ad esempio con gli uomini d'affari), a volte di meno (come con gli impiegati) e in modi molto diversi (dalle frequenti mosche all'aumento dell'uso delle biciclette in centro). È vero che il significato di "vivere" è legato allo stare e perseverare , sentirsi a proprio agio e contenti benessere in un posto; ma non si tratta di una sorta di "bloccato" nello spazio. Le persone della tarda età moderna vivono tra l'essere in movimento e il riposo: "in transizione". Vive (a volte) qui e (a volte) lì così come per le sue vie - in una via di mezzo. Il "vagare" apre spazi abitativi. I movimenti allocativi del proprio corpo da un luogo all'altro ei movimenti esistenziali della vita sono inscritti nelle biografie così come nella storia (s) delle strutture sociali più piccole e più grandi. Nella tarda era moderna, la maggior parte delle persone non vive in un posto per sempre . È così che praticano lo scivolamento vivendo in un ambiente fluido. La maggior parte delle persone vive nelle città e lì in grandi serie di complessi residenziali. Tali "fabbriche abitative" sono il modello della Carta di Atene.
Ha diviso le persone in segmenti funzionali e le ha impiantate in un mondo di sistema macchinista. Questa finzione modernista-anti-individualista tiene sotto controllo l'organizzazione spaziale della vita nelle città anche oggi. Gli edifici sorti sotto il potere del mito dell'industrializzazione hanno sempre messo in pratica programmi criptici di educazione umana segreta. Nella loro collocazione in grandi complessi residenziali, alle persone dovrebbe essere assegnato un posto sociale nella società e quindi dovrebbe essere assegnata un'identità (nella DDR attraverso il "socialista" e nella Repubblica federale attraverso l'edilizia abitativa "sociale").
Vivere come espressione esistenziale
Il tipo (e il design) di un appartamento riflette la situazione abitativa di una persona, famiglia o qualunque gruppo di persone sia formato. È vero anche il contrario: l'appartamento individua anche i residenti. Fino ai primi del Novecento il padrone di casa ha vissuto con la famiglia e la servitù nella tenuta, l'alta nobiltà in edifici aristocratici (castelli e palazzi), contadini in semplici case coloniche, impiegati e operai in appartamenti in affitto. Questa struttura gerarchica piuttosto semplice è implosa da tempo: le persone anziane bisognose di cure vivono in case o residenze per anziani . I dipendenti affittano e acquistano case unifamiliari o campeggiano - come molti camper fissi - in roulotte e case mobili. I giovani lavoratori autonomi prendono parte a progetti abitativi alternativi o si stabiliscono in lussuosi appartamenti in case di portineria postmoderne . I "comuni" degli anni Sessanta vivevano in appartamenti; ma erano meno interessati alla vita che al "tentativo di rivoluzionare l'individuo borghese" trovare modi di vita alternativi. "Vivere" e "vivere" non sono termini opposti, ma due pieghe di una situazione esistenziale. Non tutti i modi di vivere sono scelti. Coloro che - come i senzatetto che fluttuano nella stanza - devono spostarsi da un luogo all'altro e non hanno la minima vita a metà sono diversi in città rispetto alle persone stabili, specialmente tra i privilegiati economicamente. Chi non ha (più) un appartamento vive spesso "a verbale" negli spazi pubblici. I sofferenti sono doppiamente situati - per la natura del loro Sole -Lebens e (come risultato dell'attribuzione di identità) per esclusione sociale. Soprattutto è lei che sottrae alla preoccupazione la vita improvvisata all'aperto e indifesa e solo in casi eccezionali la rende cosciente come surrogato, in sostituzione o emergenza abitativa. Eppure la permanenza precaria dei senzatetto negli spazi pubblici e semipubblici potrebbe rendere la vita in generale memorabile. Tuttavia, il luogo più naturale in un appartamento ordinario merita un'attenzione interrogativa: il soggiorno. Fino alla metà del XX secolo, era quasi mitizzato come un luogo caldo degli ideali borghesi e dotato di un'industria di "mobili per la casa" ad ampio raggio secondo il ritmo delle ondate cicliche della moda. Tuttavia, dietro il segno del postmodernismo tecnologico-mediale, lo scopo del "salotto" si è staccato in molti luoghi: dallo spazio sociale del "noi" al semi-deserto comunicativo di una bolla televisiva e dell'intrattenimento costantemente pulsante. L'influenza degli sforzi di costruzione della comunità sta diminuendo, a favore di inondazioni immersive e sconfinate di immagini provenienti da macchine dell'immaginazione dei mass media di ogni tipo.
Costruire e vivere
In antico alto tedesco significava costruire: "Il modo in cui sei e io sono, il modo in cui noi esseri umani sulla Terra sono ., Il Baun, i vivi" . Costruendo, le persone creano un luogo in cui vivere. "Vivere e costruire sono in relazione tra loro nel rapporto di fine e mezzo." Nella Costruzione sorgono (comprese le condizioni materiali) per tali persone sulla Terra sono e possono condurre le loro vite. Ecco perché "costruire" sta etimologicamente accanto a "esistere", che si esprime fortemente in "vivere" ma piuttosto debolmente in "abitare". I senzatetto in fuga non possono né vivere né costruire finché fuggono, perché la loro mobilità non segue una forma coltivata di vita errante (come con i nomadi). Ma le strutture ausiliarie fatte di cartone, legno di scarto e materiale da costruzione abbandonato avanzi per una o due notti, che servono ai senzatetto come rifugi di emergenza e proteggono i senzatetto nel modo più minimale, sono strutture (improvvisate). Ma sono anche luoghi di residenza per questo motivo? I nomadi vivono anche in luoghi (temporaneamente) fissi e in movimento. Tuttavia, la loro vita errante è l'espressione di una tradizione e non il risultato di vere difficoltà. Il loro soggiorno spesso solo breve in abitazioni dismesse offre un rifugio confortevole, tranquillo e suggestivo grazie alle cose familiari che hanno portato con sé e alle situazioni in continua evoluzione dell'essere a casa. Non da ultimo per questo, il nome della yurta (per la tenda rotonda dei nomadi) è anche associato al significato della casa. Al contrario, la situazione dei senzatetto significa che la permanenza fluttuante nello spazio pubblico è più salvavita e l'esenzione grezza in non protetta. Non offre alcuna opzione di casa. L'edificio lascia residui, spazzatura, buche, spazi vuoti - problemi per chi viene dopo di loro. Le persone fisiche, le aziende e le società, però, non fanno affidamento solo sulle proprie risorse, ma anche sui beni comuni: materiali finiti della natura e risorse sociali di terzi. Anche perché il mondo dell'abitare ha cominciato a spaccarsi in modo socio-economico discutibile, si rivendica una revisione critica dell'abitare. Laddove la produzione edilizia di appartamenti serve solo a massimizzare i profitti da affitti esorbitanti, che distruggono anche il più piccolo spazio abitativo, l'edilizia e l'abitare devono diventare memorabili. Tanto più che spesso sono abbastanza i senzatetto che permettono la loro pseudo-edificazione con i rifiuti e gli avanzi dell'edilizia “normale” che viene divorata dai materiali.
Culture viventi disparate
Anche nelle società urbane dell'antichità le condizioni di vita non erano uguali (qualità), ma piuttosto caratterizzate dalla differenza sociale. Nella tarda era moderna neoliberista, il divario tra ricchi e poveri si allargava e le forme di vita seguivano sempre più solo un percorso economico. La frammentazione sociale della società mostra nel suo volto spaziale (urbano) dell'abitazione come e dove le persone sono radicate. Il grattacielo attira nelle metropoli alla moda come un mondo da sogno per eccellenza. Nomi clamorosi come "Onyx", "Omni Tower", "Tower 90", "One Forty West" o "Praedium" stanno (usando l'esempio della città di Francoforte sul Meno) per la massima stravaganza e la più alta "cultura" di rappresentazione. Prezzi al metro quadro radicalmente esagerati garantiscono effetti di bottega chiusa nella vita cittadina, che rendono ridicola ogni retorica di “inclusione” a sfondo socio-politico.
Il contromondo del glamour si rivela da un lato nell'espulsione dei senzatetto, dall'altro nel loro luogo di residenza sotto forma di un'occupazione fluttuante di alloggi di emergenza improvvisati-informali (compresi i livelli B di sotterranei e treni suburbani) e angoli bui (accanto ai moli dei ponti e negli sporchi ingressi delle proprietà di demolizione). Ci sono aree di sosta (temporanei), i senza tetto di elemosine non monetari dato essere - "doni", nel senso della parola, perché non richiedono equivalente al di qua di ogni logica dello scambio. Il danno socio-economico collaterale di un'economia scatenata dal neoliberismo si rivela nei luoghi in cui le persone vivono invece di vivere: biografie tragicamente sfuggite di mano e "cadute nel dimenticatoio" di sogni di vita più modesti che fantastici, esuberanti. Se ci sono anche stanze di "gioco" monetarie che situano in modo speciale la vita e definiscono il quadro di ciò che è possibile in essa, non ci sono solo contrasti abbaglianti e clamorosi - per così dire tra la mensa dei cappuccini e la residenza nobile . Ci sono anche laboratori viventi sperimentali per i campi della classe media. Originali e innovative in questo senso sono le cosiddette tiny house, progettate per generare i massimi benefici abitativi negli spazi più ridotti e per rendere accessibili gli affitti cittadini. Caratteristicamente, il rinascimento è radicato in un'idea antica
nella crisi immobiliare statunitense e la tattica di fare della necessità una virtù. Le varianti collaudate in questo paese colpiscono per il loro coraggio decisamente audace di reinterpretare eufemisticamente le esigenze esistenziali dell'abitare. Se il Ministero federale dell'edilizia avvia un programma per promuovere la costruzione dei cosiddetti appartamenti vari (da 14 a 30 metri quadrati) per studenti e anziani nel 2015/16, questi micro-appartamenti dovrebbero suscitare rapidamente un vivo interesse al di là dei gruppi di utenti previsti perché sono più abbordabili rispetto ai formati comuni sul mercato immobiliare “libero”. Ciò che significa vivere nel presente non si attualizza solo ai margini (lussuriosi ed emarginati) della società, ma in un dramma strisciante già nel mezzo. Le idee viventi nate nei laboratori di tendenze urbane di New York, Londra e Amsterdam possono essere considerate "hip"; alla fine sono meno innovativi che rassegnati. Travestiti nelle vesti architettoniche della "Nuova ondata di postmodernismo", illustrano in modo più impressionante il restringimento dello pseudo-scarto politico nella progettazione dei mercati immobiliari. Il modello di co-housing o co-living (ibrido tra arcipelago di appartamenti e hotel di servizio), celebrato nell'ingenuità post-critica come la rinascita del comune , non può che essere frainteso come una forma di vita "alternativa". Metafore collettiviste, utopie di sostenibilità e democrazia di base esaltano (spesso con una forte punta di esoterismo) solo i disagi sociali di un mercato immobiliare oppressivo.
Piccole case nel senso della parola sono state a lungo i "mobili" dei castelli di carri che sfidano le norme di un'estetica residenziale regolata dai mass media. Ma i rimorchi da costruzione colorati e i rimorchi non sono creazioni alla moda del "bel vivere". Nella loro forma miniaturizzata, sono più simili a think tank . Tuttavia, ciò non impedisce alle autorità di regolamentazione di percepire ripetutamente gli insediamenti fluttuanti nel loro programma visibilmente alternativo come un fattore di disturbo e di trattarli di conseguenza. Sono una spina nel fianco della società borghese, anche perché usano la forza della comunità come spirito sperimentale per sperimentare alternative al vivere e vivere "ordinati".
Abbiamo bisogno di un'etica del vivere?
Il comando di Heidegger di considerare la vita come qualcosa di discutibile porta a un'etica del vivere. "Sarebbe sufficiente se vivere e costruire entrasse nel discutibile e rimanesse qualcosa di così memorabile ". L'obiettivo di ogni persona di condurre una vita felice si esprime anche nel modo in cui vive. Tuttavia, non è una questione di etica promuovere l' impegno individuale per la felicità (illimitata), ma cercare standard per la regolamentazione di una buona e premurosa convivenza. Poiché è improbabile che lo sviluppo "libero" delle forme di vita alla ricerca della felicità venga limitato dal potere della saggezza divina, viene rivendicata la raccolta di tutte le facoltà riflessive immaginabili dell'uomo - in altre parole: la critica del suo pensiero e della sua volontà. È ovvio che i sentimenti giocano un ruolo di primo piano, motivo per cui questi dovrebbero essere prima di tutto oggetto di un esame critico delle conseguenze di una realizzazione (illimitata) di desideri viventi. La misura normativa guida della valutazione non può che risiedere nella conoscenza dei limiti del vivere possibile. Questo è il motivo per cui Aristotele ha osservato sulla ricerca della felicità delle persone: "Il fatto che il destino della prole e di tutti gli amici non dovrebbe influenzare affatto la felicità sembra troppo disumano e contraddice le convinzioni generali".
Un'etica del vivere equivarrebbe a un programma di valutazione della filosofia esistenziale. Come un codice di "preoccupazione e una cultura multidimensionale di lungimiranza e considerazione, Heidegger ha usato la parola "risparmiare". Nell'attualità politica quotidiana, tuttavia, manca una lungimiranza come il pensiero di verifica multiprospettica, perché i limiti dei diritti di apparenza "democratici" all'autorealizzazione dovrebbero poi venire in luce critica. Non solo per questo è evidente che vivere nelle metropoli in forte espansione si avvicina a una duplice crisi: in primo luogo, quella della divisione sociale nella società e dell'abbandono della società civile, e, in secondo luogo, della disillusa intuizione della contraddizione pratica del obiettivi di sostenibilità intesa in modo olistico. Da un lato, le forme lussureggianti dell'abitare aumentano in una coreografia di esuberanza a una danza sul vulcano. D'altro canto, i crescenti problemi dei senzatetto rivelano l'enigma di una cultura dell'abitare dilaniata in termini di legittimazione politica. Numero in rapido aumento di persone affette da senzatetto richiamano l'attenzione sul fatto che la politica degli insediamenti e della costruzione di alloggi si occupa da tempo della questione esistenziale della disponibilità di appartamenti cittadini a prezzi accessibili. Già solo per questo motivo abitare sarebbe troppo sommariamente inteso come allestire con mobili o garantire un regolare approvvigionamento di energia e acqua potabile. Diventa una situazione problematica delicata in cui la migrazione interna porta ad un aumento selettivo dell'attrattività di città già ambite, mentre altre sprofondano sempre più nella crisi (infra)strutturale attraverso l'emigrazione. Di conseguenza, c'è un rischio crescente di drammatica divisione sociale. Ciò non riguarderebbe quindi solo i distretti, ma intere città. Ciò rende ancora più urgente il compito di una revisione critica dell'organizzazione sociale dell'abitare nel senso di ciò che Martin Heidegger ne intendeva: il modo in cui le persone (con gli altri!) vivono sulla terra. "Il rapporto tra le persone e lo spazio non è altro che il vivere essenzialmente immaginato." Poiché le condizioni di vita sono soggette a continui cambiamenti, la vita deve essere praticata e reimparata ancora e ancora. Ciò include non solo preoccupazioni pratiche, ma anche etiche.
La Germania va incontro ad un'altra estate calda? Gli esperti avvertono che è prevedibile. Per molte persone, che devono trascorrere il loro tempo principalmente a casa a causa della diffusione della crisi Corona / COVID19. Tutto questo comporterà l' onere: di trascorrere periodi caldi nelle mura domestiche e che edifici e quartieri dovranno essere adattati alle sfide del cambiamento climatico. Soprattutto nelle aree densamente edificate, i periodi di caldo prolungato particolarmente in estate costituiscono un problema da affrontare senza perdite di tempo. Gli aspetti, prevalentemente di fisica tecnica, da appronfidire fino agli inizi del 2021 costituiscono l' ambito d' indagine per uno sviluppo territoriale ecologico posto al <Leibniz-Institut per la ricerca sulla città resiliente al calore> e ai partner del progetto HeatResilientCity.
Le attuali restrizioni sui contatti sociali e la tendenza irreversibile verso il lavoro tra le mura domestiche (Home-Office)
Nuovi approcci organizzativi per edifici post-pandemia di corona-virus
significano che in futuro più persone trascorreranno più tempo a casa con gli anziani ad avere meno possibilità di lasciare la propria casa allo scopo di evitare contaggi. La raccomandazione di visitare luoghi climatizzati come i centri commerciali o aree verdi ombreggiate in parchi e giardini pubblici tutte le volte che il calore dentro le mura domestiche si renderà insopportabile sarà alquanto relativizzata.Al centro della ricerca sono state prese due tipologie di edifici: gli edifici di epoca guglielmina e gli edifici costruiti col sistema dei muri esterni in elementi prefabbricati di conglomerato cementizio, la cosiddetta <Stahlbetonplattenbauweise>, tipica di molti grandi complessi residenziali costruiti in Germania negli anni '70 e '80. Per gli appartamenti di entrambe le tipologie, il team di ricerca esamina lo sviluppo delle temperature al loro interno durante lunghi periodi di calore per poter definire quali le proposte di adattamento e combinazione di queste potrebbero mitigare il surriscaldamentointerno e aumentare il comfort abitativo.A tal fine, i ricercatori conducono misurazioni dei parametri climatici interni e negli spazi all' aperto come temperatura e grado di umidità ll'aria.
Si tratta di una vera sensazione. Un edificio d' abitazione, la Cooperativa d' ateliers sull' Erlenmatt, che pone in discussione molte convenzioni, progettata dall' architetto Heinrich Degelo secondo il principio „EasyJet“ con la rinuncia a qualsivoglia comfort. Neanche un impianto di riscaldamento e costi minimi di costruzione. È la Svizzera che sorprende e sollecità alle sfide tecnologiche.
„Che c' era di meglio che restare tra le quattro mura domestiche e, o uscire insieme e salire a piedi una di quelle stupende colline che si trovavano a due passi da casa sua, quasi che la Provvidenza avesse voluto fargli un bel regalo, e mettere le bellezze della sua città appena fuori dell' uscio di casa.
(Il commissario Renzi a Lucca, di Bartolomeo di Monaco)
In senso borghese le quattro mura domestiche formano una topografia di sostegno morale e spirituale.così è stato ialmeno in passato prima che si cominciasse a parlare di Co-Housing e altre diavolerie. Un' interruzione radicale della vita pubblica come quella che stiamo vivendo in questi tempi di angoscia non l' abbiamo vissuta neanche negli anni Settanta del secolo scorso, e così percepiamo che lo Stato, quando c' è, che si trasforma in Esecutivo e quando non c'é, come in „questa“ italia, è il suo sedicente „capo“ a svolgere il ruolo di „pater“ formale, in quanto non espresso dalla volontà popolare, con il Capo del Governo, pescato chissà dove e „posato“ sul trono da lanzichenecchi della malapolitica a diventare ufficiale di complemento in sottordine senza possibilità alcuna di poter diventare l' ufficiale effettivo e, pertanto, condannato a comandante di una soldatesca formatasi in una democrazia populista e popolana che, tanto per ricordare quella fine differenzazione aristotelica tra democrazia e Politica, ha preso il posto della Politica.
E allora succede che questo Stato finisce per non conescere né opposizione e né dibattiti essendo diventato in ogni senso esecutivo e istanza che obbliga il cittadino per decreti slegati da ogni logica dando luogo così al paradosso secondo il quale l' organizzazione politica della società è presente soltanto dove meno si può vedere, e cioè nell' isolamento del singolo - da certe scimmie dei giornali chiamato „lockdown“ - che poi altro non è che l' esilio scelto di sua sponte. E il cittadino cosa fa, se non gestire la paura del coronavirus che l' ha trasformato da balbettante mittente delle sue proteste, sovente affidate a sindacati, in partner del malgoverno e ricevente dei suoi appelli e misure preventive che giungono sempre in ritardo (quando giungono) contro ogni forma di emergenza.
Nel caso del riottoso virus „incoronato“ che nella comunità dei „probiviri“ si diverte a trasformare un' epidemia in pandemia, il risultato è quello di inchidare il cittadino a casa, in attesa della fine dell' avventura, senza la possibilità di conoscerne la provenienza e la carta d' identità rilasciata da un Conte „laqualunque“, a suo volta pars pro-toto dei suoi tanti nobili predecessori, che fa di tutto per mettersi in mostra come premuroso, unico e solo „uovo“ politico della prevenzione e della salute dei cittadini, senza aver capito che la prevenzione altro non è che un contenitore tecnologico e scientifico che tralaltro contiene risultati di analisi e ricerca, disposizioni di misure straordinarie e criteri di difesa, regole comportamentali, etc,, il tutto inteso e predisposto come sistema di allarme che deve precedere la prevenzione.
Cos' è allora la prevenzione se non il tributo ch' essa deve pretendere dalla buona politica e dalla società evitando di condannare il cittadino all' esperazione confinandolo nel guscio della difesa di sé stesso e dei suoi cari, percepiti come catalizzatore che trasforma la miscela esplosiva fatta di ansie in una approvazione a denti stretti?
E così igiene e prevenzione, che conobbero il loro potere nelle pestilenze del passato, con l' avvento dell' Illuminismo furono coinvolte nella crescita della società e perfezionate in un sistema reticolare di conoscenze e applicazioni fino a sollecitare critici e teorici del Potere, come Michel Foucault, a vedere in esse i principi di un disciplinamento della società in forza di quarantene e sistemi di controllo che mettono in dubbio l' efficacia della lotta ad epidemie e pandemie e a considerarle soltanto come uno strumento per porre la popolazione in uno stato di servitù.
Di conseguenza tutto assume un carattere temporale di mitigazione del rischio unicamente per deviare dalla vera sorgente dei rischi che dalla banalità di frequentazione di centri-fitness conduce dritto all' ipertrofia di raffinate tecnologie vocate al culto del fai da té e del fitness stesso.
A questo punto e in assenza dello Stato non resta che erigere le quatro mura domestiche dotandole di solide fondamenta e di un tetto che non possa essere mandato in aria dal vento.
Ma dov' è la moneta in mancanza di lavoro?
Deutsch
Die vier Hausmauern und die Verhinderung des Staates, der nicht da ist
"Dass es besser war, als zwischen den vier Hausmauern zu bleiben und zusammen auszugehen und einen dieser schönen Hügel hinaufzugehen, die nur einen Steinwurf von seinem Haus entfernt waren, als ob die Vorsehung ihm ein schönes Geschenk machen wollte, und Stellen Sie die Schönheiten seiner Stadt direkt vor die Tür. (Kommissar Renzi in Lucca, von Bartolomeo di Monaco)
Im bürgerlichen Sinne bilden die vier Hausmauern eine Topographie moralischer und spiritueller Unterstützung, wie dies in der Vergangenheit der Fall war, bevor über Co-Housing und andere Teufel gesprochen wurde. Wir haben selbst in den siebziger Jahren des letzten Jahrhunderts keine radikale Unterbrechung des öffentlichen Lebens erlebt, wie wir sie in diesen Zeiten der Angst erleben, und so nehmen wir wahr, dass der Staat, wenn es einen gibt, eine Exekutive wird und wenn er nicht ist es gibt, wie in "diesem" Italien, seinen selbsternannten "Kopf", der die Rolle des formalen "Pater" spielt, wie es nicht durch den Willen des Volkes ausgedrückt wird, mit dem Regierungschef gefangen, der weiß, wo und "aufgelegt" Thron von Lansquenets der Malapolitik, um ein komplementärer Offizier in der Unterordnung zu werden, ohne die Möglichkeit zu haben, der effektive Offizier zu werden, und daher zum Kommandeur eines Soldaten verurteilt, der in einer populistischen und populären Demokratie gebildet wurde, um sich an diese feine aristotelische Unterscheidung zwischen Demokratie zu erinnern und Politik hat den Platz der Politik eingenommen.
Und dann kommt es vor, dass dieser Staat weder Opposition noch Debatten in einem exekutiven Sinne oder Fall beendet, der den Bürger zu Dekreten verpflichtet, die mit keiner Logik in Zusammenhang stehen, wodurch das Paradox entsteht, nach dem nur die politische Organisation der Gesellschaft vorhanden ist wo weniger zu sehen ist, das heißt in der Isolation des Individuums - von bestimmten Affen der Zeitungen, die "Lockdown" genannt werden - was nichts anderes ist als das auserwählte eigene Exil. Und was macht der Bürger, wenn er nicht mit der Angst vor dem Coronavirus fertig wird, das ihn vom stammelnden Absender seiner Proteste, die oft Gewerkschaften anvertraut werden, zum Partner für schlechte Regierungsführung gemacht hat und seine Appelle und vorbeugenden Maßnahmen erhält, die immer zu spät kommen (wenn sie eintreffen) ) gegen jede Form von Notfall.
Im Fall des aufrührerischen "gekrönten" Virus, das es genießt, eine Epidemie in der "Probiviri" -Gemeinschaft in eine Pandemie umzuwandeln, besteht das Ergebnis darin, den Bürger bis zum Ende des Abenteuers zu Hause zu verbeugen, ohne die Möglichkeit zu haben, das zu kennen Herkunft und Personalausweis ausgestellt von einem Grafen "laqualunque", der wiederum pro-toto seiner vielen edlen Vorgänger ist, die alles tun, um sich als nachdenkliches, einzigartiges und einziges politisches "Ei" der Prävention und Prävention zu präsentieren Gesundheit der Bürger, ohne verstanden zu haben, dass Prävention nichts anderes als ein technologischer und wissenschaftlicher Behälter ist, der darüber hinaus Ergebnisse von Analysen und Forschungen, Bestimmungen außergewöhnlicher Maßnahmen und Verteidigungskriterien, Verhaltensregeln usw. enthält, die alle als System verstanden und vorbereitet werden Alarm, der der Prävention vorausgehen muss.
Was ist also Prävention, wenn nicht der Tribut, den sie von guter Politik und Gesellschaft erwarten muss, indem sie es vermeidet, den Bürger zu verurteilen, zu experimentieren, um ihn in die Hülle der Verteidigung seiner selbst und seiner Lieben einzuschränken, die als Katalysator wahrgenommen wird, der die explosive Mischung umwandelt aus Ängsten bei zusammengebissenen Zähnen gemacht?
Und so waren Hygiene und Prävention, die ihre Macht in den Plagen der Vergangenheit kannten, mit dem Aufkommen der Aufklärung am Wachstum der Gesellschaft beteiligt und in einem Netzwerksystem von Wissen und Anwendungen perfektioniert, um Kritiker und Theoretiker der Macht wie Michel zu erbitten Foucault, in ihnen die Prinzipien der Disziplinierung der Gesellschaft durch Quarantänen und Kontrollsysteme zu sehen, die die Wirksamkeit des Kampfes gegen Epidemien und Pandemien in Frage stellen, und sie nur als Instrument zu betrachten, um die Bevölkerung in einen Zustand der Erleichterung zu versetzen.
Folglich nimmt alles einen zeitlichen Charakter der Risikominderung an, nur um von der wahren Quelle der Risiken abzuweichen, die aus der Banalität der häufigen Fitnesscenter direkt zur Hypertrophie verfeinerter Technologien führen, die für den Do-it-yourself-Kult und die Fitness selbst geeignet sind.
An diesem Punkt und in Abwesenheit des Staates müssen nur noch die vier Hausmauern errichtet werden, indem sie mit soliden Fundamenten und einem Dach versehen werden, das vom Wind nicht gesprengt werden kann. Aber wo ist die Währung ohne Arbeit?
Inglese
The four home walls and the prevention of the state that is not there
"That there was better than staying between the four domestic walls and, or going out together and walking up one of those beautiful hills that were a stone's throw from his house, as if Providence had wanted to give him a nice gift, and put the beauties of his city just outside the door. (Commissioner Renzi in Lucca, by Bartolomeo di Monaco)
In a bourgeois sense, the four domestic walls form a topography of moral and spiritual support, as has been the case in the past before people started talking about Co-Housing and other devilries. We did not experience a radical interruption of public life like the one we are experiencing in these times of anguish even in the seventies of the last century, and so we perceive that the state, when there is one, that becomes an executive and when it is not there is, as in "this" Italy, it is his self-styled "head" to play the role of formal "pater", as not expressed by popular will, with the Head of the Government, caught who knows where and "laid" on throne from lansquenets of malapolitics to become a complementary officer in the suborder without any possibility of being able to become the effective officer and, therefore, sentenced to commander of a soldier formed in a populist and popular democracy which, just to remember that fine Aristotelian differentiation between democracy and Politics, has taken the place of Politics.
And then it happens that this state ends up not concluding neither opposition nor debates having become in any executive sense and instance that obliges the citizen for decrees unrelated to any logic thus giving rise to the paradox according to which the political organization of society is present only where less can be seen, that is, in the isolation of the individual - from certain monkeys of the newspapers called "lockdown" - which is nothing more than the chosen exile of his own. And what does the citizen do, if not manage the fear of the coronavirus that has transformed it from stammering sender of its protests, often entrusted to trade unions, into partner of bad governance and receiving its appeals and preventive measures that always come late (when they arrive ) against any form of emergency.
In the case of the riotous "crowned" virus which enjoys transforming an epidemic into a pandemic in the "probiviri" community, the result is to bow the citizen at home, pending the end of the adventure, without the possibility of knowing the provenance and identity card issued by a Count "laqualunque", in turn pars pro-toto of his many noble predecessors, who does everything to show off as a thoughtful, unique and only political "egg" of prevention and health of citizens, without having understood that prevention is nothing more than a technological and scientific container which, moreover, contains results of analysis and research, provisions of extraordinary measures and defense criteria, behavioral rules, etc., all understood and prepared as a system alarm that must precede prevention.
So what is prevention if not the tribute it must expect from good politics and society by avoiding condemning the citizen to experiment confining him in the shell of the defense of himself and his loved ones, perceived as a catalyst that transforms the explosive mixture made of anxieties in a gritted teeth approval?
And so hygiene and prevention, which knew their power in the plagues of the past, with the advent of Enlightenment they were involved in the growth of society and perfected in a network system of knowledge and applications up to solicit critics and theorists of Power, such as Michel Foucault, to see in them the principles of disciplining society by virtue of quarantines and control systems that question the effectiveness of the fight against epidemics and pandemics and to consider them only as a tool to put the population in a state of easement.
Consequently, everything takes on a temporal character of risk mitigation only to deviate from the true source of the risks that from the banality of frequenting fitness centers leads straight to the hypertrophy of refined technologies suited to the cult of do-it-yourself and fitness itself.
At this point and in the absence of the state, all that remains is to erect the four domestic walls by providing them with solid foundations and a roof that cannot be blown up by the wind. But where is the currency in the absence of work?
Francese
Les quatre murs de la maison et la prévention de l'État qui n'est pas là
"Qu'il y avait mieux que de rester entre les quatre murs domestiques et, ou de sortir ensemble et de gravir l'une de ces belles collines qui étaient à deux pas de sa maison, comme si la Providence avait voulu lui offrir un joli cadeau, et mettre les beautés de sa ville juste devant la porte. (Commissaire Renzi à Lucques, par Bartolomeo di Monaco)
Dans un sens bourgeois, les quatre murs intérieurs forment une topographie de soutien moral et spirituel, comme cela a été le cas par le passé avant que les gens ne commencent à parler de co-logement et d'autres démons. Nous n'avons pas connu d'interruption radicale de la vie publique comme celle que nous vivons en ces temps d'angoisse même dans les années soixante-dix du siècle dernier, et nous percevons donc que l'État, quand il y en a un, devient exécutif et quand il n'est pas il y a, comme dans "cette" Italie, c'est son soi-disant "chef" de jouer le rôle de "pater formel", comme ne l'exprime pas la volonté populaire, avec le chef du gouvernement, pris qui sait où et "couché" sur trône de lansquenets de malapolitique pour devenir un officier complémentaire dans le sous-ordre sans aucune possibilité de pouvoir devenir l'officier efficace et, par conséquent, condamné au commandant d'un soldat formé dans une démocratie populiste et populaire qui, juste pour rappeler cette fine différenciation aristotélicienne entre la démocratie et politique, a remplacé la politique.
Et puis il arrive que cet État finisse par ne conclure ni opposition ni débats devenus dans un quelconque sens exécutif et instance qui oblige le citoyen à des décrets sans rapport avec toute logique donnant ainsi naissance au paradoxe selon lequel l'organisation politique de la société n'est présente que où l'on peut voir moins, c'est-à-dire dans l'isolement de l'individu - de certains singes des journaux appelés "lockdown" - qui n'est rien de plus que l'exil choisi. Et que fait le citoyen, sinon gérer la peur du coronavirus qui l'a transformé d'expéditeur balbutiant de ses protestations, souvent confié à des syndicats, en partenaire de mauvaise gouvernance et de recevoir ses appels et mesures préventives qui arrivent toujours tard (quand ils arrivent ) contre toute forme d'urgence.
Dans le cas du virus "couronné" débile qui aime transformer une épidémie en pandémie dans la communauté "probiviri", le résultat est de plier le citoyen chez lui, en attendant la fin de l'aventure, sans possibilité de connaître carte de provenance et d'identité délivrée par un comte "laqualunque", à son tour pars pro-toto de ses nombreux nobles prédécesseurs, qui fait tout pour se présenter comme un "œuf" politique réfléchi, unique et unique de prévention et de la santé des citoyens, sans avoir compris que la prévention n'est rien d'autre qu'un récipient technologique et scientifique qui contient en outre des résultats d'analyses et de recherches, des dispositions de mesures extraordinaires et des critères de défense, des règles de comportement, etc., le tout compris et préparé comme un système alarme qui doit précéder la prévention.
Alors qu'est-ce que la prévention sinon l'hommage qu'elle doit attendre de la bonne politique et de la société en évitant de condamner le citoyen à l'expérimenter en le confinant dans la coquille de la défense de lui-même et de ses proches, perçue comme un catalyseur qui transforme le mélange explosif fait d'anxiété dans une approbation des dents serrées?
Et donc l'hygiène et la prévention, qui connaissaient leur pouvoir dans les fléaux du passé, avec l'avènement des Lumières, ils ont été impliqués dans la croissance de la société et perfectionnés dans un système de réseau de connaissances et d'applications jusqu'à solliciter les critiques et les théoriciens du pouvoir, tels que Michel Foucault, y voir les principes de discipline de la société en vertu de quarantaines et de systèmes de contrôle qui remettent en cause l'efficacité de la lutte contre les épidémies et les pandémies et ne les considérer que comme un outil pour mettre la population en état de servitude.
Par conséquent, tout prend un caractère temporel d'atténuation des risques pour ne s'écarter de la véritable source des risques que de la banalité de fréquentation des centres de fitness conduit directement à l'hypertrophie de technologies raffinées adaptées au culte du bricolage et du fitness lui-même.
À ce stade et en l'absence de l'État, il ne reste plus qu'à ériger les quatre murs de la maison en leur fournissant des fondations solides et un toit qui ne peut pas être soufflé par le vent. Mais où est la monnaie en l'absence de travail?
Svizzera, Germania, Francia, Paesi Bassi e Paesi Scandinavi tali sono, tali sono come sotto certi aspetti fu l' Italia negli anni del Fascismo -, la speculazione edilizia e fondiaria si combattono più o meno diversamente, in ogni caso non vi si convive come in !questaa“ italia..
Da quando è stata per la prima volta affrontata con minuziosa analisi da Friedrich Engels, la <questione abitativa>, a prescindere dalla grande operazione avviata dal Fascismo con il coinvolgimento dei migliori architetti di quella stagione, è servita soltanto ad appagare gli appetiti di immobiliaristi e speculatori.
Come poter affrontare le emergenze abitative nei casi di calamità naturali
Il container: questo sconosciuto
Il container, allora, per alleviare la vita dei terremotati in attesa di quella ricostruzione postsismica che non arriva mai, nonostante quel noto refrain ("non vi lasceremo soli")cantatato più volte dal Presidente della Repubblicsa a popolazioni provate dagli effetti dei sismi ? Senza dubbio e riserve, SI, ma per il tempo strettamente necessario che consenta ad architetti e ingegneri di leggere, e metabolizzare i contenuti del libro di Christian Norberg-Schulz, pubblicato all' inizio degli anni Ottanta, "Genius loci. Landschaft, Lebensraum, Baukunst" (it.: Genius loci, Paesaggio, Spazio di vita, Architettura) - ma anche il prezioso e breve saggio di Luigi Piccinato, "Urbanistica medievale" e quell' impareggiabile e appassionato Studio die Wofgang Braunfels, Mittelalterliche Stadtbaukunst in der Toscana" (it.: Urbanistica Medievale in Toscana") -, il quale a ben ragione sostenne la tesi secondo la quale gli gli spazi plasmano l' uomo e noi aggiungiamo che dei vecchi edifici il gradimento è maggiore.e che loro differenzazione, scala umana e valori formali semplici siano stati il risultato di una perduta (ma recuperabile) accuratezza artigianale.
Il futuro dell' abitare o l' abitare in un futuro che è già presente?
Tutto doveva avere inizio in una avveduta ricostruzione postsismica con al centro le tipologie edilizie fulco della città medievale italiana: la casa urbana „a schiera“ e la casa „a torre“. I centri minori dell' Italia centro-setttentrionale, l' approfondimento del lavori di autorevoli studiosi del passato, da Enrico Guidoni e Luigi Piccinato a Leonardo Benevolo, in snergia con didattica e ricerca nelle Scuole di Architettura avrebbero potuto offrire più che spinti, anticipazioni sulle dinamiche che hanno coinvolto la città in molti Pesi del mondo anticipate come sono sono state negli anni Venti del secolo XX dai protagonisti di movimenti come l' Existenzminimum di Alexander Klein, il Bauhaus di Walter Gropius, la Vienna „rossa“ di Karl Ehn, che posero al centro più del dibattito, della realizzazione concreta ispirata e trascinata da istanze sociali e percepita da una Politica socialdemocrata degna di questo nomre, l' abitazione, senza per questo farci dimenticare certe malformazioni del Movimento Moderno, in ispecie riguardo al fenomeno-città con le le più tardi aspre prese di posizione di socilogi di punta come Alexander Mittescherlich, filosofi sociali come Henri Lefebvre, antropologi come Marc Augé, etc. Nel crogogiuolo di queste indimenticabili esperienze l' Italia, a partite una certa sensibilità manifestata dal Fascismo per l' edilizia economica e popolare, ha svolto, e continua a svolgere, un ruolo che cenerentola è diventato insignificante, per via di una (mala)politica che non mai ha trovato un sussolto di riscossa. La ricostruzione postsismica, in ragione die caratteri ispiratori, sociali e artistici delle due tipologie residenziali testé ricordate, avrebbe potuto e dovuto fare da ispirazione guida nell' affrontare in maniera eminente culturale le due questioni che continuano ad affliggere le società moderne: abitativa e urbana all' interno di quel grande ambito che raccoglie polis, urbs, quali matrici indiscusse della città europea. Nulla di tutto questo in passato e assoluta prospettiva di ripensamento nel presente e, ahinoi, in un futuro che continua a sfuggirci dalle mani e dalle coscienze, attratti come siamo dal fatuo e inibiti dal banale e dal superficiale che strangolano sul nascere ogni impulso alla riscossa e ad una rinascenza morale e culturale.
Dinamico, colorato, sociale smart, collegato in rete e multifunzionale, così architetti, ingegneri, sociologi, ricercatori e pianificatori urbani immaginano la città del futuro. Una cosa è certa: il futuro appartiene alla città, poiché secondo l' opinione di osservatori, il trend dell' urbanizzazione è in crescita inarrestabile e la molteplicità degli stili di vita e delle forme dell' abitare tendono ad una integrazione in spazi semre più ridotti.
Alcun tema occupa e preoccupa le società della grande famiglia mondiale in maniera così intensa come l' abitare, sia che si tratti della casa che della città. Si tratta di un trend centrale del quale in Germania ad occuparsi è lo „Zukunftinstitut“, che,,fondato nel 1998, ha caratterizzato in maniera notevole la ricerca sul futuro ponendosi come un influente Thin Tank della ricerca europea sui ternd e sul futuro. L' ambito della sfida quotidiana ruota intorno alla domanda: quali cambiamenti, trends e megatrends caratterizzano il nostro presente e quali deduzioni si possono trarre per il futuro della società, dell' impresa e della cultura.
Il tema dell' abitare non riflette gli aspetti se in proprietà o in affitto, bensì larelazione tra pubblico e privato, famiglia e lavoro, libertà individuale e sicurezza colletiva. In primopiano si pongono i concetti dell' abitare che devono rispondere alle cogenti domande poste dai mutamenti demografici in corso e in definitiva in che modo di reagire sia ai cambiamenti climatici che agli avvenimenti della natura. Le recenti inondadazioni in Italia, in Europa e nel mondo ha conferito (meno in Italia) al dibattito sul futuro dell' abitare una completamente nuova dimensione e una inaspettata forza esplosiva. Ma anche imprese di servizi e del terziario in quasi tutte le branche: dalle banche alla gestione dei rifiuti urbani, dall' industria dei mobili fino all' high-tech, dalla gastronomia ai gestori di servizi di formazione.
Diverse esperienze culturali, tradizioni costruttive, pratiche religiose e differenze climatiche hanno determinato nelle varie regioni della terra diverse culture dell' abitare. Inoltre negli ultimi decenni ha avuto luogo un crescente e forte adattamento di modelli abitativi e culturali, donde una certa perdita dell' omogeinità delle singole culture dell' abitare. Assumendo questa tesi come punto di partenza in alcune Scuole di Architettura anglosassone, mittel-e nordeuropee è stato introdotto un progetto teorico finalizzato alla messa a confronto di volta in volta di forme e sistemi abitativi tradizionali e contempranei per ohni singola regione o paese.
L' obiettivo è stato quello di elaborare un ambito di ricerca sulle forme tipiche tradizionali dell' abitare e quelle contemporanee e di conseguenza, sulla scorta di analisi di criteri distributivi e degli edifici, approfondirne la specificità di ogni singola regione, questa intesa latu sensu. Ai fini di una analisi comparata e come criterio-guida delle delle specifiche analisi regionali tipiche sono state trattate e concordate dimensioni di ricerca come: unità sociale ("Famiglia"), significato di fasi nel ciclo della vita, demarcazione tra pubblico e privato, luoghi centrali nella casa o nell' abitazione, tradizioni costruttive (clima e materiali) e "Religione". Le ricerche sono stare rispettivamente completate dall' elaborazione di letteratura specifica e fonti d' archivio.
Molte sono le pubblicazioni di lavori e risultati progettuali di studenti per la cui scelta sono state prese in considerazione qualità e internazionalità. Di gramde rilievo sono stati i lavori di studenti concentrati sull' abitare nei Paesi Bassi, di altri sulla cultura dell abitare in Giappone, mentre altri ancora hanno posto l' accento sul l' abitare nei Paesi Arabi, ma anche in Cina e Ucraina.
Una ricerca di grande interesse à stato il Workingpaper sul mutamento delle forme dell' abitare in Germania, in ispecie nel Land Baden Württemberg a documentare i Materiali di Architettura e Sociologia abitativa.
Si tratta di tematiche di cogente attualità, prese a cuor leggero dalle Scuole di Architettura del nostro Paese, che ben si coniugano con immobilismo e inerzia della Politica, dei Consigli nazionali e Ordini regionali di archh., ingg., geomm., socioll., ma anche di giuristi. L' ambito di ricerca, Architettura e Abitare, è alquanto poliedrico e coinvolge punti di forza quali possono essere le prospettive sociali e culturali di Architettura e Pianificazione urbana, ma anche l' interazione <Uomo-Ambiente costruito>. A tal fine pressante è la richiesta di docenti con punti di forza i mutamenti dell' abitare, urbanità come forma di vita, ricerca micrournbana, storia e futuro dei Paesi industriali, così come Architettura come professione e ambito di ricerca empirica. In uno con l' introduzione di Architettura e Pianificazione urbana nelle prospettive sociali e culturali, parte dell' ambito di ricerca <Architettura e Abitare> sono anche aspetti e dimensioni dell' interazione tra bisogni umani, ma anche consumo dei suoli e ambiente costruito.
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