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(L. Mies v. d. Rohe)

 

Loro se la scialano

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buttanissima.it

Per i sindaci un aumento a metà

L'Ars non stanzia l'intera cifra per adeguare le indennità. Governo ko sulle consulenze esterne

Paolo Mandarà

Dopo la prima seduta fiume di questa sessione Finanziaria, l’Ars porta a casa un risultato a metà: un emendamento del governo all’articolo 1, infatti, ha permesso di adeguare (in parte) le indennità dei sindaci siciliani a quelli del colleghi del resto d’Italia. Lo stanziamento del governo consente però di coprire l’aumento per il 70%, gli altri fondi bisognerà reperirli dai bilanci comunali: “Tutto quello dichiarato dal governo in questi giorni si scontra con la realtà dei fatti – scrivono i grillini De Luca e Sunseri in una nota -: le somme stanziate con l’articolo 1 della Finanziaria sono insufficienti a coprire l’aumento delle indennità di sindaci ed assessori. Nulla anche per i consiglieri comunali e di quartiere che continuano ad essere ignorati dall’esecutivo. Ci volevano undici milioni di euro e ne sono stanziarti solo sei. Il governo la smetta di prendere in giro gli amministratori”. L’emendamento è stato votato favorevolmente anche dal Pd, che però segnala come “la cifra proposta del governo non basta”.

Ok all’aumento del monte ore per i precari Asu, che passano a 36 ore settimanali. Un successo rivendicato a doppia mandata dal Movimento 5 Stelle (3,6 milioni per i lavoratori dei beni culturali) e da Cateno De Luca, che è riuscito a strappare la stessa formula per i lavoratori degli enti locali, ottenendo la copertura finanziaria per il triennio 2023-2025. “Grazie al nostro contributo, affermano i deputati di Sud chiama Nord e Sicilia Vera – oltre 4 mila lavoratori Asu impiegati presso gli enti locali potranno lavorare serenamente per i prossimi anni. La nostra proposta è stata approvata con 31 voti a favore, 30 quelli contrari. Abbiamo dato così un segnale forte di vicinanza ad una categoria di lavoratori che è sempre stata bistrattata e che rischiava di subire per l’ennesima volta una discriminazione ingiustificata”. Via libera anche all’aumento per i Forestali, tramite il reperimento di 22 milioni di euro per il 2023.

Anche la gratuità dei trasporti da e per le isole minori per forze dell’ordine e personale pubblico in servizio è legge. E’ stata approvata infatti la norma, riscritta dal governo regionale, proposta dalla deputata regionale del Movimento 5 Stelle Cristina Ciminnisi. “Il governo ha impegnato un milione di euro. Ho chiesto un impegno all’assessore Falcone di appostare ulteriori somme in sede di variazioni di bilancio se quelle impegnate non dovessero risultare sufficienti” dice Ciminnisi.

A scrutinio segreto incassa il va libera la norma consente ai dirigenti regionali in pensione di far parte a titolo gratuito degli uffici di gabinetto della Regione. Stoppata, invece, la norma che istituiva un capitolo per incarichi professionali al dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti. “E’ la terza volta – dice Antonio De Luca (M5s) – che il governo va sotto. Non potevamo dare l’ok a quella che era una mancia di ben 300 mila euro al Dipartimento Acque e rifiuti, che avrebbe dato il via libera a consulenze esterne a piacimento, quando con l’articolo 9 erano già stati stanziati 200 milioni per la progettazione. Questa non è che una delle tante falle di una Finanziaria che poteva essere fatta certamente meglio”.

 

 

C O M M E N T O

 

 

Se la scialano poiché hanno lo stato dalla loro parte. L' avvocaticchio Schifani non ha la pallida idea di quel che sono la sedicente legge urbanistica regionale vomitata dal p(i)anificatore urbano (urbanista, sostiene lui) Maurizio Carta che dedicò a Piersanti Matterella in quanto "aveva visto lontano", e il sedicente regolamento edilizio regionale "unico". Cosa ha donato il Carta fino ad oggi al Comune di Palermo, soltanto il suo sindaco (non) lo sa. Come non sanno sindaci, sindachicchi e i loro inutili apparati comunali di tutte le città e comuni di questa italia. Schifani e Mattarella sono giuristi? Ma a chi vogliono raccontarlo, ai fessi? Non di certo alla Germania che si è uno dei migliori Diritti urbanistici del mondo occidentale che raccomandiamo a Giorgia Meloni. Attivi il suo ministrello degli Estreri, altro avvocaticchio, affinché si affretti a mobilitare S.E. l' ambasciatare d' Italia a Berlino e da quasti farsi raccontare cosa s' intende per Diritto urbanistico e Diritto edilizio pubblico nella seria Germania e nelle Scuole di Architettura di questo grande Paese dal quale molto vi sarebbe, almeno per i due ambiti, da apprendere. Il Bundesprasident della Germania, Frank-Walter Steimeier e il Presidente della Repubblica d' Italia, Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi, si sono recentemente incontrati per premiare il gemellaggio italo-tedesco annunciando il secondo premio italo-tedesco per il gemellaggio di città e invitando città e comuni dei loro paesi a candidarsi per il premio. Questo per riconoscere le strette e buone relazioni (sic,ndr) tra Germania e Italia a livello comunale. Ma è proprio così? Il "Premio del Presidente" è stato lanciato nel settembre 2020 durante una visita del Presidente federale Steimeier a Milano per essere assegnato per la prima volta nel 2021. Le sue finalità: sostenere iniziatzive orientate al futuro riconoscendo città e comuni tedeschi e italiani che presentano progetti di partneriato in materia di scambi giovanili (perché no tra politici?), impegno civico, sostenibilità, integrazione europea, innovazione, digitalizzazione, cooperazione culturale, coesione sociale, inclusione e bla-bla-bla. Il Presidente federale Frank-Walter Steimeier ha dichiarato: "Sono molto grato per il nostro gemellaggio tra città italo-tedesche. Dietro ogni partneriato ci sono persone che danno vita all' Europa ogni giorno. Questo e impegno è prezioso, soprattutto in questi tempi difficili. Ecco perché è così importante per me e per il presidente Mattarella rafforzare ulteriormente l' amicizia tra i comuni in Germania e in Italia e contribuire ad allinearla alle questioni future" . . . . ma anche presenti come . . . (ndr). E il Presidente Sergio Mattarella: "Il gemellaggio tra i comuni italiani e tedeschi (p.e. Berlino e Roma, Monaco di Baviera e Palermo, Amburgo e Napoli, Stoccarda e Milano, etc., ndr) è uno strumento indispensabile per consolidare l' amicizia tra Germania e Italia, per approfondire la conoscenza reciproca e per affrontare insieme le sfide attuali e future". Tutto quì? Cosa è stato fatto fino ad oggi? Arrivederci al 14 aprile 2023 ed alla premiazione pubblica prevista per la seconda metà del 2023. Proprio sul serio o mangia cavallo. . .? Intanto le città e i comuni italiani continuano a guazzare nella sentina e questo è già qualcosa.

 

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MM ovvero: Mafia e Malapolitica

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buttanissima.it | 13febbraio 2023
Il mito della mafia invincibile

La narrazione, alimentata da talk show e toghe in carriera, non piace ai magistrati che arrestano i boss

 

Giuseppe Sottile per il Foglio

 

Finirà? Ma sì che finirà: Giovanni Falcone, il giudice che smantellò la cupola e mandò a processo oltre quattrocento boss di Cosa nostra, ne era certo, certissimo: “La mafia è fatta di uomini e come tutte le cose fatte dagli uomini ha avuto un inizio e avrà una fine”. Lo diceva proprio nel giorno in cui il presidente del Tribunale, Alfonso Giordano, leggeva nell’aula bunker dell’Ucciardone la sentenza che distribuiva ergastoli e condanne per secoli e secoli di carcere. Era il dicembre del 1987, un anno felice. Non solo per Falcone. Anche per Gianni De Gennaro, il superpoliziotto che era stato il primo a credere nella possibilità di convertire alla “buona causa” Tommaso Buscetta, un malacarne che trafficava con la droga tra la Sicilia e il Brasile, e un killer tra i più spietati come Totuccio Contorno. Lo Stato aveva vinto. E, per la prima volta, la mafia aveva perso. I padrini che, in apertura delle udienze, sghignazzavano per intimidire, da dietro le sbarre, parti civili e giudici popolari, si ammutolirono di colpo. C’era il gotha dei mammasantissima in quell’aula: da Michele Greco, detto il Papa, a Luciano Liggio, da Leoluca Bagarella a Pippo Calò. Il loro destino era ormai segnato. Avrebbero finito i loro giorni nelle carceri di massima sicurezza, murati vivi nelle celle del 41-bis.

 

Finirà? Ma sì che finirà, diceva Falcone da vivo. Perché il 23 maggio del 1992 – anno infelice, infelicissimo – i corleonesi di Totò Riina, che al maxi processo era stato condannato da latitante, credettero di regolare i conti con il tritolo. E sull’autostrada di Capaci fecero saltare in aria il magistrato che aveva istruito il maxi processo. Una carneficina: con Falcone furono trucidati la moglie, Francesca Morvillo, e i ragazzi della scorta. Tutti morti. Fatti a pezzi da un attentato che di colpo cancellava ogni speranza e ogni illusione. “Sono un cadavere che cammina”, ripeteva Paolo Borsellino, l’altro giudice segnato a dito dalle cosche, nei cinquanta giorni che avrebbero separato la strage di Capaci dalla strage di via D’Amelio.

 

Finirà? In quel tempo, così cupo e balordo, non ci credeva più nessuno. Altro che emergenza. “Palermo come Beirut”, titolarono i giornali davanti alla devastazione e al sangue che scorreva nell’inferno di via D’Amelio. Tra le lacrime e le paure di un’Italia terrorizzata dalla violenza mafiosa furono adottate dal governo tutte le misure che l’emergenza imponeva. Dal carcere duro all’ergastolo ostativo. Perdete ogni speranza o voi che entrate: così venivano accolti nei penitenziari i condannati per mafia. Mentre polizia e carabinieri setacciavano le campagne di Corleone e cercavano pentiti o confidenti che potessero offrire un indizio, un segnale, una labile traccia per scovare i responsabili e consegnarli in manette alla giustizia.

 

Pur con tutte le difficoltà, i ritardi e anche gli errori, ci sono riusciti. Dopo trent’anni tutti gli stragisti sono stati consegnati alle patrie galere. Il 15 gennaio del 1993 fu arrestato Totò Riina, il Capo dei capi. Un anno dopo finirono in manette i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, plenipotenziari della mafia di Brancaccio. Il 20 maggio del 1996 toccò a Giovanni Brusca, il picciotto di San Giuseppe Jato che aveva premuto il telecomando per l’attentatuni di Capaci. L’11 aprile del 2006, dopo 43 anni di latitanza, fu la volta di Bernardo Provenzano e il 16 gennaio del 2023, dopo un’indagine da manuale, sempre i carabinieri del Ros hanno individuato e accerchiato, alla clinica Maddalena di Palermo, Matteo Messina Denaro, l’ultimo della dannata compagnia. Per trent’anni, con una identità falsa, con una capillare rete di complicità e tante protezioni, il padrino di Castelvetrano si era goduta la vita. Ora è rinchiuso nel carcere dell’Aquila. Ha un tumore e riceve le cure necessarie in una sala attrezzata per la chemioterapia. Le procure di mezza Italia, da quella di Palermo a quella di Firenze, si aspettano che si converta e dica tutto quello che sa sulle stragi, sugli intrighi e sui misteri di Cosa nostra. Ma non succederà. Non si è collegato con Caltanissetta, dove la Corte d’Assise d’Appello lo sta processando per Capaci e via D’Amelio.

Difficilmente risponderà ai magistrati di Firenze che indagano sulla strage dei Georgofili. E sarà un peccato. Perché una sua deposizione potrebbe fornire alcuni squarci di verità e, all’un tempo, diradare quella cappa di mistero che autorizza chiunque a costruire, dentro la grande tragedia della mafia, il proprio romanzo.

Basta dare uno sguardo ai talk-show. Se il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, sostiene che la cattura di Matteo Messina Denaro è stata il risultato di un’indagine da manuale, Massimo Giletti, su La7, monta un teatrino con due stagionati picciotti di mafia, Gaspare Mutolo e Salvatore Baiardo, che sostengono esattamente il contrario: ma quale indagine da manuale, il boss si è consegnato. Non ci sono prove, solo intuizioni: ma che importa. Se il procuratore generale della Cassazione, con tutte le cautele imposte dalla sua toga di ermellino, dice che la mafia non ammazza più come ammazzava negli anni maledetti, gli avanguardisti dell’antimafia insorgono e replicano a reti unificate. Sostengono che non ci sarà pace e sicurezza in Italia se prima non si verrà a capo del patto scellerato che i boss hanno stretto con il potere politico. Accusano lo Stato di avere trattato e trescato con Cosa nostra. Affermano che le stragi sono il frutto avvelenato di quelle trame oscure. E dicono pure che, senza quella collusione di altissimo livello, Matteo Messina Denaro non sarebbe rimasto per trent’anni libero di muoversi e a concludere affari a Castelvetrano, in Sicilia e nel resto del mondo.

Finirà? No. Di questo passo non finirà mai. Fateci caso: ogni volta che lo Stato mette a segno quella che i cronisti giudiziari chiamano “una brillante operazione” si leva puntualmente un coro di negazionisti pronti a sostenere che la mafia è più forte e più solida di prima. Invincibile. E se uno studioso del fenomeno, come Giovani Fiandaca o Salvatore Lupo, si azzarda a sostenere che lo Stato, pur tra mille difficoltà, è riuscito a radere al suolo tutto lo stato maggiore di Cosa nostra, da Totò Riina a Messina Denaro, quello studioso rischia – è successo – di essere marchiato, nel corso di una trasmissione televisiva, come fiancheggiatore dei boss o come un infame esponente della borghesia mafiosa. Pensate: stava per finire nel calderone dei reprobi persino Gherardo Colombo, pluridecorato pm di Mani pulite, colpevole – all’occhio fanatico dei puri e duri – di avere sostenuto la necessità di rivedere, secondo il dettato costituzionale, la legislazione sul carcere duro. Apriti cielo: non poteva dirlo, non doveva dirlo.

Che la mafia ha perso e lo Stato ha vinto si può, dunque, solo pensare. Ma non si può dire. Il mito della mafia invincibile – quella del terzo livello, dei registi occulti, delle sporche trattative – è diventato ormai uno show business. Le tv ci marciano, ciascuna con la propria compagnia di giro, ciascuna con il proprio magistrato coraggioso e con il proprio scrittore di riferimento. E riescono pure a guadagnare qualche punto di share. Mettono in scena dei tribunali paralleli, certamente più veloci di quelli, lentissimi ma reali, che operano nei palazzi di Giustizia, e vanno avanti per ore e ore, sempre pestando la stessa acqua nel mortaio. Sono soddisfatti i conduttori e sono contenti anche gli ospiti, che in virtù delle tante apparizioni conquistano fette sempre più larghe di opinione pubblica, incantano circoli e uomini di buona volontà, appassionano le case editrici e vanno avanti tranquilli, senza freni, sicuri che prima o poi sforneranno pure uno, due, dieci libri.

Ma attenzione: la religione della mafia invincibile – e perciò eterna, perenne, perpetua, onnipotente – non alimenta solo il circo mediatico. Con i suoi eroi e i suoi santoni, con i suoi neofiti e i suoi predicatori taglia verticalmente anche la magistratura, andando ben oltre la naturale dialettica tra pubblici ministeri e collegi giudicanti. Diciamolo senza equivoci né fraintendimenti: non c’è procura – non solo in Sicilia, ma soprattutto in Sicilia – dove inquirenti e investigatori non danno l’anima per stringere all’angolo boss e picciotti, per recidere i loro legami con il potere, per riparare i torti e le violenze inflitte alla società civile, per stroncare i circuiti di affari e corruzione. Ma accanto all’antimafia che si rompe la schiena e lavora senza subire il fascino del palcoscenico c’è l’antimafia che vuole sempre andare oltre, che resta aggrappata ai propri teoremi, che guarda quasi con sdegno i risultati ottenuti sul territorio perché tanto non ci sarà verità se non si individuano prima i mandanti esterni delle stragi, se non si svelano le trame oscure che hanno ammorbato la vita della Repubblica, se non si smascherano i registi occulti, se non si alza il sipario sulle nefandezze dei servizi segreti, ovviamente deviati. Maurizio De Lucia, il procuratore di Palermo che ha coordinato le indagini per la cattura di Messina Denaro, lo ha detto apertamente: “C’è gente che non fa indagini da dieci anni e viene a dirci come si fanno le indagini”. E come dargli torto?

Mentre De Lucia e il suo vice, Paolo Guido, lavoravano giorno e notte con i carabinieri del Ros per mettere insieme i tasselli e arrivare al boss delle stragi, altri magistrati andavano per talk-show a sostenere con vigore l’imbattibilità della mafia. O, peggio, se ne stavano nei loro uffici a costruire processi mastodontici, a cercare nei colloqui con i pentiti una conferma delle loro tesi, a disegnare scenari apocalittici, a rimestare sospetti e inchieste già perdute nel tempo, a promettere verità e giustizia ai familiari delle vittime, a vestirsi da inquisitori coraggiosi e straordinari.

L’antimafia che predica l’invincibilità della mafia e svilisce sistematicamente il lavoro di chi smonta pezzo dopo pezzo il potere di Cosa nostra – “Da noi è sempre così”, ha detto De Lucia ai liceali del Gonzaga. “Se si vincono i campionati del mondo è perché qualcuno ha comprato la partita” – agisce in base a un principio: ingigantire il mostro Golia per fare in modo che i piccoli David impegnati nel combattimento appaiano sempre più eroici, indispensabili, intoccabili. Gli si concedono scorte che neanche ai capi di Stato; gli si riconosce un’autorevolezza capace di influenzare l’opinione pubblica: difatti, vengono quasi sempre arruolati dalla politica e portati in trionfo a Montecitorio o a Palazzo Madama. Loro non diranno mai che l’emergenza un giorno potrà finire perché quel giorno finirebbero anche i loro privilegi e quell’aureola di sacralità che accompagna ogni loro gesto, ogni loro discorso, ogni loro intervista televisiva.

Chi potrà mai contrastarli? Non certo il governo. Si è visto in questi giorni: solo l’ipotesi di mettere mano al 41-bis, nato nell’anno delle stragi e destinato per legge a sparire nel tempo, getta nella confusione maggioranza e opposizione, “ubriachi di disperazione”, per dirla con Philip Roth. Il ministro, assediato dal coro giustizialista, passa la palla di fuoco alla magistratura ma la magistratura la rimanda al Parlamento. E intanto nessuno decide. Lo stesso vale per l’ergastolo ostativo e i benefici carcerari. La Corte costituzionale chiede di rivederli perché il principio “fine pena mai” non rientra nei canoni dello stato di diritto, ma il Parlamento balbetta, annaspa, si smarrisce, non sa in che direzione andare. Se Carlo Nordio fa un passo, un piccolo passo garantista, e va in Parlamento a dire che il carcere è un luogo dove la dignità umana, anche quella dei mafiosi, dev’essere comunque salvaguardata – “La giustizia senza castigo è un’utopia, ma il castigo senza misericordia è crudeltà”, ammoniva il buon Tommaso d’Aquino – gli si alza davanti il muro dell’invincibilità della mafia con tutto il seguito di forcaioli e manettari, di destra e di sinistra. Il capo del governo invita a non surriscaldare la polemica, cominciano a pesare i sondaggi, i talk-show incalzano. Ed è subito paralisi.

Finirà? Giovanni Falcone, come si è detto, era certo, certissimo che in un giorno felice di chissà quale anno la mafia, come tutte le cose fatte dagli uomini, sarebbe finita. Ma oggi la sua parola sembra dispersa nell’aria come un vapore di cipria e profumo. Nessuno lo piglia di petto, ma sono pochi, pochissimi quelli che ancora coltivano la sua speranza. Tra questi c’è Maurizio De Lucia. “La cattura dell’ultimo stragista – sostiene il procuratore di Palermo – era un debito che la Repubblica doveva ripagare verso tutti quelli che sono caduti nella lotta alla mafia e in qualche misura quel debito è stato ripagato. E’ stato un bel giorno, un successo per tutta l’Italia. Abbiamo vinto tutti. I mafiosi hanno vissuto in passato nel mito dell’impunità: oggi questa regola è saltata”.

Per lui, come per i carabinieri del Ros, la missione non è ancora conclusa e ci sono ben altre montagne da scalare, altre fatiche da sopportare, altre indagini da sviluppare. “Per la mafia sapere che lo Stato non dimentica, ma continua a lavorare e li prende tutti, è un fatto importante, li indebolisce dal punto di vista della loro struttura: non sono più invulnerabili, sanno tutti che faranno la stessa fine di Matteo Messina Denaro”.

Un bel messaggio, non c’è dubbio. Ma anche De Lucia, come Nordio, è accerchiato dai santoni e dai soloni della invincibilità della mafia. Con una differenza: lui non è un magistrato prestato alla politica e non si lascia stordire.

 

C O M M E N T O

 

Invincibile? Certo, se Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi da capo dello Stato continua ad alloggiare al Quirinale trasformato in QuOrinale e i rampolli del Clan dei Mattarella del quale è il Capo continuano ad essere lasciati in pace nei loro nidi dorati ed alla Magistratura indagante non vengono chiesti conto e ragione sul suo operare.

 

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LA STORIA Aggiunte precisazioni sulla vita di Bernardo

Mattarella sbianchettò Wikipedia sul padre

 

Nel 2009 un utente col nome del futuro capo dello Stato ha modificato online i passaggi „scomodi“ della biografia del patriarca Dc sulla vecchia accusa arrivata dalla commissione antimafia.

Rizza

A PAG. 15

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Quando Mattarella ripuliva Wikipedia sul padre e la mafia

Sul Web - Nel 2009 un utente col nome del futuro capo dello Stato ha modificato i passaggi “scomodi” dalla biografia del patriarca Dc

 

DI SANDRA RIZZA

Il Fatto Quotidiano, 29 OTTOBRE 2017

Per sei volte, nell’aprile 2009, è entrato nella pagina di Wikipedia sull’ex ministro dc Bernardo Mattarella, scomparso nel ’71, per correggere una biografia che evidentemente lo infastidiva. Se non è un mitomane che si firma col suo nome (ma pervaso dalla stessa devozione di un figlio), l’autore delle modifiche potrebbe essere proprio il capo dello […]

 

 

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Sanremo 2023

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Un canoro Sanremo 2023 tutto particolare

 

Quando Mattarella ripuliva Wikipedia sul padre e la mafia

Sul Web - Nel 2009 un utente col nome del futuro capo dello Stato ha modificato i passaggi “scomodi” dalla biografia del patriarca Dc

 

DI SANDRA RIZZA

Il Fatto Quotidiano, 29 OTTOBRE 2017

Per sei volte, nell’aprile 2009, è entrato nella pagina di Wikipedia sull’ex ministro dc Bernardo Mattarella, scomparso nel ’71, per correggere una biografia che evidentemente lo infastidiva. Se non è un mitomane che si firma col suo nome (ma pervaso dalla stessa devozione di un figlio), l’autore delle modifiche potrebbe essere proprio il capo dello […]

 

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Mentre a Sanremo si raglia, e a ragliare è anche il Presidente di questa Repubblica, Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi, a Palermo sono gli inutili, parassiti, scanazzati e asini raglianti "onorevoli" di seconda taglia a metterla in quel posto ai siciliani ed agli italiani alzandosi lo stipendio da 11.100 a 12mila Euro/m. in dipendenza dell' aumento del costo della vita e dell' inflazione. A questa realtà rispondiamo con la richiesta di una urgente santificazione del „Matt“ e beatificazione, propedeutica ad una successiva santificazione, del ruffiano di corte, pupazzo e cantore della migliore Costituzione del mondo, Roberto Benigni. E, quando si parla di Costituzione, occorre mettere in evidenza che trattasi della Carta della seconda Repubblica scritta dai <100 padri e madri>, scopiazzata male per ben due anni (!) dalla Carta Costituzionale della Prima Repubblica, la Repubblica Sociale di Salò, pensata da Benito Mussolini e Nicola Bombacci in poche settimana e magistralmente elaborata con pari velocità dal giurista e Ministro dell' Educazione Nazionale, Carlo Alberto Biggini.

 

Sanremo 2023 con un Sergio Mattarella commosso per le parole sconnesse di Roberto Benigni non sul padre, bensì sul „papà“ Bernardo* in „una serata speciale, quella di Sergio Mattarella a Sanremo 2023, primo pdR., sorridente ed emozionato, nella storia (e che storia!) a presenziare al festival e . . . portarsi per (ben, ndr) due volte (perché non tre? Ndr) la mano sul cuore quando il buffone di corte e premio Oscar ha reso omaggio a suo padre Bernardo“ per le nobili gesta che ne hanno costellato il tortuoso e nebuloso percorso politico*, conclusosi con il „no“ di Aldo Moro ad includerlo nella lista dei ministri della sua prima esperienza di governo. Ma tant' è, considerata l' accoglienza del Matt con una standing ovation (una specialità tutta italiana, buona per tutte le occasioni) del pubblico, chissà, forse, sotto l' infatuazione della Costituzione, celebrata come „la più bella che si potesse immagine“ (quelle degli altri Paesi sono soltanto cacca!) e del suo articolo 11 sul „ripudio della guerra“, dopo che, dimenticata la partecipazione (non richiesta da Hitler, al quale Mussolini stava tra i piedi o sulle palle) all' aggressione dell' UdSSR, la sua, tutta sua, Italietta continua a rifocillare di armi e vettovaglie un' Ucraina fuori dell' orbita della ragione e a dire, in quanto al suo ruolo di zerbino degli Stati e Gran Bretagna,.NO alle mire folli di una provocante, invadente e irresponsabile NATO.

 

La Costituzione è legatissima con l' arte, è (addirittura, ndr) opera d' arte ed ogni parola sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria . . . butta all' aria l' oppressione e la violenza che c' era(no)“, sostituendole con il culto del „potere che logora chi non ce l' ha“ (Andreotti), mafia a tutto campo, stragi di Stato, pericolo concreto di comunistizzazione dell' Occidente, il tutto nell' artificioso clima di miracolo economico e di tensioni sociali degli Anni Sessanta spento soltanto dall' apertura della Germania all' irruente fenomeno migratorio per fame, miseria e contraddizioni proprio in quegli anni in cui lo sciacallo Bernardo Mattarella (tale fu anche il suo ruolo, assieme a Giuseppe La Loggia e Franco Restivo, nello sciacallaggio del Banco di Sicilia) e i suoi pari davano il loro meglio alla rinascita della Sicilia e dell' Italia.

 

E così siamo al „vecchio“ e padre dei Mattarella dei quali il Sergio** per „quell' aspetto dell' essere schivo, guardingo, rattristato, come se dovesse difendersi da continui attacchi di nemici che gli si parano davanti, pronti a fargli del male“ assumerà un ruolo particolare: quello di Capo del „Clan de' Mattarella“. Un „uomo casa e chiesa, famiglia e studio**. Intento a sognare e volere un' Italia ben ancorata ai suoi punti cardinali“, molto simile – come hanno fatto notare gli inglesi - al fratello Piersanti, almeno secondo la risposta data nel marzo del 1978 dall' ambasciatorere inglese A.C. Goodison al console britannico di Palermo, I.H. May, facendo notare che per capire la scena politica italiana è importante cogliere l' interrelazione tra la politica regionale siciliana e quella nazionale, fondata sul subdolo compromesso (e tale fu quello di aver scelto Piersanti Mattarella al posto di Rosario Nicoletti in Sicilia), anticipatore della linea seguita dalla Dc a livello nazionale con all' orizzonte un rapporto sempre più intenso con il Pci che finirà per costare la vita ad Aldo Moro.

 

Insomma un „duo“, quello di Piersanti e Sergio, prodotto genuino della cultura familiare, ma anche della reputazione di famiglia***, connotata dalla visione della realtà e dal carattere del loro padre Bernardo di Castellamare, il paese di Salvatore Maranzano e di Joe Bonanno, alias Bananas, capo della mafia newyorchese. Un Bernardo Mattarella, il patriarca della famiglia che fece parte dell' Assemblea costituente, sospettato di collusioni con la vecchia mafia patriarcale che aveva dato più di una mano allo sbarco degli americani in Sicilia, ritenuto il siciliano più accreditato, dopo Giulio Andreotti, presso il Vaticano, così come docile strumento dello stesso sarà più tardi il Sergio in habitus di Capo dello Stato, ben consapevole, di essere stato imposto all' alta carica istituzionale da quelle 5 „Entità“ (Vaticano, Mafia, Massoneria, FF.AA. e Servizi „deviati“), operanti e disponenti dietro il fantoccio Matteo Renzi.

 

Lo stesso Bernardo Mattarella, accusato in aula al processo di Viterbo da Gaspare Pisciotta di essere stato uno dei mandanti della strage di stato di Portella delle Ginestre del 1 maggio 1947, voleva far ricadere l' odio sul bandito Salvatore Giuliano e così spezzare l' omertà che fino a quel momento lo aveva sempre preservato dalla caccia che gli dava lo stato italiano.

 

Fatti, testimonianze e in maniera documentabilmente documenta in quanto fonda le sue radici sul lavoro della prima Commissione antimafia presieduta dall' ex magistrato dc, senatore Pafundi, il testo del compianto e coraggioso funzionario sindacale, conduttore radiofonico, scrittore, traduttore e giurista con nei primi anni Settanta studio legale in Assia, difensore elettivo del membro della RAF, Andreaa Baader, tedesco Peter O.Chotjewitz (Berlino, 1934/Stoccarda, 2010) con „MALAVITA, Mafia zwischen gestern und morgen“, Ndr)- hanno confermato, tra l'altro, che Bernardo Mattarella ha incontrato più volte Giuliano ed era evidentemente buon amico del boss mafioso di Partinico, Santo Fleres, e di altri mafiosi della zona. Particolarmente indicativa è l'affermazione del bracciante Salvatore Capria, che così testimoniò nel processo per diffamazione Mattarella contro Dolci: «Un giorno del 1947, mentre lavoravo in contrada Parrini di Partinico, vidi fermarsi un'auto di lusso. Suonò tre volte il clacson, poi Giuliano, uscito dai cespugli, si fece avanti con due membri della sua banda, Passatempo e Genovese, e andò nelle case Parrini. Più tardi anch'io entrai nelle case per comprare le sigarette e vidi Rosario Candela, armato di mitra, fare la guardia davanti alla porta. Poiché il Candela era un cugino di mia moglie, a sera venne a casa nostra per dirci che Mattarella era venuto alle case Parrini per incontrare Giuliano e la sua gente, Poco dopo mi disse anche di aver incontrato Mattarella e Giuliano nella casa di Giovanni Genovese. Nel marzo del 1947 mi chiamò il barbiere Iacona e il Passatempo mi offrì 1.000 lire al giorno se mi fossi unito alla loro banda. Allora i braccianti guadagnavano 100 lire al giorno. Quindi fui quasi sul punto di accettare. Ma quando Passatempo mi ha detto: <Dai, abbiamo dalla nostra parte Mattarella, il colonnello Luca, il principe Alliata e anche Scelba, gente di cui non ci si poteva non fidare, fui quasi sul punto di accettare. Pochi giorni dopo, il 1° maggio 1947, avvenne la strage di Portella delle Ginestre e allora capii perché cercavano delle persone. Una strage inspiegabile in quanto i due luogotenenti di Giuliano che quel giorno avevano avuto l' ordine di sparare in aria al comizio sindacale, invece mirarono sulla massa. Comprati dalla mafia o manipolati con false promesse dai mandanti della strage, tra i quali Bernardo Mattarella? Bilancio della strage: 11 morti + il 12°, Emanuele Busellini, ucciso dai banditi mentre si recavano sul luogo della strage, e 27 feriti + il 28°, Vita Dorangricchia, morta 8 mesi dopo.

 

I sospetti sugli autori della strage di Portella delle Ginestre durarono fino al 18 marzo 1970, data della morte del deputato Ramirez. Nel suo lascito c'era una busta sigillata che dopo la sua morte doveva essere consegnata al deputato Montalbo. La busta conteneva la trascrizione, scritta da Ramirez, di una testimonianza dell'ex deputato Barbera, il quale affermava che Giuliano era stato incaricato da Marchesano, Alliata, Cusumano e Mattarella di compiere la strage di Portella delle Ginestre. Inutile dire perché anche questa dichiarazione non ebbe effetto, tanto più che a parte Cusumano, che, come scrive la Commissione antimafia, morì in circostanze misteriose, anche Marchesano e Mattarella non erano più in vita.

 

La Commissione antimafia, per quanto poco le sia stato concesso di contribuire a chiarire il rapporto triangolare tra banditismo, mafia e alta politica, ha comunque il merito di aver formulato la dimensione storica degli intrighi: <La relazione sui rapporti tra mafia e il banditismo è un prerequisito indispensabile per indagare sulla collaborazione tra mafia e autorità pubbliche. Lo studio delle cosche che afflissero la Sicilia nel primo dopoguerra mette in luce i fattori che favorirono il radicamento della mafia nell'apparato del potere statale e regionale>. In questo contesto la responsabilità e il ruolo di Bernardo Mattarella sono evidenti come la luce del sole e a nulla possono valere le esibizioni cretine di Roberto Benigni e le commozioni di Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi.

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Scrisse, tralaltro, il 2 febbraio 2015 sul suo sito Giuseppe Casarrubea, riferendosi alla „fonte „Z Sicana“, l' agente Oss che lo teneva sotto controllo: Il 7 settembre 1944 in una nota confidenziale, scriveva agli uffici dello spionaggio americano che da una conversazione avuta con lui, aveva capito che il personaggio „non possedeva una cultura eccezionale“ ed era probabile che diventasse un „docile quadro agli ordini del Vaticano“. Bernardo, infatti, era un sicuro anticomunista. Come li lottava lo sa solo Iddio e quel papa Pacelli sotto il cui governo alcune sedi arcivescovili erano state trasformate in arsenali, come leggiamo negli atti della commissione stragi presieduta da Giovanni Pellegrino. Naturalmente per una eventuale azione di difesa.

2. Palermo, 17 novembre 2015. Il presidente della Repubblica e i nipoti Maria e Bernardo fu Piersanti hanno citato per danni lo scrittore Alfio Caruso, citato in giudizio nel 2009 – insieme alla casa ediditrice Longanesi – con una richiesta risarcitoria di 250 mila euro per il contenuto del suo libro „Da cosa nasce cosa“ (prima edizione del 2000). „Sono stupito che per oltre cinquant' anni la famiglia Mattarella abbia mantenuto il silenzio sui fatti di cui mi occupo nel mio libro. Così Alfio Caruso replicò alla decisione con cui il capo dello Stato e i nipoti Maria e Bernardo fu Piersanti si sono opposti alla proposta di conciliazione formulata dal giudice Enrico Catanzaro per il libro „Da cosa nasce cosa“. Mi stupische – ha aggiunto Caruso – che ora si manifesti un accanimento nei miei confronti. Per quanto mi riguarda posso dire di avere consultato e ripreso numerosi documenti e le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno offerto una nuova lettura sul contesto di quegli anni. Aggiungo di non aver mai usato per l' on. Bernardo Mattarella e per il figlio Piersanti il termine mafioso“. (ANSA).

3. Dalle pagine di un organo di stampa comunista il verbale del 3 marzo 2016 con le dichiarazioni del „pentito“ Franco Di Carlo, collaboratore di giustizia, già definito attendibile dalla Corte d' Assise di Trapani al momento della sentenza per l' omcidio del giornalistaantimafia Mauro Rostagno: „Il vecchio Bernardo Mattarella, padre del capo dello Stato, mi fu presentato come uomo d' onore di Castellamare del Golfo. Me lo presentò tra il '63 e il '64 il DC Calogero Volpe, affiliato alla famiglia di Caltanissetta, che aveva uno studio a Palermo“. La dichiarazione è stata resa nell' ambito del processo allo scrittore e giornalista siciliano Alfio Caruso, trascinato in tribunale da Sergio Mattarella e famiglia con l' accusa di avere infangato la figura Bernardo, il patriarca e e ministro DC tra il '53 e il '63, deceduto nel 1971, e di aver raccontato in „maniera grossolana“ i rapporti politici di Piersanti, il presidente della Regione siciliana, ucciso dalla mafia il 6 gennaio 1980. Il collaboratore di giustizia ha raccontato al legale dello scrittore che insieme al mafioso Volpe, DC, ebbe occasione „di andare a casa di Mattarella“ e inoltre che „in quei primi anni Sessanta, nei paesi in Cosa Nostra entravano le persone migliori.Così era capitato a Bernardo Mattarella, che era un giovano avvocato perbene. Ciò era avvenuto anche nell' ambito della famiglia della moglie Buccellato, che aveva al suo interno sia esponenti di Cosa Nostra, sia esponenti delle Istituzioni, perfino un magistrato“. Non è certo la prima volta che Bernardo Mattarella viene accusato di vicinanza e relazioni con la mafia. Alcuni intellettuali borghesi contemporanei lo avevano denunciato apertamente. Tra questi, il sociologo pacifista e antimafioso Danilo Dolci, che nel '66 aveva scritto ri guardo ai rapporti di Cosa Nostra die democristiani Mattarella padre e Volpe. La questione finì con querela e la condanna di Dolci per diffamazione del potente ex minisdtro. Sorte diversa toccò allo scrittore siciliano Michele Pantaleone che, per aver definito mafioso il sodale di Mattarella padre, Volpe, sul giornale L' Ora di Palermo, fu trascinato a processo. In un contesto sociale più avanzato e combattivo, eravamo in pieno Sassontotto, dove l' omertà lasciava il posto alle aperte denunce di mafiosità a carico di esponenti DC, la sentenza die ragione a Pantaleone che fu assolto. . . . In tempi più recenti, nel 1992 per la precisione, l' ex ministro PSI Claudio Martelli, riprendendo documenti parlamentari, denunciò che Bernardo Mattarella „secondo gli atti della Commissione antimafia e secondo Pio La Torre (1976), fu il leader politico che traghettò la mafia siciliana dal fascismo, dalla monarchia e dal separatismo, verso la DC“. Lo storico siciliano Giuseppe Casarrubea, che in anni precedenti si è occupato di ricostruire le trame mafiose, massoniche e fasciste che portarono alla strage di contadini di Portella della Ginestra, nel 1947, ha scritto che Mattarella era ritenuto vicino al boss di Alcamo, in provincia di Trapani, Vincenzo Rimi, considerato in quegli anni al vertice di Cosa Nostra. Sulla vicenda di Portella le accuse di Gaspare Pisciotta, prima di bere il fatidico caffè avvelenato all' Ucciardone di Palermo, a diversi politicanti, tra cui i DC Bernardo Mattarella e Mario Scelba, di ever avuto incontri con Salvatore Giuliano per pianificare la strage, tuttavia furono giudicate infondate dalla Corte d' Assise di Viterbo. Ma si sa che su quella strage mai si è arrivati al livello dei mandanti nelle istituzioni. (Vi arrivò, però, Peter O. Chotjewitz). C' è poi da fare una pubblica riflessione su tutte quelle voci dei contemporanei di Mattarella padre (Tutti morti, ndr) messe a tacere dall' artiglieria pesante della potenza economica della famiglia, dai suoi legami e un fuoco di fila di querele e risarcimenti stratosferici, come i 250mila euro imposti allo scrittore Alfio Caruso. Cosa c' è (ancora, ndr) in gioco? A parte l' onorabilità (presunta e non documentabile, ndr) del nome antimafioso di Mattarella padre, probabilmente c' è da riscrivere un intero pezzo di storia della Prima repubblica, mettendo a nudo quell' inquietante nero intreccio fra politica-mafia-massoneria che partendo da Bernardo ha dato origine alla potenza politica die Mattarella in Sicilia per arrivare fino all' attuale capo dello Stato. E a nudo verrebbe messa anche la pericolosa strategia renziana di recupero della DC filomassonica, filomafiosa e golpista che oggi regge il regime del nuovo duce (di cartapesta, Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi, Ndr).

* *

Scrisse Simone Borri il 24 Dicembre 2017: Sergio Mattarella, su cui si apre la finestrella dell' ultimo giorno, il 24, quello che precede il Natale, ha lo sguardo più indecifrabile, e a nostro parere inquietante, di quello della Sfinge. L' uomo che il partito democratico ha chiamato e imposto a sucedere al più inquietante e devastante Giorgio Napolitano rappresenta in realtà un ritorno a quel Porto delle Nebbie che fu per tanti versi la Prima Repubblica Italiana. La sua stessa storia personale è avvolta in quelle nebbie sottili ma impenetrabili che avvolgono tutte le cose siciliane dal dopoguerra ad oggi. Suo padre, ministro a varie riprese della neonata Repubblica, fu indicato (e poi per volontà testamentarie „acclarato“, v.s., Ndr) come mandante della strage di Portella delle Ginestre nientemeno da Gaspare Pisciotta, il braccio destro del suo autore, il bandito Salvatore Giuliano da Montelepre. Al processo, tutto giocato allora, come spesso in seguito, aulle dichiarazioni e controdichiarazioni di mafiosi e pentiti e sui relativi teoremi, Bernardo Mattarella fu scagionato, ma l' ombra in qualche modo rimase (Fino alla morte del deputato Ramirez avvenuta il 18 marzo 1971, v.s., a morte già avvenuta di Bernardo Mattarella. Ndr), tanto che la fiction, Il capo die capi, nel 2008 lo ritrasse come politico colluso con Cosa Nostra. Salvo subire la querela da parte del figlio, il futuro presidente. Suo fratello Piersanti fu una delle vittime eccellenti della mafia nel 1980, nel momento in cui palermitani (i „civili“, ndr) e corleonesi ( i „viddrani“, ndr) lottavano per il controllo del territorio siciliano e della Cupola. Politici DC come il padre, presidente della Regione a statuto speciale, ad un certo punto aveva detto qualche NO di quelli che a Cosa Nostra non si dicono. Di più non è dato sapere (a parte l' interpretazione coerente data dal compiando Generale C.A, Dalla Chiesa. Ndr). Sulle vicende giudiziarie siciliane e italiane grava permanentemente un velo ancora più spesso delle nebbie di cui sopra, e dopo Falcone Borsellino nessuno è più apparso in grado di squarciarlo.

Sergio Mattarella, nei decenni che hanno preceduto la sua elezione laboriosa e controversa a presidente della repubblica (il quarto a fila eletto dallo schieramento di sinistra, che beneficia evidentemente di congiunzioni astrali favorevoli, ha tenuto (e tiene, ndr) il profilo basso del peone democristiano, l' uomo di scarsa visibilità ma sempre pronto quando il partito chiama, sia esso DC, Margherita o PD.

Sia che si tratti di firmare il provvedimento che nessuno se la sente, quel Mattarellum che disattendeva platealmente il risultato del referendum popolare a favore del sistema elettorale maggioritario. Sia che si tratti di conferire l' incarico di governo a quel Paolo Gentiloni che un anno fa, dopo la batosta al referundum costituzionale subita da Renzi e dal Pd, non rappresentava niente e nessuno se non la volontà di una casta di perpetuarsi a qualunque costo. (Oggi questa nullità in assoluto è un commissario di una Ce che sceglie in base alle regole-proporz i responsabili del destino dell' Europa. Ndr).

Sergio Mattarella, che ha attraversato le vie delle nostre repubbliche in lungo e in largo, non piace neanche un po'. Il suo sguardo è e resta impenetrabile, e al di sotto di esso può esserci qualsiasi cosa. Difficilmente positiva per il paese che è stato incaricato (e riconfemato, ndr) di rappresentare. Nell' iconografia fantasy della nostra classe politica, se Napolitano è stato Valdemort (Lord Voldemort, 31 dicembre 1926 - 02 maggio 1998, è l' antagonista oscuro dell' ereoe Harry Potter. È considerato uno dei maghi neri più terribili e potenti di tutti i tempi), lui è assimilabile a Peter Minus (ingl.: Peter Pettigrew, 1960 – 1998, fu un mago, conosciuto anche con il soprannome di Codaliscia, ingl.: Wormteil, il quale durante la Prima Guerra die Maghi era membro dell' Ordine della Fenice ma il 31 ottobre 1981 tradì i suoi amici James e Lily Potter rivelando il loro nascondiglio di cui solo lui era a conoscenza a Lord Voldemort che uccise così i conuigi Potter.). È la DC peggiore, quella del sottobosco, quella che non rispondeva a nessuno da viva, e ha ha continuato a farlo anche da morta.

Metterlo nel presepio, ammesso e non con-cesso di sopportare la sua retorica ancora più stucchevole e vuota di quella del predecessore, significa ritrovarci dentro prima o poi die personaggi che non si sa da dove vengono e a che titolo, e che un attimo dopo esserci entrati cominciano a sbraitare per avere lo Jus Soli. Con lui dentro, il presepio non si scioglie a scadenza naturale il 6 gennaio, ma quando fa comodo a chi ce l' ha messo. E nessuna meraviglia se al posto di San Giuseppe dà l' incarico a qualche cariatide che come carisma e ragion d' essere ne ha anche meno di lui, il Gentiloni di turno.

 

E poi... c' è quello sguardo, quella luce negli occhi... Brutti, come il Natale più triste che ci sia dato ricordare da tempo a questa parte.

In un articolo redazionale del 9 febbraio 2015 di un noto quotidiano, così il redattore: Detto questo non risulta certamente il mio ideale di Capo dello Stato. Perché? Le motivazioni sono queste: nei 25 anni passati come parlamentare e ministro non ha certo brillato per attivismo tanto è che Massimo Gramellini ha scritto che „In confronto Monti era il Carnevale di Rio“. Per me ha il grosso demerito di avere attraversato la prima e la seconda Repubblica, vale a dire il periodo che ha in gran parte distrutto economicamente questo Stato, facendo poco o, meglio sarebbe dire nulla, per dissociarsi, pre prendere le distanze dall' andazzo politico imperante.

Come Giudice della Corte Costituzionale ha avuto una nomina non semplicissima. „Candidato dal Pd, fu eletto il 6 ottobre 2011 dal Parlamento in seduta comune. Avrebbe dovuto farcela alla prima votazione perché c' era l' accordo con Berlusconi, ma si misero di traverso radicali, Idv e un pezzo del Pd che voleva Luciano Volante, cioè un comunista vero invece di un ex dc. Bisognò attendere la quarta votazione, in cui bastava la maggioranza semplice. Essendo però incerti i numeri, il Pd, per sicurezza, precettò perfino una puerpera di appena due giorni, ordinandole la tassativa presenza in aula. La ragazza, allora ancora ignota ai più, era quella Marianna Madia che più tardi nell' Esecutivo-Renzi fece diventare il figlio, Bernardo Giorgio Mattarella, capo dell' ufficio legislativo con un emolumento di 125.010 euro, di cui 75.600 come trattamento economico fondamentale e 49.410 come indennità di diretta collaborazione. Corposo il suo curriculum (come tutti quelli che in questa Italia disonesta e facilona, reclamante un posto al solo in Europa, vengono „composti“ direttamente dagli interessati), considerato che a quei tempi era ordinario di diritto amministrativo all' università di Siena (in aspettativa) e docente della stessa materia alla Luiss, con detenzione di un network di contatti istituzionali, dal momento che il figlio del Sergio faceva parte di Astrid, il thin tank guidato dal presidente della Cassa DD.e PP, Franco Bassanini, con dentro ex giudici costituzionali come G.M. Flick, Valerio Onida, Giulio Napolitano, figlio dell' ex capo dello Stato Giorgio (il giglio candido dei voli low cost Roma-Bruxelles che si faceva rimborsare come voli di linea per essere, poi, svergognato da un giornalista d' inchiesta tedesco) e Enzo Cheli, che all' epoca introdusse il giovane di belle speranze, Bernardo Giorgio, nel Palazzo della Consulta, dal momento che nel 1966 lo reclutò in funzione di assistente. Lo stesso ruolo che l' illustre rampollo all' epoca ha avuto con altri giudici costituzionali come Guido Neppi Madona e Sabino Cassese. Un destino, quello del „duo“ Bernardo Giorgio Mattarella e Giulio Napolitano, che s' incrocia anche all' interno dell' Irpa (l' Istituto di ricerca sulla pubblica amministrazione fondato nel 2004 dallo stesso Cassese), di cui entrambi sono soci. Tra le altre cose il figlio di Mattarella è stato dal 2008 al 2013 docente alla Scuola nazionale dell' amministrazione, un ente dove spesso e volentieri trovanouna sistemazione „diórata“ grand commis di Stato. Ma anche consulente della Civit, all' epoca inutile Authority di valutazione della P.A., successivamente trasformata nell' attuale Autorità anticorruzione. Lo stato di salute della P.A. dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti, ma non lo è ancora, non sappiamo per quali motivi, sotto quelli della Commissione europea, Austria, Germania, Paesi Bassi e Paesi Scandinavi e, in primis, della Magistratura indagante italiana. Misteri!

Tutto quì dei rampolli dorati a comporre il famigerato <Clan de' Mattarella> con a capo il Sergio? Ma neanche per sogno, se si richiamiamo all' attenzione dei cornuti italiani l' avventura dei germani Maria e Bernardo Mattarella, creature del Piersanti assassinato. La prima, in forza di un curricullum autogestito da far vomitare che con la manina dell' inutile e vuoto Nello Musumeci, al tempo nel ruolo di presidente della Regione a statuto tutto speciale „Sicilia“ e oggi ministro di questa repubblica italiana delle banane che una Giorgia Meloni, „socialfascista piuttosto che „neo-postfascista“, dovrebbe moralmente risanare, che nottetempo diventa „segretario generale della Regione, grazie all' accogllimento, nel quadro delle disoneste scelte sulla burocrazia regionale, da parte di quel cialtrone di Musumeci, della <proposta di risoluzione consensuale del contratto individuale proposta dalla titolare Patrizia Monterosso>. Non una presa di posizione del parlamentino di Sala d' Ercole né un richiamo alla pulizia da parte del Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi, il presidente amato dagli italiani „coglioni“ dal suo olimpo del Quirinale trasformato in QuOrinale.

Poi c' è il Bernardo Mattarella nipote, ex-consigliere regionale in Sicilia, indagato per peculato su rimborsi regionali e reduce da qualche brutta avventura con la Giustizia di Palermo, il cui nome assurse agli onori della cronaca nel 2008, quando l' allora Sviluppo Italia (poi Invitalia), guidata da Domenico Arcuri lo imbarcò come consulente, per poi promuoverlo a dirigente, Di tanto in tanto i il suo pargoletto Piersanti Mattarella jr., 35 anni, latra su Adnkronos facendoci sapere che „Non fu solo Cosa Nostra a uccidere mio nonno“. Ma che cacchio cerca costui, dopo che della città di Palermo, vie, parchi pubblici e luoghi istituzionali sono stati sottratti alle loro identità? Vada a cercare i motivi dell' assassinio di suo nonno nella storia contorta della sua Grande Famiglia e sulle ragioni per le quali per il suo zietto Sergio, ancora capo dello Stato, conta anche la reputazione della famiglia dove incontrerebbe le ombre fitte che avvolgono il suo defunto padre Bernardo, ras della Dc siciliana nel dopouerra, e quelle recenti che hanno coinvolto il fratello Antonino (giurista!), indagato negli anni Novanta a Venezia per riciclaggio di denaro sporco e associazione mafiosa col cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti, per una speculazione relativa ad una decina di alberghi a Cortina, inchiesta poi archiviata nel 1996 per mancanze di prove sulla provenienza illecita del denaro, con coda di polemiche anche in Parlamento. Tutta lì l'azione del <bimbo minchia> (Travaglio) e rottamatore della malapolitica, Matteo Renzi, nella scelta di un candidato che rompesse col passato e non un ex tesserato della balena bianca?

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Il 9 gennaio u.s. Il Presidente federale Franz Walter Steinmeier e il presidente della Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi hanno premiato il gemmellagio italo-tedesco annunciando il secondo premio per il gemellaggio tra città invitando città e comuni dei due paesi a candidarsi per il premio, il tutto nel riconoscimento (di facciata) delle strette e buone relazioni tra Germania e Italia a livello comunale e nel riconoscimento di città e comuni tedeschi e italiani che presentano progetti di partneriato in ambito di scambi giovanili, impegno civico, sostenibilità, integrazione europea, innovazione, digitalizzazione, cooperazione culturale, coesione sociale e inclusione. Dove? Quando? Il tutto visto dal mio osservatorio di Germania altro non è che tempo perso che si dovrebbe impiegare per imporre a questa italia disesstata su tutto: Diritto urbanistico, Diritto edilizio pubblico, Diritto contrattuale, Diritto ambientale, Normativa edilizia efficiente e rigorosa, normalizzazione del rapporto Stato-Regioni-Comprensori di Comuni e Comuni sul modello efficiente della Germania istituendo istituzioni intermedie come i Distretti amministrativi (Regierungsbezirke) a disciplinare nel dettaglio i rapporti tra Amministrazioni regionali e Amministrazioni comprensoriali e comunali, più che in termini astratti tra Regioni, Comprensori e Comuni. E se vera possa essere l' iniziativa della dinamica e coraggiosa Giorgia Meloni tendente a mettere ordine nel mercato immobiliare introducendovi la disciplina della Norma trdesca DIN 277, secondo la quale la superficie netta del pavimento è l' area tra i componenti ascendenti, cioè la dimensione chiara delle stanze al netto dell' intonaco. In altri termini: la superficie lorda del pavimento meno la detrazione forfettaria per l' intonaco del tre per cento. Donde ad un appartamento di 100 mq. sulla base di una misura più accurata dello spazio abitativo va riferito uno spazio abitativo „netto“ di 97 mq. Per questo sono disponibili due metodi: da un lato,la misurazione imprecisa con rotella a nastro o righello, dall' altro, misurazione esatta con telemetro laser, consigliato – anche per la mia cinquantennale attività professionale di architetto in Germania – per una misurazione accurata. Un buon dispositivo in grado di memorizzare diverse misurazioni è già disponibile per circa 100-150 euro, rende il lavoro molto semplice e fa giustizia all' acquirente o al localatario di un un immobile o di un appartamento posti in vendita o in affitto con la superficie abitale al netto dell' intonaco. Finalmente una autentica „mazzata“ a palazzinari e speculatori sciacalli che da settantanni scorazzano in questa italia senza regole.

Se queste, tra le tante buone, sono le intenzioni dell' Escutivo presieduto da Giorgia Meloni, che si passi all' azione con ordine, rigore e disciplina, categorie a garanzia di una autentica democrazia, latu sensu, e a debellare l' immonda e incrostata anarchia à l' italiana, strictu sensu, il tutto in un contesto salutare di igiene politica e revisione a tutti i livelli operativi, di vertice e di base, che come premessa abbia la collocazione dell' operatore giusto al posto giusto e il licenziamento per scarso rendimento, In altri termini l' allontanamento del ministro Salvini dal Ministero II. & TT. e la mobilitazione dell' Ambasciata d' Italia di Berlino nel ruolo di canale d' informazione nel dettaglio dell' efficiente macchina operativa della Germania versus Italia.

 

 

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Colloqui con Mussolini - Переговоры с Муссолини

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В этот момент Муссолини выглядел ужасно наполеоновским; в этих случаях она странным образом напоминает гравюру Лефевра 1815 года. Затем черты его разгладились, и он изменил тон голоса, когда заключил:
<Конечно, у каждой империи есть свой зенит. Так как она всегда является творением людей, хотя и исключительным, то причины упадка уже заложены в ней. Как и во всех исключениях, в нем есть что-то эфемерное. Это может длиться столетие, два или всего десять лет. Воля к власти.>
<Необходимо ли поддерживать его исключительно для поддержки войнами?> — спросил я. (Эмиль Людвиг, примечание редактора)
Не исключительно, — ответил он и сел, немного наклонившись вперед, по-своему, опершись на руки, как бы говоря из-за стола. <Престолам нужны войны, чтобы поддерживать себя. Диктатуры не всегда. Некоторые могут и не могут. Мощь нации является результатом ряда элементов, а не только военного. Однако я должен добавить, что положение нации на сегодняшний день, в общем понятии, определяется ее силой в войне. До сих пор военная сила считается синтезом всех национальных сил.>
<До вчерашнего дня> я сказал (Эмиль Людвиг, Эд). <И
завтра?>.
«Завтра!» — повторил он скептически. Конечно, это уже не верный критерий, это правда. А так на завтра нужна международная инстанция*, единство хотя бы одного континента**. После единства Штатов надо стремиться к единству континентов, но в Европе это чрезвычайно трудно, потому что в Европе каждый народ имеет особое лицо, язык, обычаи, разные особенности. Процент, скажем, х, остается в каждом народе полностью самобытным и первым выступает против союза. В Америке, несомненно, легче объединить сорок восемь штатов, с одним языком и без многовековой истории.>
<Но есть не в каждом народе>, — снова спросил я (Эмиль Людвиг, прим. ред.), <еще один процент у, чисто европейский?>.
<Этот процент существует вне власти какой-либо нации. Наполеон хотел Европу. Его большой гордостью было объединить это. Сегодня это, пожалуй, более возможно**, но только при понимании европейского в известном смысле, по понятиям Карла Великого и Карла V, от Атлантики до Урала.>
<Значит, не только до Вислы?>
<Может быть, даже до Вислы.>
<А вы не представляли себе эту Европу под фашистским руководством?>
<Что значит quida?> — в свою очередь весело спросил он. <Наш фашизм такой, какой он есть. Однако он содержит некоторые элементы, которые могут принять и другие.>

 

Из:
Эмиль Людвиг
ИНТЕРВЬЮ
С
МУССОЛИНИ
Незаменимый и сбивающий с толку документ из обстоятельств, описанных издателем Арнольдо Мондадори в краткой хронике генезиса второго издания 1950 года, с префакцией писателя и журналиста, немецкого еврея Эмиля Людвига об обстоятельствах встречи с Муссолини, когда он уточняет: «Следующие беседы происходили с двадцать третьего марта по четвертое апреля 1932 года почти каждый день и примерно по часу в день в Палаццо Венеция, в Риме и на итальянском языке и немедленно записывались. на немецком. Из моих предыдущих интервью было добавлено всего несколько предложений. Немецкая рукопись была подарена Муссолини, который, доверившись своей памяти, нашел все отрывки, в которых сообщаются его слова.
Они не использовали посторонний материал, однако некоторыми предположениями я обязан биографии Маргариты Сарфатти. Эти коллоквиумы не содержат ни анекдотов, которыми полон Рим, ни сведений о сотрудниках Муссолини, которые могли бы служить иллюстрацией некоторых аспектов его личности, а только диалоги, которыми мы обменивались.

Так Арнольдо Мондадори заключает предисловие ко второму изданию: «Я верю, что книга может служить документом для потомков, когда они готовятся писать, sine ira et studio, историю фашистского периода.

И мне не хочется больше ничего добавлять.

* Организация Объединенных Наций была основана 24 октября 1945 года.

** Европейское сообщество было основано 25 марта 1957 г.

Бенито Муссолини задумался об этих учреждениях еще в 1932 году.

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Fascismo, Sowjetcomunismo, New Deal e Benito Mussolini

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В чем разница между итальянскими неофашистами и социал-фашистами

Из:

Вольфганг Шивельбуш, немецкий историк культуры, живший между Нью-Йорком и Берлином, в:
Entfernte Verwandtschaft

фашизм,
националсоциализм,
Новый договор
1933-1939 гг.

Carl Hanser Verlag, Мюнхен, Вена, 2005 г.:

Интересной аналогией противостояния Нового курса и корпоративизма стало противопоставление фашизма и советского коммунизма в фашистских дебатах (см.: Розария Куартараро: <Рим и Москва. Образ СССР в фашистской прессе, 1925-1935> в современной история, 27/1996, стр. 447-72).

В отличие от национал-социализма и его демонизации большевизма, фашизм в 1925–1935 годах проявлял острый общественный интерес к русскому эксперименту и удивительно широкую волю, даже желание сравнить и сопоставить с ним свою систему. В ежедневной прессе, а также в периодических изданиях Россия присутствовала так же, как и Америка. Такие выдающиеся авторы, как Курцио Малапарте, Луиджи Барзини и Джакомо Гандольфи, были командированы в Советский Союз и сообщали о своих отнюдь не отрицательных впечатлениях в длинных отчетах. Конечно, историческое превосходство фашизма принципиально не подвергалось сомнению, но противоположная сторона анализировалась столь же объективно и тщательно, сколь и полемично и уважительно. Подобно тому, как «Новый курс» был признан шагом в правильном направлении, в котором фашизм неуклонно двигался в течение долгого времени, так и здесь советский коммунизм был признан анти- и постлиберальной системой, которой недоставало только конечного — фашистского — по мнению решение которой следует искать не в диктатуре класса, а в диктатуре нации. Подобно тому, как, согласно фашистской критике, «большевизм в России был прелюдией к фашизму», точно так же «Новый курс» станет первым шагом на пути к истинному фашизму.

<Русская и фашистская революция «может быть понята только в синтезе, который расширяет и обнимает, но никогда в анализе, который разделяет и уменьшает».
Цит. Розария Квартараро, с. 449-452, 7.12.1922 по: Народ Италии.

. . .

<Наши программы определенно революционны. Наши идеи принадлежат тому, что при демократическом режиме назвали бы левыми, наши институты являются прямым следствием наших программ: наше государство труда. В этом не может быть сомнения: мы — пролетарии, борющиеся не на жизнь, а на смерть против капитализма. Мы революционеры, ищущие новый порядок. В этом пункте верно, что обращаться к буржуазии, размахивая красной опасностью, нелепо. Настоящий призрак, настоящая опасность, угроза, с которой мы неустанно боремся, исходит справа. Поэтому мы не заинтересованы в том, чтобы капиталистическая буржуазия была союзником против угрозы красной опасности: даже в лучшем из предположений она была бы лишь вероломным союзником, который пытался бы заставить нас служить своим целям, как это уже не раз уже сделано время с некоторым успехом. Тратить на это слова совершенно излишне. Наоборот, оно вредно, так как сбивает нас с толку подлинными революционерами любого цвета, с людьми реакции, языком которых мы иногда пользуемся>.

Бенито Муссолини

Для нас, социал-фашистов, надежда на то, что неофашисты Джорджии Мелоно, наконец, смогут найти третий путь между капитализмом и социализмом, вовлекая производительные силы (Конфиндустрия) и рабочие силы (профсоюзы) в постоянную комиссию. > фашистского периода, таких как Социальное государство (но также и освоение Агро Понтино), с тем, что сегодня и, не теряя больше времени, должно быть: А. Мелиорация «Земли огней», области между Неаполь и Казерта считаются подверженными высокому риску для окружающей среды и здоровья людей, вовлекая в сильный и беспощадный образ каморру людей всех возрастов. В этом смысле мы, социал-фашисты, твердо надеемся на переименование Министерства устойчивых инфраструктур и мобильности в «Министерство развития, городского и территориального планирования, мобильности и окружающей среды», чтобы избавиться от тотального невежества Маттео Сальвини и передать его знание министра ответственных и подготовленных и ответственных заместителей квалифицированных в областях: 1. Развитие. Градостроительное и территориальное планирование; 2. Мобильность и, 3. Окружающая среда, это организовано в: a. Центральный офис по охране окружающей среды и, b. Региональные управления по охране окружающей среды и Б. Ежедневные массовые убийства рабочих.

Это та философия, которая с точки зрения порядка, строгости и дисциплины в органической, корпоративной, социальной и партиципаторной демократии, к которой мы, социал-фашисты, стремимся и за которую мы будем вести борьбу без всякого уважения ни к кому, способна восстановить спокойствие. гражданам.

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Quel che fa la differenza tra neofascisti e socialfascisti

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Da:

 

Wolfgang Schivelbusch, lo storico culturale tedesco vissuto tra New York e Berlino, in:

Entfernte Verwandtschaft

 

Fascismus,

Nationalsocialismus,

New Deal

1933-1939

 

Carl Hanser Verlag, München Wien, 2005:

 

Un' interessante analogia di confronto tra New Deal e Corporativismo fu nel dibattito fascista la contrapposizione di Fascismo e Comunismo sovietico (vedi: Rosaria Quartararo: <Roma e Mosca. L'immagine dell'Urss nella stampa fascista, 1925-1935> nella Storia contemporanea, 27 /1996, pagine 447-72).

In contrasto con il Nazionalsocialismo e la sua demonizzazione del Bolscevismo, il Fascismo negli anni 1925-35 espresse un vivo interesse pubblico per l'esperimento russo e una volontà sorprendentemente vasta, persino un desiderio, di confrontare e misurare il proprio sistema con quello. Sulla stampa quotidiana così come sui periodici, la Russia era presente quanto l'America. Autori di spicco come Curzio Malaparte, Luigi Barzini e Giacomo Gandolfi furono inviati in Unione Sovietica e riportarono in lunghi rapporti le loro impressioni per nulla negative. Naturalmente, la superiorità storica del fascismo non è stata messa in discussione in linea di principio, ma la parte opposta è stata analizzata tanto obiettivamente e attentamente, quanto non polemica e piena di rispetto. Così come il New Deal è stato giudicato un passo nella giusta direzione, in cui il fascismo si era mosso costantemente per lungo tempo, qui il Comunismo sovietico è stato riconosciuto come un sistema anti- e postliberale a cui mancava solo il finale - fascista - secondo cui la soluzione non è da ricercare nella dittatura della classe, bensì della Nazione. Così come, secondo Critica fascista, <il Bolscevismo in Russia fu il preludio del Fascismo>, allo stesso modo il New Deal sarebbe la prima tappa sulla strada del vero Fascismo.

 

<La rivoluzione russa e fascista „possono essere comprese soltanto nella sintesi che allarga e abbraccia, mai nell' analisi che separa e impicciolisce>.

Cit. di Rosaria Quartararo, pag. 449-452, 7.12.1922 su: Popolo d' Italia.

 

. . .

 

<I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari. Le nostre idee appartengobo a quelle che in regime democratico si chiamerebbero di sinistra, le nostre istituzioni sono conseguenza diretta die nostri programmi: il nostroè lo Stato del Lavoro. Su ciò non può esserci dubbio: noi siamo i proletari in lotta, per la vita e per la morte, contro il capitalismo. Siamo i rivoluzionari alla ricerca di un ordine nuovo. Su questo è verorivolgersi alla borghesia agitando il pericolo rosso è un assurdo. Lo spauracchio vero, il pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza sosta, viene da destra. A noi non interessa quindi nulla di avere alleata, contro la minaccia del pericolo rosso, la borghesia capitalista: anche nelle migliore delle ipotesi non sarebbe che un' alleata infida, che tenterebbe di farci servire i suoi scopi, come ha già fatto più di una volta con uncerto successo. Sprecare parole per essa è perfettamente superfluo. Anzi, è dannoso, in quanto ci fa confondere, dagli autentici rivoluzionari di qualsiasi tinta, con gli uomini della reazione di cui usiamo talvolta il linguaggio>.

 

Benito Mussolini

 

Per noi socialfascisti, l' auspicio che i neofascti di Giorgia Melono possano finalmente individuare una terza via tra capitalismo e socialismo coinvolgendo all' interno di una commissione dal carattere permanente forze della produzione (Confindustria) e forze del lavoro (Sindacati) non solo per ricordare agli smemorati il <buono> del Ventennio fascista, come lo Stato Sociale (ma anche la bonifica dell' Agro Pontino), con quella che, oggi e senza perdere più tempo, dovrebbero essere: A. La bonifica della „Terra dei fuochi“, l' area compresa tra Napoli e Caserta considerata ad alto rischio ambientale e per la salute umana, coinvolgendovi in maniera forte, quanto impietosa, camorristi di ogni età. In questo senso noi socialfascisti auspichiamo fermemente in una ridenominazione del Ministero Infrastrutture e Mobilità sostenibili in <Ministero per lo Sviluppo, la Pianificazione urbana e territoriale, Mobilità e Ambiente> da sottrarre all' ignoranza totalizzante di un Matteo Salvini e consegnare al sapere di un Ministro responsabile e preparato e di Sottosegretari responsabili qualificati negli ambiti: 1. Sviluppo. Pianificazione urbana e territoriale; 2. Mobilità e, 3. Ambiente, questo organizzato in un: a. Ufficio centrale per l' Ambiente e, b. Uffici regionali per l' Ambiente, e B. Le stragi quitidiani di lavoratori.

 

È quella filosofia che, in termini di ordine, rigore e disciplina in una democrazia organiica, corporativa, sociale e partecipativa cui noi socialfascisti aspiriamo e per la quale condurremo una battaglia senza rispetto alcuno per chicchessia, sia capace di restituire serenità ai cittadini.

 

. . .

 

In questo momento Mussolini appariva terribilmente napoleonico; in questi casi assomiglia in modo singolare all' incisione del Lefèvre del 1815. Poi i suoi lineamenti si spianarono e mutò il tono di voce quando concluse:

<Naturalmente ogni impero ha il suo zenit. Poiché si tratta sempre di una creazione di uomini sia pure eccezionali, le cause del tramonto vi sono già insite. Come tutte le eccezioni, ha in sé qualche cosa di effimero. Può durare uno o due secoli o soltanto dieci anni. Volontà di potenza.>

<Occorre sostenerlo esclusivamente sostenerlo con le guerre?> chiesi io. (Emil Ludwig, NdR)

Non esclusivamente> rispose, e sedette sporgendosi un poco in avanti, alla sua maniera, appoggiando le braccia, come se parlasse da una cattedra. <I troni hanno bisogno di guerre, per sostenersi. Le dittature non sempre. Alcune possono farne e meno. La potenza di una nazione è il risultato di una quantità di elementi, non soltanto di quello militare. Però, devo aggiungere, la posizione di una nazione fino ad oggi, nel concetto comune, è determinata dalla sua forza in guerra. Fino ad oggi la forza militare è considerata la sintesi di tutte le forze nationali.>

<Fino a ieri> dissi io (Emil Ludwig, NdR). <E

domani?>.

<Domani!> ripetè egli scetticamente. Certo, non è più criterio sicuro, questo è vero. E così per domani sono necessarie un' istanza internazionale*, l' unità almeno di un continente**. Dopo l' unità degli Stati, si deve tendere all' unità die continenti, ma questoè in Europa straordinariamente difficile, perché in Europa ogni popolo ha un volto speciale, lingua, costumi, caratteristiche diverse. Una percentuale, diciamo x, rimane in ogni popolo completamente originale e si oppone per prima alla unione. In America è indubbiamente più facile unire quarantotto Stati, con la stessa lingua, e senza una storia secolare.>

<Ma non c'è in ogni popolo>, chiesi io (Emil Ludwig, NdR) nuovamente <un' altra percentuale y, che è puramente europea?>.

<Questa percentuale esiste all' infuori della potenza di ogni nazione. Napoleone ha voluto una Europa. Il suo grande orgoglio era quello di unirla. Oggi è forse maggiormente possibile**, ma soltanto intendendo europeo in un determinato senso, secondo le concezioni di Carlomagno e di Carlo V, dall' Atlantico agli Urali.>

<Allora non soltanto fino alla Vistola?>

<Forse anche solo fino alla Vistola.>

<E Lei non si è immaginato questa Europa sotto la guida fascista?>

<Che vuol dire quida?> interrogò vivacemente a sua volta.<Il nostro Fascismo è come è. Contiene però alcuni elementi che anche altri potrebbero accettare.>

 

Da:

Emil Ludwig

COLLOQUI

CON

MUSSOLINI

Un documento insostituibile e sconcertante dalle circostanze così descritte dall' editore, Arnoldo Mondadori nella breve cronistoria della genesi della seconda edizione, 1950, con la praefactio dello scrittore e giornalista, ebreo tedesco, Emil Ludwig sulle circostanze dell' incontro con Mussolini, allorché questi precisa: <I seguenti colloqui, ebbero luogo dal ventiré marzo al quattro aprile 1932, quasi tutti i giorni e per circa un' ora al giorno nel Palazzo Venezia, a Roma, e in lingua italiana e immediatamente scritti in tedesco. Solo poche frasi sono state aggiunte dai miei colloqui precedenti. Il manoscritto tedesco fu presentato a Mussolini, il quale, fidandosi della memoria, riscontrò tutti i passi in cui vengono riferite le sue parole.

Non misono servito di materiale estraneo, devo tuttavia alcuni suggerimenti alla biografia di Margherita Sarfatti. Questi Colloqui non contengono alcuno degli aneddoti di cui Roma è piena né informazioni die collaboratori di Mussolini – che potrebbero servire a illustrare taluni aspetti della sua personalità – ma soltanto i dialoghi tra noi scambiati.>

 

Così Arnoldo Mondadori conclude l' introduzione alla seconda edizione:<Ritengo che il libro possa servire come documento ai posteri, quando si accingeranno a scrivere, sine ira et studio, la storia del ventennio fascista.

 

E io non mi sento di aggiungere d' altro.

 

*Le Nazioni Unite sono state fondate il 24 Ottobre 1945

 

**La Comunità Europea è stata fondata il 25 Marzo 1957

 

Benito Mussolini pensò a queste istituzioni già nel 1932.

 

 

 

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Italia NO FUTURE

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buttanissima.it | 27.09.2022

Schifani conquista la Regione

Un palermitano a Palazzo d'Orleans. De Luca ammette la sconfitta. La Chinnici supera Di Paola e i Cinque Stelle

 

Doveva essere palermitano e di Forza Italia: lo sarà. Renato Schifani ha vinto le elezioni Regionali e governerà per cinque anni la Sicilia. Nonostante tutto. Non è bastato un capo d’imputazione nel processo Montante, né lo smottamento del centrodestra, che aveva portato alla bocciatura di Musumeci da parte di Micciché (e la replica rabbiosa del ‘cerchio magico’). Tanto meno l’inefficacia degli ultimi cinque anni di governo, scanditi da una serie di errori, anche sotto il profilo contabile. Non basta nemmeno l’ottima prestazione di Cateno De Luca, che si ferma a distanza di sicurezza dall’ex presidente del Senato. Con una manciata di sezioni da scrutinare, Schifani è al 41,9% contro il 24,5% di De Luca.





Io ho perso, ma non credo che i siciliani abbiano vinto”, è il commento laconico di Scateno sui social. Poi, dalla piazza di Fiumedinisi, rilancia: “Con Schifani non voglio avere a che fare. Con ‘politica e mafia’ non voglio averci a che fare. Mi fa schifo. Non voglio avere a che fare con questi personaggi che da 30 anni gestiscono il potere. Ci aspettavamo una reazione di popolo che non c’è stata”. Infine, tra buoni propositi e lacrime di commozione, ammorbidisce la linea: “Auguro a Schifani di stare 5 anni alla Regione. Nel frattempo ci organizziamo perché avremo modo di far vedere ai siciliani cosa significa la buona amministrazione”.



 



Caterina Chinnici, anche se da di magrissima consolazione, sale sul terzo gradino del podio, staccando il grillino Nuccio Di Paola. Scompare invece Gaetano Armao: il tandem Azione/Italia Viva si ferma sotto il 2 per cento e non elegge deputati. Ma per il centrodestra c’è un’altra buona notizia: cioè tutte le liste superano la soglia di sbarramento del 5 per cento, compresa la Dc di Cuffaro e gli Autonomisti di Raffaele Lombardo. Il dato dei partiti, dopo le prime proiezioni favorevoli a Forza Italia, dà ragione a Fratelli d’Italia, che ottiene il 15% circa. I berluscones si fermano al 14,7. Li lista ‘De Luca sindaco di Sicilia’ (13,9) supera di un’incollatura un deludente M5s (13,5), che si ritrova un risultato dimezzato rispetto alle Politiche.

 

 

 

C O M M E N T O

 

 

Politicamente un sifilitico, Schifani sarà coerente nella schifezza che si trascina dietro in quanto ruota di scorta del suo padre-padrone, Silvio Berlusconi. Questo è un dato che deve essere chiaro a tutti, come chiarissima è la sua nullità in quanto avvocaticchio (nella scala: giurista, avvocato, avvocaticchio e mezza sega). Con lui a <Palazzo Snaerlo> e Giorgia Meloni a <Palazzo Gigi>, rispettivamente la Sicilia traghetta dalla fogna alla latrina e l' Italia piomba nella cloaca maxima della Roma del malaffare nell' Europa del <niente fare>.

 

Perché, qualcuno può chiedersi, questo veder cupo? Per i seguenti motivi: 1. L' assenza nella disarmante coerenza dei neofascisti di Fd'I. del minimo di essenza autocritica e critica socialfascista che, in uno con il loro rinnegare la matrice che li ha generosamente nutriti, ha fatto di loro sacchi di merda vaganti nel deserto politico italiano; 2. La vergogna, dentro il pentolone che li contiene, di un aborto di madre-natura nella non-persona del fidanzatino e buttaniere "nazionale" Silvio Berlusconi; 3. La presenza nel confermto convoluto di quella Lega del rimbambito e corrotto Umberto Bossi e del suo ex palafreniere Porcellum Calderoli del quale deve essere sempre ricordata la consegna all' uscita dell' autostrada per Como al compianto ex commissario di polizia ticinese Fausto Cattaneo di 8 milioni di vecchie lire affinché riprendesse le indagini sulla sporca operazione <Nova Atlantide> che aveva visto il coinvolgimento di Fininvest sul punto di trasferire oltre 300 milioni di dollari dall' Italia in una banca di Lugano. Somma di denaro da mettere a disposizione dell' oscuro amico del Silvio, Juhan Ripol.

 

L' operazione di polizia andò in fumo proprio sul punto di andare in porto - qualcuno sostenne esservi stata per lo mezzo la manina della Signora Carla Dal Ponte, preoccupata di far perdere alla sua madrepatria un depositante di denaro sporco nelle banche svizzere così di rilievo come il "Berluskaz" (una felice espressione dell' umberto d' altri tempi) -, ma la Lega non si rassegnò, donde l' ingaggio dell' ex commissario Cattaneo, il quale, recatosi in Brasile sulle tracce della Fininvest coinvolta in altre sporche operazioni, tra le quali l' operazione <Nova Atlantide>, condusse ottimi accertamenti che sottopose allo stato maggiore leghista in occasione di un incontro presieduto dal "grande capo" nella sede del partito di Milano.

 

Il bravo e compianto Fausto Cattaneo rimase in attesa sul dafare, ma dal suo nido d' aquila meneghino l' Umberto, già sul percorso di un rimbambimento precoce, sospese ogni contatto con il solerte ex poliziotto ticinese, chissà se già sotto l' effetto della generosa pioggia di denaro del Berluskaz in funzione di battesimo del nascituro primo malgoverno di FI e i neofascisti di AN del prode Giancarlo Fini. Il fatto che chi da socialfascista scrive, oggi più che mai, guardi con più disprezzo e senso di schifo ai neofascisti (ieri di Fini, oggi di Giorgia Meloni), mi auguro possa essere recepito nella sua vera natura di umana sofferenza e, per l' amata Italia, come chance perduta per un suo rinnovamento politico, morale, sociale ed economico.

 

Donde il motto del mio compianto compaesano e co-fondatore del M.S.!., Prof. Alfredo Cucco: <frangar, non flectar> (it.:spezzarsi, mai piegarsi) a consolidare il mio impegno, ininterrotto e continuo, dalla grande, generosa, operosa e seria Germania, nel contesto di un' altra Europa, al servizio delle mie Italia e terra di Sicilia.

 

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I bisogni dell' Italia

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Oltreché di ordine sociale ed economico sono soprattutto di igiene politica per poter far funzionare l' irruginita macchina dello Stato. Di cosa si tratta in termini reali dopo aver accennato in altra occasione l' irrefrenabile dilagare della ferrea oligarchia delle informi agglomerazioni partitiche che dei caratteri di partiti politici, votati al bene comune, hanno poco nulla?

Democrazia di sostanza, intanto, poiché è con una sentita partecipazione che si può diventare protagonisti di una crescità della comunità grazie al valore e al contributo di esperienza, competenza e impegno. Un discorso, questo, che, pur nei limiti derivanti dall' impianto strutturale del regime totalitario fascista, fu posto in essere dal corporativismo la cui ragion d' essere si radicava nella convizione secondo la quale il sistema demo-liberale in tema di rappresentività, proprio in ragione della sua genetica illuministico-borghese costituiva un intralcio alla connessione organica e responsabile del mondo del lavoro e della produzione nella gestione del potere decisionale: una imperdonabile „disattenzione“, certamente non pagata dal riconoscimento di forma, più che di sostanza, al CNEL, Consiglio Nazionale dell' Economia e del Lavoro, il Volkswirtschaftsrat del 1881 di memoria bismarkiana o Il Consiglio Nazionale delle Corporazioni del 1930 di memoria fascista, appagato soltanto dalla concessione della semplice funzione consultiva.

Una lacuna che emerge vieppiù, imposta dalla crisi profonda crisi dei partiti e dei sindacati e, soprattutto, dalle stragi quotidiane di lavoratori, aspetti che da tempo avrebbero dovuto imporre un' attiva partecipazione delle forze del lavoro e della produzione ai vertici del potere decisionale a tutto vantaggio sia del sistema rappresentativo che delle riforme istituzionali. E invece il dilagare della partitocrazia a tutti i livelli operativi e scale istituzionali ha impedito, e continua ad impedire, una corroborazione della democrazia nel contesto di un consolidamento dell' impegno di presenza attiva e di miglioramento della qualità gestionale della cosa pubblica, fino alla composizione delle giunte comunali e regional con i membri espressi dalle singole categorie e il risultato di un' azione amministrativa sostenuta da esperienza sul campo, professionalità e, in primis, competenza, di certo non il degrado messo in atto dal presidente della Regione uscente Nello Musumeci o dal sindaco di Castelbuono, Mario Cicero, tanto per restare in ambito delle nostre denunce sui professionisti della politica ai quali il sistema partitocratico, da un lato, e l' abulia dei cittadini, dall' altra, hanno assicurato, lucro, carriera e vita comoda.

Il „sistema“ è fradicio e l' allarmante fenomeno di degrado politico e morale, sociale ed economico e, soprattutto, culturale, altro non può essere scaricato che sulle classi dirigenti che dal secondo dopoguerra si sono succedute fino ad oggi e la loro saccenteria di voler insegnare agli italiani come si governa una nazione, facendo credere a loro che corruzione e immoralità, malcostume e malgoverno, droga, violenza e criminalità comune e organizzata, disfunzioni nella scuola, nella giustizia e nelle strutture istituzionali, dissesto amministrativo e finanziario altro non sono stati che eredità del <deprecato ventennio> (Cazzullo).

<Cosa fare?>, tanto per richiamare alla memoria la teoria dell' organizzazione e la strategia del partito rivuluzionario del proletariato, sostituendovi, oggi, la coscienza di classe del rivoluzionario russo con la drammaticità delle ore che viviamo.

A pochi giorni dal voto dobbiamo ricondurre il discorso agli ambiti tradizionali di democrazia diretta e/o democrazia rappresentativa con la prima che sino a quando nel 1835-40, Alexis de Tocqueville pubblicò il suo <De la démocratie en Ámerique>, per „democrazia“ veniva intesa quasi sempre quella „diretta“, praticata nella polis o la Basilea del XVIII secolo, e con „democrazia e rappresentanza“ considerate forme opposte di governo, nella considerazione che la democrazia diretta sia più democratica di quella rappresentativa, che l' uomo è, e resta, <zoon politikon> e, pertanto, il cittadino comune un' entità intelligente e capace di prendere decisioni sensate, trascurando il suo interesse privato a fronte dell' interesse nazionale, cosciente ed informato sulle questioni che coinvolgono la comunità e nelle condizioni di prendere direttamente le decisioni politiche razionali al posto di delegarle a politic(ant)i professionisti?

 

Il dibattito è aperto. Cerchiamo di approfondirlo nel segno della maturità e della regione, piuttosto che dalla imposizione dello stato di necessità e di dipendenza che paralizzano la coscienza e la volontà di „pensare“.

 

 

 

 

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Dalla Germania

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Scambio di idee sulla mobilità (ed altro)

 

Il Capo del <Comprensorio di Comuni Steinfurt> (www.kreis-steinfurt.de*), Dr.. Martin Sommer, ha inaugurato ieri il sistema di giunzione per la rete di piste ciclabili in occasione della 2. Conferenza dell omonimo Comprensorio di Comuni tenutasi nella halle della città di Rheine (www.rheine.de**).

 

Prima dell'inizio della conferenza ufficiale il Dr. Martin Sommer, alla presenza dei sindaci dei Comuni raggruppati nel Comprensorio Stenfurt ed esperti del traffico, aveva aperto il nuovo sistema di giunzione per piste ciclabili. La conferenza è stata organizzata in occasione della Settimana Europea della Mobilità 2022.

 

Successivamente in municipio è stato ribadito che il cicloturismo è ormai una delle competenze centrali della Regione del Nordreno-Westfalia e dei Comprensori di Cumuni che ne fanno parte e che con il nuovo sistema di nodi, che sostituisce la rete di piste ciclabili a nido d'ape, il Comprensorio Steinfurt si avvicina ai Paesi di confine Olanda e il Belgio, dove questi sistemi di nodi esistono da molto tempo.

 

Il fatto che così tanti esperti di mobilità siano venuti a scambiare opinioni ha sollecitato il Capo del Comprensorio Steinfurt a dire: "Non vediamo l'ora di approfondire i contatti con i sindaci die Comuni del Comprensorio e con i partners del sistema di mobilità".

 

Il nuovo sistema di svincolo in futuro consentirà ai ciclisti di orientarsi con molta facilità, grazie ad un totale di 184 punti contrassegnati da un vistoso segno rosso e un numero. Inoltre la nuova segnaletica per le piste ciclabili indirizza al prossimo bivio, mentre per la prossima stagione ciclistica nel febbraio 2023, il Comprensorio vuole anche aver finito di allestire bacheche con informazioni turistiche.

 

*

Il Comprensorio (dt.: Landkreis) di Comuni Steinfurt (www.kreis-steinfurt.de) raggruppa 24 Comuni (dt.: Gemeinden) per una popolazione di 447.614 ab.

 

**

La Città di Rheine (www.rheine.de), come tutto il Comprensorio Steinfurt, fa parte del „Distretto amm.vo (Regierungsbezirk di Münster*** (www.muenster.de), ha una popolazione di 76.948 ab.. Sindaco della città è il Dr. Peter Lüttmann, senza partito.

 

 

 

***

In quattro Regioni (Laender) tedeschi, un Distretto governativo (ted.:Reg.-Bez., Regierungsbezirk)) è il distretto di un'autorità statale generale per le risorse in cui sono raggruppati vari compiti dipartimentali. Questa autorità è guidata da un presidente regionale ed è essa stessa chiamata „consiglio regionale“ (nel Baden-Württemberg e nell'Assia), governo (in Baviera) o governo distrettuale (nel Nord Reno-Westfalia). Il nome deriva dalla divisione amministrativa della Prussia, dove nacque come governo reale all'inizio del XIX secolo. Il Distretto amm. vo è l'istanza intermedia tra le autorità regionale superiori e superiori (ministero) e l' autorità statale inferiore: i Comprnsori e i Comuni.

 

I <Distretti amministrativi> della Regione (Land) Renania settentrionale-Vestfalia sono istituzioni dell'amministrazione regionale della Renania settentrionale-Vestfalia. I governi distrettuali della Renania settentrionale-Vestfalia sono autorità statali centrali e occupano quindi una posizione intermedia nella gerarchia amministrativa tra il livello regionale e i livelli inferiori: Comprensori e Comuni.

 

Nella Regione (Land) Renania settentrionale-Vestfalia con popolazione totale di 18.924.591 ab. si hanno 4 Distretti amministrativi (dt.: Regierungsbezirke) con sedi, rispettivamente, nelle città di:

 

  • Arnsberg (3.565.239 ab.)

  • Detmold (2.057.480 ab.)

  • Duesseldorf (5.197.679 ab.)

  • Colonia (4.472.956 ab.)

  • Muenster (2.631.237 ab.)***

 

Münster (www.muenster.de) è una città storica delle più belle della Germania.

 

Nell' attuale caotica organizzazione della Regione a statuto tutto speciale Sicilia l' avvocaticchio Marco Zambuto, classe 1973, originario di Agrigento, è titolare della sedicente delega di Assessore regionale delle Autonomie locali e della Funzione pubblica. Nel 2020 si era candidato nuovamente alla carica di sindaco della Città die Templi, sostenuto da FI, Unione di Centro e dalla ridicola DiventeràBellissima del vuoto Nello Musumè(ci), ma non viene eletto.

 

Il 4 gennaio 2021, l' avvocaticchio di provincia, viene nominato dal presidente (On.!) della Regione Musumè(ci) assessore regionale delle Autonomie locali e della Funzione pubblica. Assieme ai parassiti prefetti delle 9 città-capaluogo della Sicilia avrebbe dovuto controllare il caos nei 390 comuni dei quali 43 appartenenti al Libero Consorzio Comunale di Agrigento e 22 al Libero Consorzio Comunale di Caltanissetta, ivi compreso quello (forse) unico in Italia (e in Europa), del Comune di 90013 Castelbuono (mio paese natio) del quale sindaco al 4° mandato consecutivo è il Signor(e), senza arte e mestiere, Cicero Mario, ex Pci, la cui alquanto discutile conduzione amministrativa, con riferimento al <progetto „Opere di drenaggio e consolidamento di via Ten. E. Forte“, per un importo di

2.300.000,00 su un sedicente progetto „definitivo ed esecutivo“, redatto a seguito di gara pubblica espletata tramite l' ufficio UREGA****, dal R.T.P.***** Ing. Zafonti Michele, che ha provveduto a consegnare il progetto e ad adeguarlo secondo le prescrizioni della Soprintenza ai BB.CC.AA. di Palermo>, stante alla discutibile comunicazione dell' Assessore ai LL.PP. del Comune di Castelbuono, architetta Annamaria Mazzola, pubblicata dal Blog www.castelbuono.org il 22 Giugno 2022.

 

Su simili forme di conferimento di incarichi professionali a liberi professionisti, ma anche di contratti di affidamento di lavori, in assenza di rigorosi displinari d' incarico e contratti di appalto, rispettivamente sottoscritti da rappresentanti istituzionali della committenza pubblica, liberi professionisti e rappresentanti giuridici delle ditte esecutrici dei lavori (prassi costante in questa Italia senza regole nella quale scandalosa è stata in proposito la gestione della ricostruzione del ponte-viadotto di Genova del quale ad oggi non è dato conoscere il costo finale dell' opera), in data 07.09.2022 lo scrivente, Geometer u. Dipl.- Architekt, in veste di „Concittadino italiano“ in Germania, ha inoltrato denuncia penale diretta al Signor Procuratore-Capo della R. presso il Tribunale di Termini Imerese e, pc., alla Presidenza della Commissione Europea, „con preghiera di andare oltre „mani pulite“ con legalità e terrore.

 

Di ritorno alla caotica realtà di c.s. e relativa alla Regione Sicilia si pone la cogente domanda su <cosa significhi „Libero Consorzio Comunale“, diretta all' ancora inquilino del Quirinale, il giurista e pdR. Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi, e all' ancora cdG., Prof. Mario Draghi.

 

 

****L'Ufficio Regionale per l'espletamento di Gare per l'appalto dei lavori – UREGA è una struttura tipica dell'ordinamento regionale siciliano che difficilmente si concilia con il quasi integrale recepimento della normativa nazionale in materia di appalti.

 

*****Il Raggruppamento Temporaneo di Professionisti RTP

Il raggruppamento temporaneo di professionisti anche noto con l’acronimo RTP, è l’istituto mediante il quale gli operatori per servizi di architettura e ingegneria (rientranti nelle fattispecie dall’articolo 46 del d.lgs. 50/2016) si associano ad altre imprese per incrementare i propri requisiti di qualificazione, in vista della partecipazione alla specifica gara.

I motivi per ricorrere all’istituto dell’RTP sono perché non si dispone in misura sufficiente dei requisiti tecnici e/o economici necessari per partecipare ad una determinata gara d’appalto, oppure per motivi strategici (avere un partner specializzato in determinato settore oppure colleghi che operano nel territorio in cui si svolgerà il servizio etc…).

L’istituto dell’RTP consente anche ai soggetti di più piccole dimensioni la massima partecipazione alle procedure di gara e, nel contempo, garantisce alle Amministrazioni appaltanti la selezione della migliore offerta nei confronti di una platea più numerosa di concorrenti.

Dalla G e r m a n i a:

nicolo piro | https://teorico.eu, Categoria: Varie

 

 

 

 

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Italia, domani

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Al Signor Presidente della Repubblica

Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi

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Al Signor presidente del Consiglio die Ministri

Prof. Mario Draghi

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Alla Signora Presidente della Commissione Europea

Dr. Ursula von der Leyen

Rue de la Loi / Wetstraat 200

1049 Brussel, Belgium

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Alla Signora Ministra della Giustizia

Prof.ssa Marta Cartabia

e per Lei al Capo-Gabinetto

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Al Signor Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione

Dr. Pietro Curzio

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Al Signor Procuratore Generale della Cassazione

Dr. Giovanni Salvi

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Al Signor Presidente uscente della Regione Sicilia

Nello Musumeci

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Al Signor Presidente uscente Assemblea Reg. le Sicilia

Gianfranco Miccichè

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Al Signor Presidente della Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicila

Claudio Fava

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Al Signor Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania

Viktor Elbling

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Per me il rapporto tra Italia e Germania è una questione di cuore,

anche perché sono convinto di questo rapporto per l' Europa.

Soprattutto in questi tempi drammatici dobbiamo essere uniti.

L' Europa è il nostro futuro comune.“

 

Questo pensiero toccante le onde hertziane del sentimento nazionale del Signor Ambasciatore Viktor Elbling, che ogni volta alla sua lettuta a me mozza il fiato, da una parte, e la vibrante odierna critica della Vicepresidente del Parlamento europeo, Katarina Barley (SPD), del portavoce die Verdi tedeschi Rasmus Andresen, e della politica liberale Nicola Beer, tutti membri del Parlamento europeo, al sostegno espresso al Signor Silvio Berlusconi dal Signor Manfred Weber, presidente della EVP (Partito Popolare Europeo), dall' altra, hanno richiamato alla mia memoria il commento del Times, intitolato <Gotico Italiano“, di Federico Sala dell ' 8 ottobre 2009 che testualmente riporto:

<Silvio Berlusconi ha gettato vergogna su sé stesso e sul suo paese con le sue buffonate sessuali e i suoi tentativi di evitare processi. Ora si deve dimettere>.

 

Per la cogente attualità del rivoltante tema e il rischio che questo il subdolo soggetto Silvio Berlusconi, la sua compagna e la sua schiera di disperati possano rimettere piede nel Parlamento italiano che nascerà dalla consultazione elettorale del 25 p.v., esorto i miei conterranei di Sicilia ad un sentito voto di protesta, oltreché nei loro riguardi, anche nei riguardi di tutti i reduci della trascorsa e fallimentare amministrazione regionale, soprattutto nelle persone dei Sigg. Sebastiano (Nello) Musumeci (Presidente della Regione) degli „avvocaticchi“ (nella scala: giuristi, avvocati, avvocaticchi e nullità) Marco Zambuto (Assessore Reg.le delle autonomie locali e della funzione pubblica), Marco Falcone (Assessore regionale delle infrastrutture e dell mobilità), Salvatore Cordaro (Assessore regionale del territorio e dell' ambiente) per essere venuti meno, come pars pro toto di tutti i predecessori, ai loro compiti e doveri di competenza, rispettivamente in relazione al mancato controllo sull' attività delle autonomie comunali e della funzione pubblica (Assessore Marco Zambuto), della cura del paesaggio naturale e urbani di Città e Comuni della Sicilia in ragione delle recenti emanazioni della <Nuova legge urbanistica> e del < Regolamento edilizio unico> della Regione Sicilia (Assessori Marco Falcone e Salvatore Cordaro), dell' istituzione di inutili e, pertanto, dispendiose istituzioni quali: l' Ufficio Speciale per la Progettazione, il Dipartimento regionale per l' Urbanistica, la conferma del Commissariato di Governo per il dissesto idrogeologico, assegnati - giammai nel rispetto di precise scelte di competenza e professionalità, bensì sulla perversa scelta di considerazioni di malapolitica-, a soggetti quali l' ingegner. Leonardo Santoro, l' architetto Calogero Biringheri e il chimico Maurizio Croce sulle cui attività si sollecita la Magistratura indagante (Procure della Repubblica presso le sedi die Trubunali della Sicilia) ad attivare una severissima e globale inchiesta giudiziaria estesa a tutto il territorio nazonale in ragione e forza dell' amputazione della L.U. n.1150/'42, sostituita da sedicenti, quanto insignificanti, leggi urbanistiche regionali, dell' assenza di rigorosi principi e dettati di Diritto urbanistico (Legge urbanistica „nazionale“ e Ordinamento „nazionale“ sull' uso dei suoli e dei lotti edificbili), Diritto edilizio „pubblico“ (Regolamenti edilizi „regionali“ e Statuti urbani), Diritto contrattuale e sull' Assegnazione e regolamento di appalto per i lavori di costruzione“, per i quali il riferimento, suffragato dalla cinquantennale attività professionale dello scrivente (architetto) nella Repubblica Federale di Germania, ai corrispondenti convoluti deve costituire una ferma conditio di imprerogabilità pel prossimo Esecutivo di Governo italiano.

 

All' uopo, avulso da ogni riferimento demagogico, si rimanda allo stralcio dell' intervista del 17. Dicembre2014, concessa dal Prof. Mario Draghi, al tempo ancora Presidente della EZB, al redattore del settimanale della Germani DIE ZEIT, Giovanni di Lorenzo. Un' intervista mai tradotta in italiano e messa a disposizione degli Italiani, chissà se per evadere il discorso „storico“ sull' Italia del Ventennio e, di questa, i ruoli svolti dal Duce, Benito Mussolini, e dal Ministro del Lavoro del Regno d' Italia, Alberto Beneduce (Caserta, 26 ottobre 1877 – Roma, 26 luglio 1944, fu un dirigente pubblico , economista, politico e accademico italiano, amministratore di importanti aziende statali nell' Italia liberale e fascista, amm. Re delegato dell' INA) nel contesto dell' istituzione dell' IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), fondato nel gennaio 1933 del quale Beneduce fu il primo presidente fino al 1939, e dell' attività svolta dal padre del Prof. Mario Draghi, Carlo.

 

 

 

Questi, originario di Padova, aveva lavorato per la Banca Centrale Italiana dal 1922, trasferendosi prima all' Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), e poi alla Banca Naz. Le del Lavoro (BNL).

 

Ecco uno stralcio dell' intervista:

 

D.

Lei ha una reputazione inequivocabile. L' ex boss di Fiat e Ferrari, Luca di Montezemolo, che con Lei ha frequentato la scuola a Roma, ha detto, Lei essere stato il più capace e serio: Mario, il più serio . . . Mario, lo studente modello.

 

R.

Ha esagerato. Non mi sono mai sentito il migliore, assolutamente no. Sono andato a scuola, poiché vi sono stato mandato.

 

D.

Può darsi che Lei ha più responsabilità di altri: Lei ha perduto suo padre quando aveva 15 anni e sua madre è morta poco dopo. All' improvviso s' è trovato ad essere un capofamiglia molto giovane.

 

R.

Ricorso di essere tornato a 16 anni con un amico da una vacanza che avevamo fatto insieme al mar. Tornava a casa e poteva fare quello che voleva. Io, invece, ho trovato un mucchio di lettere alle quali rispondere, bollette da pagare. Ma i giovani non pensano a cosasta succedendo loro e come reagire. Reagiscono e basta. Questo è importante, li salva dalla depressione, anche in circostanze difficili.

 

D.

Lei si è reso conto possibilmente anche molto presto dove risiedevano le sue possibilità di sopravvivenza. Ad esempio nel lavoto.

 

R.

La fede nel lavoro ci è stata inculcata dai nostri genitori. Mio padre diceva: il lavoro è la cosa più importante nella vita di una persona.

 

D.

Sembra una virtù molto tedesca.

 

R.

Molte persone lavorano duramente in tutto il mondo. Ma forse è stato influenzato dlla sua conoscenza della cultura tedesca. Il suo tedesco era buono quasi quanto l' italiano. Negli anni '30, mentre mio padre era responsabile del finanziamento die progetti energetici presso l' Istituto statale per la ricostruzione industriale, viaggiò molto in Germania per vedere cosa lì si stava facendo in questo ambito. Per inciso, a quel tempo – nato nel 1895 e sposato solo all' età di 52 anni -, non era raro, anche per le famiglie della classe media, essere educate a un sentimento di appartenenza allacultura europea che andava oltre i confini nazionali.

 

D.

Cos' altro Le ha dato?

R.

Quanto sia importante seguire le proprie convinzioni con un' azione coerente e, se necessario, con coraggio. Una volta mi ha raccontato che in una piazza di una città della Germania c' era un memoriale sul quale c' era scritto: Se hai perso i tuoi soldi, non perso nulla, poiché con un buon affare puoi riportarlo indietro. Se hai perso il tuo onore, hai perso molto; ma con un atto eroico puoi riportarlo indietro. Quando tu hai perso il coraggio, hai perso tutto.

 

. . .

 

Questo è il Prof. Mario Draghi che, ibernato e tenuto lontano dal Quirinale, ora viene restituito ad un' Italia che necessariamente deve cambiare percorso per poter sopravvivere e affronare con coscienza di causa e sapere le immani sfide di un futuro che continua a bussare alla sua porta.

 

Una restitutio ad integrum, intesa come guarigione completa di una malattia o ferita che ripristina la conditio intatta del corpo, non per semplice e, quasi formale, acclamazione, bensì collocata al centro di quella grande e agognata riforma istituzionale e costituzionale che deve porre il cittadino nel ruolo di protagonista della scelta diretta del „suo“ Capo dello Stato in quanto primus inter pares, in forza di un „partito politico“ forte di un „programma“ di grande e profonda ispirazione democratica e respiro sociale (possa essere il „Partito Socialista Repubblicano d' Italia“, per chi scrive, soltanto un intimo desiderio, quanto speranza!) nel contesto di una democrazia organica, corporativa e partecipativa nell' ordine, nel rigore, nella disciplina in una „grande“ Europa „dall' Atlantico agli Urali“.

 

Ancora una volta, consapevoli della sconfinata tradizione artistico-culturale della „nostra“ Italia, che siano un forte richiamo sentimentale, quanto un sentito riferimento alla „Sachlichkeit“ della „Grande“ Germania, a darci la speranza in una politica et moralis renovatio.

 

Da:

 

nicolo piro

Italienischer Mitbürger in Germania

 

Ahornstr. 27

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Willhelm Eduard Robert(o) MICHELS

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(9 gennaio 1876, Colonia (Germania) † 2 maggio 1936, Roma) è stato un sociologo tedesco. È uno dei padri fondatori della moderna scienza politica. La sua vita politica lo ha portato dal socialismo di sinistra nella SPD tedesca al sindacalismo al fascismo italiano. Michels è considerato uno dei più importanti critici di partito politico-sociologici del 20 ° secolo.

Il lavoro principale di Michel è lo studio sul sistema dei partiti socialisti-socialdemocratici, pubblicato per la prima volta nel 1911. Qui Michels sviluppa la "Legge ferrea dell'oligarchia", che è centrale nelle teorie dell'élite: lo spostamento degli obiettivi idealistici a causa della politica di potere da parte di una cricca di partiti che è interessata solo a mantenere il proprio potere. Michels illustra la sua tesi guida con materiali empirici della socialdemocrazia tedesca all'inizio del 20 ° secolo.

Michels proveniva da una famiglia di mercanti di Colonia. Dopo le lezioni private, frequentò il Collège Français di Berlino dal 1885 al 1889 per poi trasferirsi al Carl Friedrich-Gymnasium di Eisenach, dove si diplomò nel 1894. Nel 1895 completò un anno di servizio militare presso le scuole di guerra di Hannover e Weimar. Dal 1896 al 1900 studiò storia ed economia alla Sorbona di Parigi e alle università di Monaco, Lipsia, Halle an der Saale e Torino. All'Università di Halle ascoltò le lezioni del Prof. Theodor Lindner (1843-1919), suo suocero.
Nel 1900 conseguì il dottorato con la tesi "Zur Vorgeschichte von Ludwig XIV. Einfall in Holland" (Sulla preistoria dell'incursione di Luigi XIV in Olanda). e sposò Gisela Lindner. Nel 1901 Michels si unì al Partito Socialista Italiano (PSI) in Italia e nel 1903 a Marburgo alla SPD, per la quale si candidò senza successo nello stesso anno per un mandato del Reichstag nella circoscrizione di Alsfeld im Vogelsberg (Granducato d'Assia). Fu delegato ai congressi del partito socialdemocratico del 1903 (a Dresda), del 1904 (a Brema) e del 1905 (a Jena). Le esperienze di questi congressi di partito hanno plasmato il suo lavoro. A causa della sua partecipazione all'agitazione socialista, gli fu negata l'abilitazione in Germania. Anche Max Weber ha fatto una campagna invano per Michels.

Nel 1907 Michels lasciò la Germania e si recò a Torino come docente privato. Nell'agosto del 1907 partecipò al Congresso Socialista Internazionale di Stoccarda. Poi lasciò i partiti socialisti e si rivolse al sindacalismo rivoluzionario. Nel 1913, Michels divenne cittadino italiano. Poco dopo (1914) fu nominato professore di economia e statistica all'Università di Basilea, senza rinunciare al titolo di docente all'Università di Torino. Michels successivamente mantenne stretti contatti con Vilfredo Pareto.

In gran parte dimenticato è il lavoro di Robert Michel nel campo della moralità sessuale e del movimento delle donne dell'Impero tedesco. Dopo la fine del secolo, Michels pubblicò su varie riviste del movimento femminile tedesco e mantenne i contatti con le sue principali attiviste come Gertrud Bäumer, Helene Lange, Helene Stöcker, Alice Salomon e Clara Zetkin. Per un certo periodo fu principalmente vicino al movimento delle donne proletarie e partecipò alla Conferenza delle donne socialdemocratiche a Brema nel 1904. Durante questo periodo, ha rappresentato sia le posizioni socialiste che femministe: "Socialismo e femminismo appartengono inseparabilmente insieme", come ha scritto Michels nel Wiener Arbeiterinnen-Zeitung.

Nel 1911, Michels pubblicò la raccolta di saggi "The Limits of Gender Morality" di Frauenverlag, in cui sosteneva l'uguaglianza di genere e una nuova morale sessuale. Questa preoccupazione lo avvicinò a Helene Stöcker come rappresentante del movimento radicale delle donne borghesi, con la quale mantenne una corrispondenza di lunga data. Michels ha anche scritto per le riviste "Mutterschutz" e "Die neue Generation" pubblicate da Stöcker. "Limits of Gender Morality" di Michels ha potuto essere acquisito antiquario solo per oltre 100 anni, ma è stato ristampato per il 110 ° anniversario.

Nel 1928 Michels si unì al Partito Nazionale Fascista (PNF) di Benito Mussolini. In Benito Mussolini vide il leader (duce) di un movimento che voleva realizzare il suo ideale di uomo altruista (e che, come lui, era venuto anche dalla direzione sindacalista del socialismo). Si dice anche che Mussolini abbia assicurato che Michels fosse nominato alla nuova cattedra di Economia e Corporateismo[3] a Perugia nel 1928 al fine di sviluppare ulteriormente la sua teoria fascista del corporativismo. Dal 1928 al 1933 fu anche docente di storia della teoria economica (Storia delle Dottrine Economiche) presso la Facoltà di Scienze Politiche di Perugia.

Famiglia
I genitori di Robert Michels erano il mercante tessile Julius Michels e Anna Schnitzler. Julius Michels nacque il 29 settembre 1842 a Colonia, Anna Schnitzler il 4 gennaio 1854 sempre a Colonia. Si sposarono il 3 luglio 1873 a Colonia. Robert aveva una sorella: Ella Klara Michels nacque il 10 settembre 1879 a Colonia. Sposò il proprietario del maniero Alfred Winzer zu Groß-Görnow.
Sua moglie Gisela Lindner nacque il 14 ottobre 1878 e morì il 9 novembre 1954. È stata autrice di numerosi articoli scientifici. I suoi genitori erano lo storico Theodor Lindner e Agnes Kügler (1843-1926).
Il matrimonio di Robert Michels con Gisela Lindner ha prodotto quattro figli:

Italia (1900-1900)
Mario (n. 1901)*
Manon (nato nel 1904)
Daisy (nata nel 1906)
Italia morì relativamente presto a Basilea.

Nel 1933 Manon Michels sposò il professor Mario Einaudi, fondatore della Fondazione Einaudi di Torino e co-fondatore della casa editrice Einaudi, figlio del presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Ebbero tre figli: Luigi, Roberto* e Marco. Mario Einaudi ha insegnato all'Università di Harvard e alla Fordham University negli Stati Uniti ed è morto in Piemonte, Italia, nel 1994.
Daisy Michels sposò Filippo Gallino da una delle famiglie più ricche d'Italia.

*Roberto Einaudi nasce a New York nel 1938 (il padre Mario preferisce emigrare in America piuttosto che giurare fedeltà al partito fascista). Ritorna in pianta stabile in Italia nel 1962. Architetto, ha lavorato molto in medio oriente, ora si occupa di restauro edilizio, archeologia urbana e progetti per musei ed esposizioni.

È stato Presidente della Fondazione Luigi Einaudi di Roma dal 2007 al 2011 e ha ricoperto la carica di Consigliere d’amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi di Torino

Ha fondato e diretto la Cornell University College of Architecture, Art and Planning a Roma, è nel direttivo del museo Keats-Shelley.

Il fratello maggiore Luigi, Luigi Roberto Einaudi (New York, 1º marzo 1936) è un diplomatico statunitense. Ha assunto la carica di Segretario Generale ad interim dell'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) nell'ottobre 2004 dopo le dimissioni del Segretario Generale Miguel Ángel Rodríguez.

Italoamericano, Einaudi è nato da Mario e Manon Einaudi il 1 ° marzo 1936 a Cambridge, Massachusetts. [1][2] Educato all'Università di Harvard, ha conseguito un Bachelor of Arts nel 1957 e ha completato il suo dottorato di ricerca ad Harvard nel 1967. [3]

Ha prestato servizio nell'esercito degli Stati Uniti tra il 1957 e il 1959. Dopo il servizio militare, Einaudi fu al Woodrow Wilson International Center for Scholars. Tra il 1962 e il 1974, è stato ricercatore presso la RAND Corporation di Santa Monica, in California, conseguendo il dottorato di ricerca ad Harvard nel 1966. Dal 1970 in poi, Einaudi ha servito come capo della pianificazione politica del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per l'America Latina. [4] Mentre era al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Einaudi incontrò Vladimiro Montesinos – allora capitano dell'esercito peruviano – durante un'operazione della Central Intelligence Agency (CIA) che portò Montesinos a Washington, DC, che in seguito portò alla reclusione temporanea del capitano dell'esercito. [4]
Einaudi ha insegnato all'Università di Harvard, alla Wesleyan University, all'Università della California, a Los Angeles e alla Georgetown University,[5] e ha tenuto conferenze in altre università e altre società negli Stati Uniti, in America Latina e in Europa. Autore pubblicato, Einaudi ha scritto articoli e monografie. È stato l'autore principale del libro Beyond Cuba, Latin America Takes Charge of Its Future (1974).
Dal 1989 al 1993, Einaudi è stato ambasciatore degli Stati Uniti presso l'Organizzazione degli Stati Americani. [6] È stato eletto Assistente Segretario Generale nel giugno 2000 con un voto di 27-7 degli Stati membri alla 30a sessione ordinaria dell'Assemblea Generale dell'OAS, tenutasi a Windsor, Ontario, Canada. Ha assunto la carica di Segretario Generale ad interim dell'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) nell'ottobre 2004 dopo le dimissioni del Segretario Generale Miguel Ángel Rodríguez.
Oggi Einaudi è membro del Council on Foreign Relations ed è nel consiglio di amministrazione di istituzioni educative e senza scopo di lucro negli Stati Uniti e in Italia, in particolare la Fondazione Luigi Einaudi (Torino), dal nome di suo nonno, il secondo presidente italiano del dopoguerra.

Ultimo dei tre fratelli, Marco Tullio Einaudi
consulente di esplorazione mineraria educatore di geologia
Marco Tullio Einaudi, educatore di geologia americana, consulente di esplorazione mineraria. Borsista della National Science Foundation, dal 1981. Servì come primo tenente dell'esercito degli Stati Uniti, 1961-1963; Membro della Society Economics Geologists (consigliere 1979-1981, Thayer Lindsley distinguished lecturer 1982-1983), Geological Society American, American Alpine Club.
Einaudi, Marco Tullio è nato il 24 dicembre 1939 a New York City. Figlio di Mario e Manon (Michels) Einaudi.
Bachelor of Arts, Cornell Univercity, 1961; Master of Science, Università di Harvard, 1965; Dottore in Filosofia, Università di Harvard, 1969.

Geologo, Anaconda Company, Salt Lake City, 1968-1971; geologo del personale, Anaconda Company, Yerington, Nevada, 1971-1975; da assistente a professore associato, Stanford University, California, 1975-1980; professore di scienze della terra applicate, Stanford University, California, dal 1980; presidente del dipartimento di scienze della terra applicate, Stanford University, California, 1982-1986; Welton J. e Maud L. Crook professore di scienze della terra applicate, Stanford University, California, dal 1984; decano associato per la ricerca School Earth Sciences, Stanford University, California, dal 1986. Hugh Exton McKinstry Memorial docente all'Università di Harvard, 1986.
Marco Tullio Einaudi è stato elencato come un notevole educatore di geologia, consulente di esplorazione mineraria da Marquis Who's Who.
Ha servito come primo tenente dell'esercito degli Stati Uniti, 1961-1963. Membro della Society Economics Geologists (consigliere 1979-1981, Thayer Lindsley distinguished lecturer 1982-1983), Geological Society American, American Alpine Club.
Sposò Meredith Elizabeth Wood l'8 ottobre 1963. Bambini: Robert Michels, Frederic Wood, Andrew Evans.
Padre: Mario Einaudi
Madre: Manon (Michels) Einaudi.

 

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Willhelm Robert(o) Eduard Michels

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LETTERE DI VILFREDO PARETO ALL’AMICO ROBERTO MICHELS: CONFINI E CONFINE NEL TRATTATO DI SOCIOLOGIA GENERALE DEL 1916

Raffaele Federici

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Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università degli studi di Perugia.

 

Il bello, il buono, il giusto, il diritto,

sono entità che il sentimento afferra subito

e che l’esperienza ignora come entità oggettive,

conoscendole solo come espressioni di sentimenti.

Vilfredo Pareto[1]

 

L’interesse per le lettere di Vilfredo Pareto[2] a Robert Michels non risiede solo nella storia del pensiero sociologico. Infatti, tali lettere sollecitano l’attenzione per l’osservazione di una delle linee di faglia degli intellettuali di confine con il mondo di ieri, ovvero il periodo compreso fra il 1914 e il 1920, un tempo denso di inedite e globali incertezze: «dal punto di vista sociologico, il ventesimo secolo incominciò nel 1914, esattamente come il secolo decimo nono incominciò effettivamente intorno al 1830, quando la classe media diede la sua impronta alla vita pubblica dell’Europa occidentale. […] La concezione predominante in fatto di filosofia, di scienza e di arte, fino al 1920 era fondata su modelli del secolo decimo nono. Contemporaneamente, le forze che crearono una cultura nuova erano già all’opera verso il 1900, nei campi delle scienze fisiche, della tecnologia applicata, della psicologia del profondo, della musica e della pittura moderna. […] Sigmund Freud elaborò la tecnica della libera associazione intorno al 1895 e pubblicò L’interpretazione dei sogni alla fine del 1899» [3].

 

Insomma la corrispondenza fra Pareto e Michels avviene in un tempo in transizione, un tempo nuovo in cui si afferma una nuova visione del mondo, «il 1900, come il 1400 e il 1600 e il 1000, ha tutta l’aria di un anno che conclude un saeculum»[4] o, ancora, con le parole di Robert Musil: «dalla mentalità liscia come un olio degli ultimi decenni del diciannovesimo secolo era insorta improvvisamente in tutta l’Europa una febbre vivificante. Si amava il superuomo e si amava il sottouomo, si adorava il sole e la salute, si adorava la fragilità di fanciulle ammalate di consunzione; si professava il culto dell’eroe e il culto socialista dell’umanità; si era credenti e scettici, naturisti e raffinati, robusti e morbosi si sognavano antichi viali di castelli, parchi autunnali, peschiere di vetro, gemme preziose, hascish, malattia, demoni, ma anche praterie, sconfinati orizzonti, fucine e laminatoio, lottatori ignudi, rivolte di operai schiavi, primi progenitori dell’uomo; distruzione della società. Tutto questo si svolse del resto nello strato e incostante degli intellettuali» [5].

 

In questa ricerca di senso fra la fine di un'epoca e la nuova visione del mondo, c’è, nei due Autori, quello che potrebbe chiamarsi una betweenness: Pareto, quasi un franco-italiano, e Michels, un italiano-tedesco, anzi un più che italiano. Nella linea di faglia rappresentata dal primo conflitto mondiale, i due sociologi sono in una doppia relazione interiore appunto franco-italiana Pareto e italo-tedesca Michels e una relazione esteriore fra il mondo di ieri e il mondo successivo al cataclisma che fu la prima guerra mondiale, quando ben quattro imperi colossali erano stati smembrati (l’Impero Russo, l’Impero Tedesco, l’Impero Austro-ungarico e l’Impero ottomano), nello stesso tempo in cui Emile Durkheim guardava con inquietudine alla disgregazione delle vecchie comunità tradizionali, dove il senso della crisi del tempo investe non solo le persone e i comportamenti, ma il mondo logico stesso. Lo scambio epistolare avviene nella stessa terra: Pareto a Celigny, sul lago di Ginevra[6], e Michels a Basilea[7], lungo le rive del Reno.

 

Vi è, fra i due sociologi un profondo rispetto, che vedrà Robert Michels dedicare allo “scienziato e amico Vilfredo Pareto con venerazione” un’opera importante come “Problemi di sociologia applicata”[8] pubblicata solo tre anni dopo il Trattato di Sociologia Generale del Maestro. In questa antologia di saggi Robert Michels, probabilmente composti fra il 1914 e il 1917, negli anni del grande cataclisma, anzi concepiti prima «dell’insediamento di questa terribile corte suprema di cassazione di tutte le nostre ideologie, che è la guerra» [9], quindi contemporanea al Trattato, il Maestro viene citato tre volte, come Max Weber, ma, de facto, la presenza di Pareto è continua. In particolare, il richiamo al Maestro è iscritto a due piste di ricerca: da una parte la realtà della ricerca sociologica e del suo amplissimo spettro di analisi[10] e dall’altra la teoria della circolazione delle elités. È proprio in occasione della pubblicazione del volume “Problemi di sociologia applicata” che Pareto risponderà a Michels a proposito di metodo scientifico. La lettera è datata 09 gennaio 1919 ed è l’occasione per specificare la sua posizione metodologica: «tali mia osservazioni non mirano menomamente a combattere la sua dottrina, mirano solo a chiarire la differenza fra la sua dottrina e un’altra. Sarebbe come se dicessi: questo libro è scritto in italiano, quest’altro in cinese. Con ciò non voglio dare alcun giudizio sui meriti della lingua italiana e della lingua cinese. Voglio solo, esclusivamente dire che sono lingue diverse, e basta»[11].

 

Da questa breve premessa, che ho precedentemente affrontato in “Intorno al problema del progresso”[12], nella “Sociologia dello straniero”[13], in “Sociologia di Parigi”[14], ho cercato di attraversare gli anni del “limite”, gli anni che hanno caratterizzato la corrispondenza  fra i due Autori, legati da una profonda amicizia.

 

Ricordo che «con l’anno limite 1914 finisce l’età che oggi si ama definire il mondo di ieri»[15], un “Die Welt von gestern”[16] che si presenta come un mondo distrutto, annientato, stravolto da quella tragica esperienza che verrà successivamente chiamata la “Grande Guerra”. «È tuttora pressoché impossibile», ha scritto Hannah Arendt, «descrivere quel che si è realmente prodotto in Europa il 4 agosto del 1914»[17]. Un anno “limite” in cui la sproporzione fra «l’effetto e la causa, fra l’incendio e l’incidente che lo ha provocato continua e continuerà per sempre a eludere la comprensione»[18].

 

I grandi progressi della scienza e della tecnica avevano progressivamente cambiato la maniera di vivere e anche la visione dell’umanità intera. Una trasformazione che la sociologia cercava di leggere, negli anni a cavallo fra XIX e XX secolo, con strumenti non solo quantitativi ma, soprattutto, qualitativi nella ricerca di una antropologia “post-filosofica” della modernità[19], tentando di cogliere la formazione e la saturazione delle “nuove” classi sociali. Un progresso che Pareto stesso non si azzardava di affrontare come tale[20]. Una lettura e una interpretazione che avviene nel tempo della Sekurität economica che, proprio sul finire del XIX secolo, raggiunse il suo culmine esasperandosi  nelle nuove forme del capitalismo industriale e delle nuove “sensibilità” culturali. Un processo e un mutamento che vedeva venir meno la sicurezza nel criterio di giudizio, la possibilità di orientarsi nei rapporti con le cose e le persone e che, un secolo dopo, ha paradossalmente spostato la riflessione al tempo  della  Unsicherheit come problema e della Risikogesellschaft come forma. Come nella pittura l’espressionismo portò l’insicurezza nello spazio immaginario euclideo, nella musica l’atonalità e la dodecafonia spostò il pentagramma oltre le armonie della sicurezza compositiva tradizionale, così il mondo sociale trasfigurò le sue certezze nella ricerca di un altro ordine eliminando ogni possibile ritorno all’ordine passato.

 

Con altre parole si potrebbe osservare che lo stesso passaggio fra il secolo XIX, in cui dominava il dualismo «aut-aut», ovvero la tendenza alla suddivisione e alla specializzazione compreso nello sforzo di inquadrare il mondo entro criteri e indici univoci e costanti, e il secolo XX, caratterizzato dall’«e» ovvero dall’incertezza, dalla molteplicità e dalla coesistenza, è meno deciso e netto di quanto si possa pensare nonostante le tante macro definizioni proposte. Michels e Pareto infatti, oltre al problema metodologico, pongono una grande attenzione ai cambiamenti dettati dall’avvento di una società industriale in piena maturità, della divisione del lavoro, con tutti i problemi sociali da essa derivanti e del genere di razionalità che può prevalere in tale società, insomma tutti i problemi ed i rischi che derivano dal “progresso”. È un paesaggio in qualche modo in cerca di organizzazione, certamente creativo, costruzione e distruzione dell’individuo contemporaneo, in cui, come scrive Pareto, «un pastore tedesco dice che Gesù Cristo avrebbe preso parte alla guerra»[21].

 

È a partire da qui che una lettura attenta delle diciotto lettere rimanda a una linguaggio nuovo. È quello della sociologia, di una scena mutata della scienza in cui la sicurezza di chi scrive trasforma la conoscenza di chi legge in insicurezza poiché lo pone di fronte a interrogativi nuovi, in fondo mai posti. Si pensi ancora al tema dei residui e delle derivazioni: «nel Trattato compare e campeggia la terza dicotomia fondamentale del pensiero paretiano, quello fra residui e derivazioni. Anzi il Trattato può essere considerato come un luogo, non sempre rettilineo, complesso (nonché complicato) discorso intorno a presupposti teorici, alle fonti materiali, alla costruzione concettuale, alla possibile utilizzazione per una teoria del sistema sociale, di questa grande dicotomia. Dopo un capitolo preliminare sul metodo scientifico, l’opera prende le mosse dalla prima dicotomia, cioè dalla distinzione fra azioni logiche e non logiche (cui sono dedicati il secondo e il terzo capitolo). Poiché il miglior modo per giungere alla enucleazione e descrizione delle azioni non logiche è quello di partire dalle loro manifestazioni verbali, che sono teorie non logico sperimentali (cui si riferisce la seconda dicotomia), l’opera procede con una analisi di un abbondante materiale di teorie di tal sorta, che vengono distinti in teorie che trascendono dall’esperienza (capitolo quarto) e in teorie pseudoscientifiche (capitolo quinto), secondo ché l’intervento di principi non sperimentali sia esplicito o soltanto implicito, e quindi, più o meno dissimulato. La conclusione di quest’analisi è che le teorie non logico-sperimentali sono composte da due parti: una parte più variabile, che consiste in un complesso di argomentazioni quasi logiche con cui gli uomini tendono a dare una giustificazione razionale, a razionalizzare post factum, i propri istinti o sentimenti; una parte più costante, attraverso cui vengono espressi questi istinti o sentimenti. Alla prima Pareto dà il nome di derivazioni; alla seconda di residui, in quanto sono ciò che residua di ogni teoria dopo averla sfrondata degli argomenti di giustificazione, o, per seguire una delle metafore preferite di Pareto, dopo averle scrostate di vernice logica»[22].

 

Vi è, nella lingua dei due sociologi, certamente è evidente in Pareto, un linguaggio che non è separato dal potere, il potere di chi tenta di produrre nuove frontiere nella conoscenza[23], e, per i lettori del tempo, fu certamente spaesante[24]. Certo Pareto, è lo stesso Boudon a metterlo in luce[25], solleva molti interrogativi interpretativi e di fondo, si pensi alla distinzione fra azioni logiche e non logiche se tale distinzione non è operata con “nuances”[26] e, ancora, che la teoria dell’azione individuale sia più complessa di quella di Max Weber oppure che l’idea di residuo debba essere compresa non come teoria della natura umana concepita come un dato intertemporale, ma «au contraire sur l’hypothèse que les conditions sociales déterminent des montages affectifs et cognitifs variables, ainsi que des processus variables de sélection des individus»[27]. Tale osservazione diventa un principio organizzatore dell’insieme delle scienze sociali, un vertice da cui leggere il realismo critico del Maestro, il bisogno di andare ai fatti, alla realtà dei fenomeni.

 

È a partire da queste sensibilità scientifiche, oltre quello che Pareto chiamava la ingannevole crosta delle ideologie, che ho cercato di leggere le diciotto lettere di Pareto all’amico e collega Robert Michels. Il corpus epistolare è conservato presso il Fondo Pareto; è un corpus smilzo ma offre la possibilità di gettare una luce ulteriore sia sul Pareto degli anni fra il 1915 e il 1918 sia sullo stato della sociologia in quegli anni.

 

Per Pareto questi anni sono difficili: nel 1907 dopo la morte della sorella Cristina, cui era molto affezionato, lascia l’insegnamento poiché, con le sue parole, preferisce «comporre che far lezioni»[28]. Sono gli anni in cui elabora il Trattato nella ricerca di una oggettiva realtà. Fra il 1909 e il 1917 il Maestro è malato di cuore e la corrispondenza con i suoi amici si fa rara (lo stesso Pantaleoni riceverà poche lettere) e si fanno via via più pungenti le sue osservazioni sia verso gli studiosi sia verso l’establishment politico e accademico italiano. Sono, per Pareto, gli anni in cui viene denominato da Giovanni Papini «l’ateo di tutte le religioni»[29] [30], sono gli anni in cui il Maestro si definisce: «un legnaiolo che ha bisogno di uno scalpello e che, non trovandolo al mercato, deve farselo»[31].

 

Come avviene nei migliori epistolari, è possibile privilegiare fra le lettere di Pareto a Michels un itinerario, una pista interpretativa, ovvero il perché della sociologia. Una avventura che potrebbe definirsi interdisciplinare che investe la storia, le lettere, l’economia politica e la riflessione epistemologica. A questa collocazione della ricerca corrisponde una immagine della sfera culturale che non ha un suo territorio interno ma è disposta, adagiata, dispersa, ai e oltre i  confini. Ogni richiamo sembra essere irrevocabilmente partecipe dei processi di formazione, di dissolvimento, delle cristallizzazioni e delle scosse improvvise nella conoscenza che si manifestano in quel determinato periodo storico. Il fenomeno sociologico si manifesta, anche in queste lettere, sia sotto l’aspetto oggettivo, allorché studia rapporti fra oggetti reali, sia sotto l’aspetto soggettivo, allorché si focalizza nella ricerca degli strumenti intellettuali per la ricerca.

 

Il richiamo al confine, alla ricerca dei confini della sociologia, è un richiamo al mondo della cultura, un mondo che non può intendersi un volume stabile, solido e pieno ma un reticolo, in continuo movimento di nodi fili e giunture. La sfera culturale sia in Pareto sia in Michels non ha un territorio interno definito, si espande e si “fissa”, si dispone in inediti confini (si pensi ai “residui”). Sono gli anni del limite, proprio gli stessi anni della corrispondenza fra i due Autori, dal settembre del 1915 al gennaio del 1919.

 

In questo complesso quadro gli Autori sono testimoni attenti, sensibili, di un angosciante processo di trasformazione della intera società occidentale. Pareto e Michels  appartengono ad una epoca «als das Lesen noch geholfen hat»[32] e le loro asserzioni attingevano sempre a conoscenze derivanti da letture scientifiche e non solo, ma anche da letture che possono essere ricordate senza censure, senza accomodamenti. Rammento che Pareto non era mai stato benevolo verso le forme della censura, anzi nel 1911 aveva pubblicato in francese “Il mito virtuista”[33], un breve saggio in cui si era fatto beffe del bizzarro senso del pudore che portava le classi borghesi a inorridire dinnanzi alla letteratura erotica, tollerando invece pacificamente articoli e libercoli di propaganda rivoluzionaria.

 

Insomma Pareto sentiva la necessità della capacità di espressione e di conoscenza senza essere uno “strenuo difensore della libertà”, secondo la classica definizione di Burnham[34]. Ricordo che proprio il Maestro in una lettera a Sorel del 1916 sottolineò come l’episodio della censura al “Giornale d’Italia” e, indirettamente, all’Osservatore Romano a proposito del necrologio dell’imperatore Francesco Giuseppe e, più in generale, a proposito del conflitto mondiale, fosse qualcosa di inutile. A sottolineare ancora questa posizione del Maestro di Celigny, presenta anche nella corrispondenza con Robert Michels, è interessante ricordare e rileggere uno dei suoi ultimi scritti comparso nel gennaio del 1923 nella rivista “Gerarchia” di Milano con il titolo di “Libertà” in cui si può leggere: «l’unità dell’Italia fu fatta da una dittatura borghese, che fu buona entro certi limiti, non già solo perché era una dittatura, ma perché vantaggiosi, sino a un certo limite, ne furono gli effetti, come agevolmente può vedere che paragoni lo stato dell’Italia prima del 1859 con quello dopo la guerra mondiale, e perché volle, seppe, poté vincere gli avversari si nazionali che forestieri, e superare ostacoli veramente formidabili come, per esempio, quello del Papato di Roma, favorito dal cattolicismo mondiale. Il reggimento fascista non è buono solo perché dittatoriale, anzi, come tale, potrebbe a somiglianza di ogni altra dittatura, essere pessimo con un cattivo dittatore, ma perché buoni, sinora, ne furono gli effetti come appaiono dal miglioramento recato nelle condizioni del paese, dal biennio 1919-1920 della tirannide rossa, allo stato presente. Che sarà dell’avvenire? Solo i fatti possono dare sicura risposta: ma non è escluso che si possano fare probabili previsioni; e queste appaiono favorevoli se il futuro somiglierà al passato. Non vuolsi peraltro tacere che formidabili pericoli sono da superare. Alcuni già paiono allontanati dal senno dei capi; per esempio quello di avventure forestiere, analoghe ad altre che trassero in rovina il secondo impero francese, quello di abuso della forza, quello di prepotenti arbitrii. Al preservare in questa via gioverà una ampia libertà di stampa»[35]. Ecco un tema caro a Pareto la libertà di espressione, tema che attraversa anche alcune lettere inviate a Michels.

 

Tutte le lettere inviate a Michels da Pareto sono attraversate da una sincera amicizia e da un legame che raggiunge anche le figlie. Manon, la prima figlia di Michels[36], trascorreva lunghi periodi di vacanza proprio a Villa Angora e sui suoi soggiorni a Celigny Manon scrisse un articolo pubblicato in “The Atlantic Monthly”[37] nel 1935. Un ulteriore tema che ricorre nella corrispondenza è la responsabilità, il radicamento nei valori telici. Nella lettera data 20 maggio 1917 scrive il Maestro: «ci sono tre scogli che desidero scansare. Il primo: Ella sa che poco mi curo di onori vari, ma d’altra parte mi preme molto di essere cortese, e perciò non potrei, perché sarebbe scortesia, rifiutare di accogliere un atto benevolo i cui volesse onorarmi il Governo italiano; il secondo ci sono atti che possono parere benevoli e che non sono: ed è naturale il desiderio di sottrarmi a essi. Se, per esempio, il governo del Cantone di Vaud volesse nominarmi aiutante bidello o anche privat-docent all’università non potrei avere per esso la gratitudine che sento profonda per la mia nomina a professore ordinario; il terzo, questo è il minor male e si potrebbe anche tralasciare di farne motto. Non vorrei fare la figura di chi chiede e si fa rifiutare. Io nulla chiedo ora, come mai nulla ho chiesto, come mai ho preso parte a un concorso per ottenere una cattedra universitaria in Italia. Non dimentiche la favola dell’orso che uccise l’amico per cacciargli la mosca. Per essere maggiormente chiaro, mi è necessario confidarle un segreto. Sappia che io sono cavaliere della Corona d’Italia. Se non ci crede, quando verrà qui le farò vedere il diploma, che spero che sarà stato rispettato dai topi. Ma dica un poco, ora che sa ciò, non le pare molto migliore la mia Sociologia? Ecco come andò il fatto memorando. Molti anni or sono, fu ministro Domenico Berti, amico di mio padre, il quale Berti, supponendo di farmi piacere, mi conferì la croce. Non rifiutai per non fare scandalo, perché allora il rifiuto era anche un genere di vanità, e infine per non recare dispiacere all’amico di mio padre, ma tenni il fatto occulto per quanto stava in me. Fui in ciò tanto avventurato che ora è dimenticato e, meglio ancora, non saputo: Duc ne daigne, Prince ne puis, Rohan suis. Ora, se il governo volesse promuovermi cavaliere ufficiale (Dio! Che onore!), non darei certo scandalo rifiutando, ma mi recherebbe un dispiacere che non mi pare di avere meritato in nessun modo. Procuri dunque di risparmiarmelo. Ogni atto cortese, ogni vero onore allo scienziato mi sarà graditissimo e ne sarò riconoscente; ma mi parrebbe di essere avvilito se, dopo quanto ho potuto fare in tanti anni di assiduo lavoro, mi si giudicasse appena degno di uno di quei nastrini che si prodigano ad agenti elettorali di decimo ordine od ai bottegai che provvedono carta ed inchiostro ai ministeri. Né il governo può desiderare di avvilarmi, né gli amici suoi o miei possono consentire ad avere parte in ciò; era dunque forse inutile che mi fermassi su tale argomento, ma è sempre meglio dare spiegazioni ampie piuttosto ché [sic] scarse. E poiché discorriamo di tale materia, mi conceda di aggiungere che più di ogni altra cosa avrò caro il menomo atto benevolo del governo del Cantone di Vaud. L’uomo è un animale riconoscente; ed io, sinché campo, non dimenticherò mai che il capo del Dipartimento dell’istruzione pubblica ed il decano della facoltà di diritto vennero a Fiesole a cercare il Pareto, allora “irato ai patrii numi”, come dello Alfieri dice il Foscolo; che al Pareto il governo di Vaud affidò la cattedra di Economia politica, e poscia quella di Sociologia, in cui lo mantenne e lo mantiene, non ostante la mal ferma salute. Della mia malattia mi dolgo più che pel male che mi fa, perché mi toglie di pagare, sia pure in piccola parte, il debito di gratitudine che ho verso quel governo. “Amor che a nullo amato amar perdona” disse Dante, ed è anche vero dell’amicizia e della benevolenza. Dimentico facilmente il male, ed è perciò che più non rammento come mi trattò il governo italiano; non dimentico mai il bene, ed è perciò che in me è ognor viva la memoria dei benefici del governo di Vaud, e che non si scancellerà quella dell’opera amichevole del prof. Michels»[38].

 

Dello stesso tono una lettera del 29 giugno 1917: «ho ricevuto la sua lettera di ieri, e subito le ho telegrafato: “Je regrette devoir refuser absolument, mais je suis reconnaissant aux personnes qui se sont intéréssées à moi”. Se ella rilegge la mia lettera del 20 maggio, non rimarrà sorpreso da questa mia decisione. Capirà che l’essere la promozione a Commendatore invece che a cavaliere ufficiale nulla muta alla sostanza, e che quando uno dice che tale promozione gli reca dispiacere e lo avvilisce, l’insistervi giustifica il rifiuto, anche se, invece di privato dovesse diventare pubblico. Il governo italiano non mi stima degno delle onorificenze serbate agli scienziati, ed io vado più in là e neppure mi stimo degno della Corona d’Italia. Siamo dunque interamente d’accordo. Non ho la presunzione di paragonarmi a Giosué Carducci, ma quando egli accettò onorificenze - con grave scandalo di molti - furono almeno quelle che convenivano all’indole della sua attività. L’ordine della Corona d’Italia, dissero gli stessi ministri, fu istituito per sfollare quello Mauriziano, che doveva essere serbato a coloro che veramente onoravano l’Italia. Quando Regina Coeli ospitò molti Commendatori e fu pubblicato l’Inno dei Commendatori, ci fu chi osservò che erano Commendatori della Corona d’Italia, non Mauriziani. Troppo onore sarebbe per uno scribacchiatore di libri, come io mi sono, lo stare in questa compagnia. Occorre dunque che i miei editori usino pazienza, e che si rassegnino a fare figurare - come sempre sin ora - il nudo nome sulla copertina dei miei libri. Spero, per loro, che ciò non nuocerà alla vendita. E forse riceverò ancora lettere colla soprascritta che tanto mi piace, e che, senza neppure il signore, dice semplicemente: a Vilfredo Pareto. Tutto ciò non toglie che io rimanga grato e riconoscente alle persone che vollero adoperarsi per me. Alle intenzioni solo si deve badare; di queste porgo sentiti e vivi ringraziamenti a lei ed alle persone che si adoperarno in mio favore, ppresso le quali la prego di farsi mio interprete» [39].

 

Le diciotto lettere di Pareto a Michels rappresentano, in qualche modo, sia lo stile sia la tenacia del Maestro. Certo fu «scrittore aspro, disordinato, uomo altezzoso, sprezzante, polemista terribile, Pareto usa ed abusa dell’ironia scanzonata e soprattutto del sarcasmo per volgere in ridicolo quel che non gli aggrada»[40]. È stato un outsider e, forse questo aspetto è stato meno sottolineato di quanto si dovrebbe, uno studioso, un intellettuale di confine nella complessità che la parola confine sembra rimandare. «È stato l’unico sociologo che ha rifiutato, contemporaneamente e senza mezzi termini, il patrimonio comune dei valori cristiani, il positivismo che sembrava portare verso una morale umanista del progresso, come l’applicazione dell’utilitarismo alla spiegazione di tutte le azioni sociali. È inoltre il solo a rifiutare il sogno filosofico di una “obiettività” intrinseca della scienza, o il mito di una “razionalità” inerente al corso del mondo storico-sociale, insomma, a collocarsi ostentatamente in opposizione alle opzioni teoriche fondatrici della sociologia»[41].

 

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