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Teoria: La casa come piccola città (L.B. Alberti)

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La Teoria dell' Architettura è uno strumento della riflessione e, pertanto, parte integrante della pratica architettonica. Nella comprensione della disciplina dell' Architettura come „progetto“ , atto in sé e progetto dell' „essere nel mondo“, allora la Teoria dell' Architettura va considerata come irrinunciabile parte del processo progettuale in quanto nell' essenza di progetto mentale formula, per dare sostanza, al <Progetto di Architettura>.

Il progetto architettonico dell' „essere nel mondo“ premette un' attenta osservazione del mondo nel quale siamo, poiché soltanto nella conoscenza del mondo nel quale siamo possiamo entrare in rapporto, prima, e in sintonia, poi, con esso. Ai fini di una oggettiva considerazione del mondo negli ultimi tempi metodologie transdisciplinari e scientifico-culturali hanno sensibilmente influenzato la Teoria di Architettura.
I media di lavoro in testi e immagini della Teoria dell' Architettura sono stati in tal guisa estesi ad altri ambiti interdisciplinari e così applicati nei contesti di didattica e ricerca, donde il compito della Teoria dell' Architettura di rimettere in discussione gli acquisiti modelli di pensiero per svilupparne nuovi al fine di fruttificare la prassi architettonica.
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Nei <Dieci libri sull' Architettura>, il trattato in latino sull' Architettura edito postumo nel 1485, Leon Battista Alberti pone il rapporto Architettura e Città o Casa e Città in un ben definito rapporto reciproco secondo un principio dialettico operante sempre in contraddizione alla ricerca costante di una condizione ideale tale che possa, più che conciliare, accostare gli opposti. Il mondo viene pensato e articolato secondo forze equilibrate e in questa visione anche l' Architettura deve poter trovare la sua collocazione.
Il punto di forza di questa teoria è il concetto della Bellezza, la „concinnitas“ (concinnare: ordinare, sistemare appropriamente; concinnus: conveniente, adatto, bello, elegante, ricercato sino all' estremo, per Immanuel Kanti: sublime), intesa come „armonia di tutte le parti nell' unità di cui fan parte secondo cui non si possa aggiungere o togliere o cambiare nulla se non in peggio“ (De re aed., VI, 2). Tale senso dell' ideale è per l' Aberti una costante umana: una legge „fondamentale e più esatta della natura“ che consta di numerus (numero), finitio (proporzione fra lunghezza, larghezza, altezza) e collocatio (disposizione) delle parti (De re aed., IX, 5), che, per l' appunto, richiamandosi alla natura, finisce per far superare al concetto di bellezza la razionalità dei rapporti proporzionali, già presenti in Vitruvio, prima, e la concezione medievale, poi, per proporsi come concinnitas, nel senso di valore universale che innesta il significato di armonia a quello di organicità che, a sua volta, si esprime nella ordinata connessione della parti di un tutto, come appreso dallo studio della disciplina della <composizione architettonica> nel corso degli studi di architettura e metabolizzata quale analisi tesa all' aggregazione degli elementi architettonici (e anche urbanistici) che conduce alla connessione tra forma (Gestalt) e funzione.
Per Alberti l' Architettura è ars, un apparato sia per l' individuo che per la società. La „casa“ serve sia all' uomo che alla rappresentazione come partecipazione simbolica alla vita sociale. L' Architettura viene, pertanto, considerata non come fatto in sé, bensì per l' effetto che la casa può avere sulla città e, quale linguaggio, può articolare una teoria della risonanza a conferma di quanto dagli edifici, corrispondentemente ai valori di bellezza espressi dal corpo umano, viene trasferito alla città e che va oltre la sommatoria espressa dai cittadini, per diventare il luogo degli stati d' animo della società che si esprimono in termini di benessere e malessere, disagi e paure, riconciliandoci con la città, il quartiere, la strada, il vicinato: valori da percepire come ambito dove abbiamo sempre vissuto, dove c' erano la nostra casa, le nostre (prime) relazioni e dove, invano, andiamo (o dvremmo ritornare) a riscoprire la nostra memoria.
La città, come la casa, prima ancora di essere pietre e calce (giammai isolamento termico „a cappotto“!), speculazione fondiaria ed edilizia, indice di cubatura, è uno stato d' animo del quale tener conto grazie allo sviluppo di una ritrovata capacità di ascolto - che, intanto, è assente nelle istituzioni -, necessaria per rimettersi in relazione e in discussione e, così, raccogliere i materiali necessari da trasferire poi nel progetto di piano e di architettura partecipato , capace di prendere in considerazione le spinte (e le tensioni) sociali e culturali della città storica e della periferia coniugando vecchi e nuovi assetti alla ricerca di una sintesi.
L' Alberti è stato il primo a cercare di superare l' unità della differenza tra casa e città nel momomento in cui tematizza la „casa come piccola città“. Questo re-entry aveva un carattere funzionale nel senso che l' Alberti trasferendo la differenza tra casa e città nella casa, poteva pertanto parlare sia di un aspetto domestico che di un aspetto urbano della casa collegando la differenzazione con chiusura e apertura come in realtà risulta evidente nella sua Teoria dell' Architettura allorché distingue sei elementi dell' Architettura stessa, affermando: "È chiaro dunque che l' Architettura poggia su sei elementi: Il contesto, la platea o piastra, la distribuzione (la pianta), il muro, il tetto e l' apertura (porta o finestra)".
Questi sei elementi sono comuni a tutte le case, emergendo così in maniera evidente il pensare albertiano per contraddizioni: La casa è essenzialmente costituita da una serie di delimitazioni (contesto, platea o piastra, distribuzione, muro, tetto) e nella demarcazione (apertura). Soltanto la interrelazione o diversamente formulato, la differenza tra "chiusura" e "apertura", consente il formarsi dell' Architettura nella funzione preminente del muro e del tetto in relazione alla costituzione dello spazio che in tal guisa diventa il suo "medium", poiché sono proprio le schermature (o delimitazioni) che degli uomini fanno elementi di una comunità.
E Alberti: "Qualcuno ha detto che l' acqua e il fuoco costituissero l' inizio in base al quale sia sia costituita la società umana. Se però considero l' utilità e la necessità del tetto e del muro, allora mi convinco che questi hanno contribuito in misura maggiore a raggrppare gli uomini e a tenerli uniti" (Prefazione, pag. 10).

Il De re aedificatoria (lett.: "Sull'edilizia"), trattato in dieci libri sull' architettura, scritto da Leon Battista Alberti intorno al 1450, durante la sua lunga permanenza a Roma, su commissione di Leonello d' Este, con l' edizione del 1452 dedicata a Niccolò V, e pensato come rilettura critica del testo di Vitruvio, è a ben ragione considerato il primo trattato di Teoria dell' Architettura finalizzato al modo di costruire (non come fossero costruiti) gli edifici, senza ricorso a illustrazioni, bensì in forza di parole, concetti e istruzioni, grazie anche a riferimenti a Platone e Aristotele, necessari ad inquadrare sociologicamente la funzione dell' Architettura.

Scritto in latino, il trattato è pensato per un pubblico selezionato di colti intenditori che così, rivolto al virtuale architetto, l' Alberti formula: Vorrei che quanto fusse possibile tu t' ingenassi d' aver a fare con prencipi delle città splendidissimi e di fabbricare desiosi" (Libro IX), per affermare la priorità del progetto, considerando l' Architettura come disciplina puramente teorica, fianalizzata tuttavia alle redifinizione fisica, sociale e spirituale della città ed alla scoperta di un nuovo principio d' ordine, tant`è che il primo manoscritto, in latino e privo di illustrazioni, viene dedicato al papa Niccolò V che aveva avviato il rinnovamento urbanistico di Roma, mentre l' edizione a stampa, realizzata postuma nel 1485, è dedicata a Lorenzo il Magnifico con uno scritto di Angelo Poliziano.

Un Alberti, pertanto, per riflettere e nella riflessione poter e dover coinvolgere tutti: politici, urbatetti, cittadini . . . assieme per innalzare un inno alla casa e alla città.

"Mi dimetto, qui non ricostruiranno mai"

(Il sindaco di Ussita lascia per protesta dopo il sequestro di un campeggio).

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