LETTERE DI VILFREDO PARETO ALL’AMICO ROBERTO MICHELS: CONFINI E CONFINE NEL TRATTATO DI SOCIOLOGIA GENERALE DEL 1916
Raffaele Federici
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università degli studi di Perugia.
L’interesse per le lettere di Vilfredo Pareto[2] a Robert Michels non risiede solo nella storia del pensiero sociologico. Infatti, tali lettere sollecitano l’attenzione per l’osservazione di una delle linee di faglia degli intellettuali di confine con il mondo di ieri, ovvero il periodo compreso fra il 1914 e il 1920, un tempo denso di inedite e globali incertezze: «dal punto di vista sociologico, il ventesimo secolo incominciò nel 1914, esattamente come il secolo decimo nono incominciò effettivamente intorno al 1830, quando la classe media diede la sua impronta alla vita pubblica dell’Europa occidentale. […] La concezione predominante in fatto di filosofia, di scienza e di arte, fino al 1920 era fondata su modelli del secolo decimo nono. Contemporaneamente, le forze che crearono una cultura nuova erano già all’opera verso il 1900, nei campi delle scienze fisiche, della tecnologia applicata, della psicologia del profondo, della musica e della pittura moderna. […] Sigmund Freud elaborò la tecnica della libera associazione intorno al 1895 e pubblicò L’interpretazione dei sogni alla fine del 1899»[3].
Insomma la corrispondenza fra Pareto e Michels avviene in un tempo in transizione, un tempo nuovo in cui si afferma una nuova visione del mondo, «il 1900, come il 1400 e il 1600 e il 1000, ha tutta l’aria di un anno che conclude un saeculum»[4] o, ancora, con le parole di Robert Musil: «dalla mentalità liscia come un olio degli ultimi decenni del diciannovesimo secolo era insorta improvvisamente in tutta l’Europa una febbre vivificante. Si amava il superuomo e si amava il sottouomo, si adorava il sole e la salute, si adorava la fragilità di fanciulle ammalate di consunzione; si professava il culto dell’eroe e il culto socialista dell’umanità; si era credenti e scettici, naturisti e raffinati, robusti e morbosi si sognavano antichi viali di castelli, parchi autunnali, peschiere di vetro, gemme preziose, hascish, malattia, demoni, ma anche praterie, sconfinati orizzonti, fucine e laminatoio, lottatori ignudi, rivolte di operai schiavi, primi progenitori dell’uomo; distruzione della società. Tutto questo si svolse del resto nello strato e incostante degli intellettuali»[5].
In questa ricerca di senso fra la fine di un'epoca e la nuova visione del mondo, c’è, nei due Autori, quello che potrebbe chiamarsi una betweenness: Pareto, quasi un franco-italiano, e Michels, un italiano-tedesco, anzi un più che italiano. Nella linea di faglia rappresentata dal primo conflitto mondiale, i due sociologi sono in una doppia relazione interiore appunto franco-italiana Pareto e italo-tedesca Michels e una relazione esteriore fra il mondo di ieri e il mondo successivo al cataclisma che fu la prima guerra mondiale, quando ben quattro imperi colossali erano stati smembrati (l’Impero Russo, l’Impero Tedesco, l’Impero Austro-ungarico e l’Impero ottomano), nello stesso tempo in cui Emile Durkheim guardava con inquietudine alla disgregazione delle vecchie comunità tradizionali, dove il senso della crisi del tempo investe non solo le persone e i comportamenti, ma il mondo logico stesso. Lo scambio epistolare avviene nella stessa terra: Pareto a Celigny, sul lago di Ginevra[6], e Michels a Basilea[7], lungo le rive del Reno.
Vi è, fra i due sociologi un profondo rispetto, che vedrà Robert Michels dedicare allo “scienziato e amico Vilfredo Pareto con venerazione” un’opera importante come “Problemi di sociologia applicata”[8] pubblicata solo tre anni dopo il Trattato di Sociologia Generale del Maestro. In questa antologia di saggi Robert Michels, probabilmente composti fra il 1914 e il 1917, negli anni del grande cataclisma, anzi concepiti prima «dell’insediamento di questa terribile corte suprema di cassazione di tutte le nostre ideologie, che è la guerra»[9], quindi contemporanea al Trattato, il Maestro viene citato tre volte, come Max Weber, ma, de facto, la presenza di Pareto è continua. In particolare, il richiamo al Maestro è iscritto a due piste di ricerca: da una parte la realtà della ricerca sociologica e del suo amplissimo spettro di analisi[10] e dall’altra la teoria della circolazione delle elités. È proprio in occasione della pubblicazione del volume “Problemi di sociologia applicata” che Pareto risponderà a Michels a proposito di metodo scientifico. La lettera è datata 09 gennaio 1919 ed è l’occasione per specificare la sua posizione metodologica: «tali mia osservazioni non mirano menomamente a combattere la sua dottrina, mirano solo a chiarire la differenza fra la sua dottrina e un’altra. Sarebbe come se dicessi: questo libro è scritto in italiano, quest’altro in cinese. Con ciò non voglio dare alcun giudizio sui meriti della lingua italiana e della lingua cinese. Voglio solo, esclusivamente dire che sono lingue diverse, e basta»[11].
Da questa breve premessa, che ho precedentemente affrontato in “Intorno al problema del progresso”[12], nella “Sociologia dello straniero”[13], in “Sociologia di Parigi”[14], ho cercato di attraversare gli anni del “limite”, gli anni che hanno caratterizzato la corrispondenza fra i due Autori, legati da una profonda amicizia.
Ricordo che «con l’anno limite 1914 finisce l’età che oggi si ama definire il mondo di ieri»[15], un “Die Welt von gestern”[16] che si presenta come un mondo distrutto, annientato, stravolto da quella tragica esperienza che verrà successivamente chiamata la “Grande Guerra”. «È tuttora pressoché impossibile», ha scritto Hannah Arendt, «descrivere quel che si è realmente prodotto in Europa il 4 agosto del 1914»[17]. Un anno “limite” in cui la sproporzione fra «l’effetto e la causa, fra l’incendio e l’incidente che lo ha provocato continua e continuerà per sempre a eludere la comprensione»[18].
I grandi progressi della scienza e della tecnica avevano progressivamente cambiato la maniera di vivere e anche la visione dell’umanità intera. Una trasformazione che la sociologia cercava di leggere, negli anni a cavallo fra XIX e XX secolo, con strumenti non solo quantitativi ma, soprattutto, qualitativi nella ricerca di una antropologia “post-filosofica” della modernità[19], tentando di cogliere la formazione e la saturazione delle “nuove” classi sociali. Un progresso che Pareto stesso non si azzardava di affrontare come tale[20]. Una lettura e una interpretazione che avviene nel tempo della Sekurität economica che, proprio sul finire del XIX secolo, raggiunse il suo culmine esasperandosi nelle nuove forme del capitalismo industriale e delle nuove “sensibilità” culturali. Un processo e un mutamento che vedeva venir meno la sicurezza nel criterio di giudizio, la possibilità di orientarsi nei rapporti con le cose e le persone e che, un secolo dopo, ha paradossalmente spostato la riflessione al tempo della Unsicherheit come problema e della Risikogesellschaft come forma. Come nella pittura l’espressionismo portò l’insicurezza nello spazio immaginario euclideo, nella musica l’atonalità e la dodecafonia spostò il pentagramma oltre le armonie della sicurezza compositiva tradizionale, così il mondo sociale trasfigurò le sue certezze nella ricerca di un altro ordine eliminando ogni possibile ritorno all’ordine passato.
Con altre parole si potrebbe osservare che lo stesso passaggio fra il secolo XIX, in cui dominava il dualismo «aut-aut», ovvero la tendenza alla suddivisione e alla specializzazione compreso nello sforzo di inquadrare il mondo entro criteri e indici univoci e costanti, e il secolo XX, caratterizzato dall’«e» ovvero dall’incertezza, dalla molteplicità e dalla coesistenza, è meno deciso e netto di quanto si possa pensare nonostante le tante macro definizioni proposte. Michels e Pareto infatti, oltre al problema metodologico, pongono una grande attenzione ai cambiamenti dettati dall’avvento di una società industriale in piena maturità, della divisione del lavoro, con tutti i problemi sociali da essa derivanti e del genere di razionalità che può prevalere in tale società, insomma tutti i problemi ed i rischi che derivano dal “progresso”. È un paesaggio in qualche modo in cerca di organizzazione, certamente creativo, costruzione e distruzione dell’individuo contemporaneo, in cui, come scrive Pareto, «un pastore tedesco dice che Gesù Cristo avrebbe preso parte alla guerra»[21].
È a partire da qui che una lettura attenta delle diciotto lettere rimanda a una linguaggio nuovo. È quello della sociologia, di una scena mutata della scienza in cui la sicurezza di chi scrive trasforma la conoscenza di chi legge in insicurezza poiché lo pone di fronte a interrogativi nuovi, in fondo mai posti. Si pensi ancora al tema dei residui e delle derivazioni: «nel Trattato compare e campeggia la terza dicotomia fondamentale del pensiero paretiano, quello fra residui e derivazioni. Anzi il Trattato può essere considerato come un luogo, non sempre rettilineo, complesso (nonché complicato) discorso intorno a presupposti teorici, alle fonti materiali, alla costruzione concettuale, alla possibile utilizzazione per una teoria del sistema sociale, di questa grande dicotomia. Dopo un capitolo preliminare sul metodo scientifico, l’opera prende le mosse dalla prima dicotomia, cioè dalla distinzione fra azioni logiche e non logiche (cui sono dedicati il secondo e il terzo capitolo). Poiché il miglior modo per giungere alla enucleazione e descrizione delle azioni non logiche è quello di partire dalle loro manifestazioni verbali, che sono teorie non logico sperimentali (cui si riferisce la seconda dicotomia), l’opera procede con una analisi di un abbondante materiale di teorie di tal sorta, che vengono distinti in teorie che trascendono dall’esperienza (capitolo quarto) e in teorie pseudoscientifiche (capitolo quinto), secondo ché l’intervento di principi non sperimentali sia esplicito o soltanto implicito, e quindi, più o meno dissimulato. La conclusione di quest’analisi è che le teorie non logico-sperimentali sono composte da due parti: una parte più variabile, che consiste in un complesso di argomentazioni quasi logiche con cui gli uomini tendono a dare una giustificazione razionale, a razionalizzare post factum, i propri istinti o sentimenti; una parte più costante, attraverso cui vengono espressi questi istinti o sentimenti. Alla prima Pareto dà il nome di derivazioni; alla seconda di residui, in quanto sono ciò che residua di ogni teoria dopo averla sfrondata degli argomenti di giustificazione, o, per seguire una delle metafore preferite di Pareto, dopo averle scrostate di vernice logica»[22].
Vi è, nella lingua dei due sociologi, certamente è evidente in Pareto, un linguaggio che non è separato dal potere, il potere di chi tenta di produrre nuove frontiere nella conoscenza[23], e, per i lettori del tempo, fu certamente spaesante[24]. Certo Pareto, è lo stesso Boudon a metterlo in luce[25], solleva molti interrogativi interpretativi e di fondo, si pensi alla distinzione fra azioni logiche e non logiche se tale distinzione non è operata con “nuances”[26] e, ancora, che la teoria dell’azione individuale sia più complessa di quella di Max Weber oppure che l’idea di residuo debba essere compresa non come teoria della natura umana concepita come un dato intertemporale, ma «au contraire sur l’hypothèse que les conditions sociales déterminent des montages affectifs et cognitifs variables, ainsi que des processus variables de sélection des individus»[27]. Tale osservazione diventa un principio organizzatore dell’insieme delle scienze sociali, un vertice da cui leggere il realismo critico del Maestro, il bisogno di andare ai fatti, alla realtà dei fenomeni.
È a partire da queste sensibilità scientifiche, oltre quello che Pareto chiamava la ingannevole crosta delle ideologie, che ho cercato di leggere le diciotto lettere di Pareto all’amico e collega Robert Michels. Il corpus epistolare è conservato presso il Fondo Pareto; è un corpus smilzo ma offre la possibilità di gettare una luce ulteriore sia sul Pareto degli anni fra il 1915 e il 1918 sia sullo stato della sociologia in quegli anni.
Per Pareto questi anni sono difficili: nel 1907 dopo la morte della sorella Cristina, cui era molto affezionato, lascia l’insegnamento poiché, con le sue parole, preferisce «comporre che far lezioni»[28]. Sono gli anni in cui elabora il Trattato nella ricerca di una oggettiva realtà. Fra il 1909 e il 1917 il Maestro è malato di cuore e la corrispondenza con i suoi amici si fa rara (lo stesso Pantaleoni riceverà poche lettere) e si fanno via via più pungenti le sue osservazioni sia verso gli studiosi sia verso l’establishment politico e accademico italiano. Sono, per Pareto, gli anni in cui viene denominato da Giovanni Papini «l’ateo di tutte le religioni»[29][30], sono gli anni in cui il Maestro si definisce: «un legnaiolo che ha bisogno di uno scalpello e che, non trovandolo al mercato, deve farselo»[31].
Come avviene nei migliori epistolari, è possibile privilegiare fra le lettere di Pareto a Michels un itinerario, una pista interpretativa, ovvero il perché della sociologia. Una avventura che potrebbe definirsi interdisciplinare che investe la storia, le lettere, l’economia politica e la riflessione epistemologica. A questa collocazione della ricerca corrisponde una immagine della sfera culturale che non ha un suo territorio interno ma è disposta, adagiata, dispersa, ai e oltre i confini. Ogni richiamo sembra essere irrevocabilmente partecipe dei processi di formazione, di dissolvimento, delle cristallizzazioni e delle scosse improvvise nella conoscenza che si manifestano in quel determinato periodo storico. Il fenomeno sociologico si manifesta, anche in queste lettere, sia sotto l’aspetto oggettivo, allorché studia rapporti fra oggetti reali, sia sotto l’aspetto soggettivo, allorché si focalizza nella ricerca degli strumenti intellettuali per la ricerca.
Il richiamo al confine, alla ricerca dei confini della sociologia, è un richiamo al mondo della cultura, un mondo che non può intendersi un volume stabile, solido e pieno ma un reticolo, in continuo movimento di nodi fili e giunture. La sfera culturale sia in Pareto sia in Michels non ha un territorio interno definito, si espande e si “fissa”, si dispone in inediti confini (si pensi ai “residui”). Sono gli anni del limite, proprio gli stessi anni della corrispondenza fra i due Autori, dal settembre del 1915 al gennaio del 1919.
In questo complesso quadro gli Autori sono testimoni attenti, sensibili, di un angosciante processo di trasformazione della intera società occidentale. Pareto e Michels appartengono ad una epoca «als das Lesen noch geholfen hat»[32] e le loro asserzioni attingevano sempre a conoscenze derivanti da letture scientifiche e non solo, ma anche da letture che possono essere ricordate senza censure, senza accomodamenti. Rammento che Pareto non era mai stato benevolo verso le forme della censura, anzi nel 1911 aveva pubblicato in francese “Il mito virtuista”[33], un breve saggio in cui si era fatto beffe del bizzarro senso del pudore che portava le classi borghesi a inorridire dinnanzi alla letteratura erotica, tollerando invece pacificamente articoli e libercoli di propaganda rivoluzionaria.
Insomma Pareto sentiva la necessità della capacità di espressione e di conoscenza senza essere uno “strenuo difensore della libertà”, secondo la classica definizione di Burnham[34]. Ricordo che proprio il Maestro in una lettera a Sorel del 1916 sottolineò come l’episodio della censura al “Giornale d’Italia” e, indirettamente, all’Osservatore Romano a proposito del necrologio dell’imperatore Francesco Giuseppe e, più in generale, a proposito del conflitto mondiale, fosse qualcosa di inutile. A sottolineare ancora questa posizione del Maestro di Celigny, presenta anche nella corrispondenza con Robert Michels, è interessante ricordare e rileggere uno dei suoi ultimi scritti comparso nel gennaio del 1923 nella rivista “Gerarchia” di Milano con il titolo di “Libertà” in cui si può leggere: «l’unità dell’Italia fu fatta da una dittatura borghese, che fu buona entro certi limiti, non già solo perché era una dittatura, ma perché vantaggiosi, sino a un certo limite, ne furono gli effetti, come agevolmente può vedere che paragoni lo stato dell’Italia prima del 1859 con quello dopo la guerra mondiale, e perché volle, seppe, poté vincere gli avversari si nazionali che forestieri, e superare ostacoli veramente formidabili come, per esempio, quello del Papato di Roma, favorito dal cattolicismo mondiale. Il reggimento fascista non è buono solo perché dittatoriale, anzi, come tale, potrebbe a somiglianza di ogni altra dittatura, essere pessimo con un cattivo dittatore, ma perché buoni, sinora, ne furono gli effetti come appaiono dal miglioramento recato nelle condizioni del paese, dal biennio 1919-1920 della tirannide rossa, allo stato presente. Che sarà dell’avvenire? Solo i fatti possono dare sicura risposta: ma non è escluso che si possano fare probabili previsioni; e queste appaiono favorevoli se il futuro somiglierà al passato. Non vuolsi peraltro tacere che formidabili pericoli sono da superare. Alcuni già paiono allontanati dal senno dei capi; per esempio quello di avventure forestiere, analoghe ad altre che trassero in rovina il secondo impero francese, quello di abuso della forza, quello di prepotenti arbitrii. Al preservare in questa via gioverà una ampia libertà di stampa»[35]. Ecco un tema caro a Pareto la libertà di espressione, tema che attraversa anche alcune lettere inviate a Michels.
Tutte le lettere inviate a Michels da Pareto sono attraversate da una sincera amicizia e da un legame che raggiunge anche le figlie. Manon, la prima figlia di Michels[36], trascorreva lunghi periodi di vacanza proprio a Villa Angora e sui suoi soggiorni a Celigny Manon scrisse un articolo pubblicato in “The Atlantic Monthly”[37] nel 1935. Un ulteriore tema che ricorre nella corrispondenza è la responsabilità, il radicamento nei valori telici. Nella lettera data 20 maggio 1917 scrive il Maestro: «ci sono tre scogli che desidero scansare. Il primo: Ella sa che poco mi curo di onori vari, ma d’altra parte mi preme molto di essere cortese, e perciò non potrei, perché sarebbe scortesia, rifiutare di accogliere un atto benevolo i cui volesse onorarmi il Governo italiano; il secondo ci sono atti che possono parere benevoli e che non sono: ed è naturale il desiderio di sottrarmi a essi. Se, per esempio, il governo del Cantone di Vaud volesse nominarmi aiutante bidello o anche privat-docent all’università non potrei avere per esso la gratitudine che sento profonda per la mia nomina a professore ordinario; il terzo, questo è il minor male e si potrebbe anche tralasciare di farne motto. Non vorrei fare la figura di chi chiede e si fa rifiutare. Io nulla chiedo ora, come mai nulla ho chiesto, come mai ho preso parte a un concorso per ottenere una cattedra universitaria in Italia. Non dimentiche la favola dell’orso che uccise l’amico per cacciargli la mosca. Per essere maggiormente chiaro, mi è necessario confidarle un segreto. Sappia che io sono cavaliere della Corona d’Italia. Se non ci crede, quando verrà qui le farò vedere il diploma, che spero che sarà stato rispettato dai topi. Ma dica un poco, ora che sa ciò, non le pare molto migliore la mia Sociologia? Ecco come andò il fatto memorando. Molti anni or sono, fu ministro Domenico Berti, amico di mio padre, il quale Berti, supponendo di farmi piacere, mi conferì la croce. Non rifiutai per non fare scandalo, perché allora il rifiuto era anche un genere di vanità, e infine per non recare dispiacere all’amico di mio padre, ma tenni il fatto occulto per quanto stava in me. Fui in ciò tanto avventurato che ora è dimenticato e, meglio ancora, non saputo: Duc ne daigne, Prince ne puis, Rohan suis. Ora, se il governo volesse promuovermi cavaliere ufficiale (Dio! Che onore!), non darei certo scandalo rifiutando, ma mi recherebbe un dispiacere che non mi pare di avere meritato in nessun modo. Procuri dunque di risparmiarmelo. Ogni atto cortese, ogni vero onore allo scienziato mi sarà graditissimo e ne sarò riconoscente; ma mi parrebbe di essere avvilito se, dopo quanto ho potuto fare in tanti anni di assiduo lavoro, mi si giudicasse appena degno di uno di quei nastrini che si prodigano ad agenti elettorali di decimo ordine od ai bottegai che provvedono carta ed inchiostro ai ministeri. Né il governo può desiderare di avvilarmi, né gli amici suoi o miei possono consentire ad avere parte in ciò; era dunque forse inutile che mi fermassi su tale argomento, ma è sempre meglio dare spiegazioni ampie piuttosto ché [sic] scarse. E poiché discorriamo di tale materia, mi conceda di aggiungere che più di ogni altra cosa avrò caro il menomo atto benevolo del governo del Cantone di Vaud. L’uomo è un animale riconoscente; ed io, sinché campo, non dimenticherò mai che il capo del Dipartimento dell’istruzione pubblica ed il decano della facoltà di diritto vennero a Fiesole a cercare il Pareto, allora “irato ai patrii numi”, come dello Alfieri dice il Foscolo; che al Pareto il governo di Vaud affidò la cattedra di Economia politica, e poscia quella di Sociologia, in cui lo mantenne e lo mantiene, non ostante la mal ferma salute. Della mia malattia mi dolgo più che pel male che mi fa, perché mi toglie di pagare, sia pure in piccola parte, il debito di gratitudine che ho verso quel governo. “Amor che a nullo amato amar perdona” disse Dante, ed è anche vero dell’amicizia e della benevolenza. Dimentico facilmente il male, ed è perciò che più non rammento come mi trattò il governo italiano; non dimentico mai il bene, ed è perciò che in me è ognor viva la memoria dei benefici del governo di Vaud, e che non si scancellerà quella dell’opera amichevole del prof. Michels»[38].
Dello stesso tono una lettera del 29 giugno 1917: «ho ricevuto la sua lettera di ieri, e subito le ho telegrafato: “Je regrette devoir refuser absolument, mais je suis reconnaissant aux personnes qui se sont intéréssées à moi”. Se ella rilegge la mia lettera del 20 maggio, non rimarrà sorpreso da questa mia decisione. Capirà che l’essere la promozione a Commendatore invece che a cavaliere ufficiale nulla muta alla sostanza, e che quando uno dice che tale promozione gli reca dispiacere e lo avvilisce, l’insistervi giustifica il rifiuto, anche se, invece di privato dovesse diventare pubblico. Il governo italiano non mi stima degno delle onorificenze serbate agli scienziati, ed io vado più in là e neppure mi stimo degno della Corona d’Italia. Siamo dunque interamente d’accordo. Non ho la presunzione di paragonarmi a Giosué Carducci, ma quando egli accettò onorificenze - con grave scandalo di molti - furono almeno quelle che convenivano all’indole della sua attività. L’ordine della Corona d’Italia, dissero gli stessi ministri, fu istituito per sfollare quello Mauriziano, che doveva essere serbato a coloro che veramente onoravano l’Italia. Quando Regina Coeli ospitò molti Commendatori e fu pubblicato l’Inno dei Commendatori, ci fu chi osservò che erano Commendatori della Corona d’Italia, non Mauriziani. Troppo onore sarebbe per uno scribacchiatore di libri, come io mi sono, lo stare in questa compagnia. Occorre dunque che i miei editori usino pazienza, e che si rassegnino a fare figurare - come sempre sin ora - il nudo nome sulla copertina dei miei libri. Spero, per loro, che ciò non nuocerà alla vendita. E forse riceverò ancora lettere colla soprascritta che tanto mi piace, e che, senza neppure il signore, dice semplicemente: a Vilfredo Pareto. Tutto ciò non toglie che io rimanga grato e riconoscente alle persone che vollero adoperarsi per me. Alle intenzioni solo si deve badare; di queste porgo sentiti e vivi ringraziamenti a lei ed alle persone che si adoperarno in mio favore, ppresso le quali la prego di farsi mio interprete»[39].
Le diciotto lettere di Pareto a Michels rappresentano, in qualche modo, sia lo stile sia la tenacia del Maestro. Certo fu «scrittore aspro, disordinato, uomo altezzoso, sprezzante, polemista terribile, Pareto usa ed abusa dell’ironia scanzonata e soprattutto del sarcasmo per volgere in ridicolo quel che non gli aggrada»[40]. È stato un outsider e, forse questo aspetto è stato meno sottolineato di quanto si dovrebbe, uno studioso, un intellettuale di confine nella complessità che la parola confine sembra rimandare. «È stato l’unico sociologo che ha rifiutato, contemporaneamente e senza mezzi termini, il patrimonio comune dei valori cristiani, il positivismo che sembrava portare verso una morale umanista del progresso, come l’applicazione dell’utilitarismo alla spiegazione di tutte le azioni sociali. È inoltre il solo a rifiutare il sogno filosofico di una “obiettività” intrinseca della scienza, o il mito di una “razionalità” inerente al corso del mondo storico-sociale, insomma, a collocarsi ostentatamente in opposizione alle opzioni teoriche fondatrici della sociologia»[41].
14 MARZO 2012 PUBBLICATO PIÙ DI UN ANNO FA 4 MINUTI DI LETTURA
ANALIZZANDO la socialdemocrazia nel 1911, Robert Michels parlò di legge ferrea dell'oligarchia: per come si organizzano, e tendono a occuparsi della mera sopravvivenza degli apparati, i partiti diventano piano piano gruppi chiusi, inevitabilmente corrompendosi. Il loro scopo è conservare il proprio potere, estenderlo, e respingere ogni visione del mondo che insidi tale potere.
Divengono quei difensori dei vecchi ordini che Machiavelli considerava micidiali ostacoli al cambiamento. Micidiali perché ben più agguerriti dei sempre tiepidi costruttori del nuovo. Anche le menti si chiudono, raggrinzite. È quello che sta succedendo in Italia, nonostante l'evidente discontinuità rappresentata da Monti. Sono mutati non solo gli stili di governo ma lo sguardo sulla crisi: non più occultata ai cittadini ma limpidamente spiegata, coi vincoli che essa impone.
Troppo presto si è parlato tuttavia di fine della seconda Repubblica, di nuovo inizio. La legge ferrea dell'oligarchia permane, e in alcuni momenti sembra perfino consolidarsi. Lo si nota soprattutto in due campi d'azione: la costruzione dell'Europa, e la cultura della legalità ovvero la lotta alla corruzione.
I due ambiti non sono affatto disgiunti: ambedue son figli di abitudini a cerchie recintate. Edificare un'Europa politica e federale implica l'abbandono di sovranità nazionali ormai fittizie, sotto il cui tetto sono cresciuti potentati incompetenti ma tutt'altro che indifesi. Allo stesso modo, creare in Italia una cultura della legalità implica una lotta senza cedimenti all'intreccio fra Stato e mafia, politica e corruzione: intreccio confermato proprio in questi giorni dalla condanna del boss palermitano Tagliavia. L'appello di Saviano a profittare della crisi per varare subito una legge anti-corruzione invita a rifondare le due cose insieme: Europa e legalità.
Vale la pena ricordare come nacque la moneta unica. Tra i pericoli indicati da Kohl ce n'era uno, di cui si parlò poco ma cui furono dedicate più riunioni ristrette: la mafia in Italia, e la sua congiunzione con le mafie dell'Est. Un libro uscito in quei tempi (Octopus, 1990), scritto da Claire Sterling, certifica questo timore: che l'Europa monetaria, invece di frenare la degenerazione della politica, le fornisse in realtà un ombrello protettivo. La moneta senza Stato europeo perpetuava l'illusione degli Stati sovrani, non più minacciati da svalutazioni monetarie che sempre erano state, in passato, momenti di crisi governative e di verità.
Quel timore non era infondato. Lo si è visto in Grecia (la sua piaga è la corruzione) e lo si vede in Italia. L'articolo 18 viene presentato oggi come inibitore di una rinascita. Ma gli specialisti dicono ben altro: se gli stranieri non investono da noi la causa non è l'articolo 18. È la mafia, l'assenza di leggi anti-corruzione. La paura che l'Italia incute dai tempi di Kohl è sempre quella.
Non è casuale dunque che i difensori del vecchio ordine s'aggrappino a due sovranità finte e al contempo distruttive: la sovranità dello Stato-nazione, e il diritto all'impunità di potentati che all'ombra dell'euro hanno confiscato la politica, impedendo che essa si rigenerasse e non tollerando incursioni giudiziarie. Il governo Monti non è sempre responsabile (il giudizio sulle sentenze non gli spetta) ma è vero che lascia fare (come lascia fare sulla Rai) con la scusa che prioritari sono i parametri economici.
La battaglia anti-corruzione è tema politico e i tecnici, anche se pienamente legittimati a governare, sono nell'intimo allergici alla politica. Ne hanno addirittura "schifo": la piccola frase detta da un ministro non cade dal cielo. Quanto all'Europa, il governo è più refrattario del previsto, considerate l'esperienza e le convinzioni recenti del Presidente del Consiglio.
Cominciamo dall'Europa. Anche qui la discontinuità è palese: la nostra voce non è screditata come ai tempi di Berlusconi. Ma la politica estera non è solo quella descritta dal ministro Giulio Terzi: "promuovere l'immagine dell'Italia credibile sulla scena internazionale".
Urgente, oggi, è scoprire le radici politiche della crisi europea, e fabbricare un'unione sovranazionale: con la Commissione che sia governo federale, un Parlamento che rappresenti l'agorà europea, un Consiglio dei ministri che diventi Consiglio degli Stati, come quando gli Stati Uniti passarono dalla fallimentare Confederazione alla Federazione (tra i suoi primi atti ci fu la messa in comune dei debiti).
È la proposta fatta il 7 febbraio da Angela Merkel, e l'intento è serio se Guido Westerwelle l'ha ripresa, sabato in una riunione di ministri degli Esteri a Copenhagen: prospettando una revisione della carta costituzionale europea e l'elezione diretta dei futuri Presidenti dalla Commissione.
A quest'iniziativa il governo italiano risponde per ora con un no. Ha cominciato Monti, l'11 gennaio sulla Welt, proclamando che degli Stati Uniti d'Europa "non c'è bisogno". Il no opposto da Terzi a Copenhagen è ancor più pesante, alla luce delle proposte tedesche: l'Italia comprende "l'esigenza, posta da diversi Stati membri, che superata la fase più critica della crisi finanziaria si riprenda una riflessione sulla visione dell'Europa". Ma ritiene "estremamente prematura" una nuova Carta costituzionale: " Non mi spingerei a dire che c'è una prospettiva di rilancio". Da chi e perché il ministro ha avuto il mandato così poco ardito?
Nell'ambito della giustizia è avvenuto qualcosa di non meno grave, che concerne non il governo ma i magistrati e la maggioranza parlamentare. Al centro dello scontro: non tanto la sentenza della Corte di Cassazione che ordina di rifare il processo d'appello a Dell'Utri, ma la spiegazione data dal procuratore generale della Cassazione Iacoviello ("Nessuno crede più, oggi, al concorso esterno in associazione mafiosa").
Sotto attacco, la figura giuridica escogitata tra gli anni '80 e '90 da Falcone e Borsellino con un proposito preciso: far luce sulle collusioni dei politici, dei partiti, dei colletti bianchi che, pur non essendo affiliati alla mafia, la favoriscono e l'innalzano a interlocutore dello Stato. Il "concorso" è complicato da individuare - Carlo Federico Grosso lo spiega bene su La Stampa - perché bisognoso di prove stringenti. Ma è "utile per incidere nella zona grigia di chi aiuta dall'esterno la mafia".
Anche in questo caso, i poteri insediatisi al posto della politica hanno reagito presidiando le leggi ferree dell'oligarchia. Il secondo partito della maggioranza, il Pdl, è saltato sull'occasione con fare vendicativo. La sentenza non scagiona Dell'Utri, ma è interpretata come sconfessione dei magistrati, se non come assoluzione. Permette di fronteggiare, soprattutto, un'incombente minaccia: il disvelarsi di patti Stato-mafia che forse condussero all'uccisione di Falcone e Borsellino. Il disvelamento rischia di denudare la nostra malata politica democratica.
Il potere oligarchico, corrotto o no, fatica a lasciar posto al nuovo, a reinventare la politica. Si arrocca, in casa e in Europa (lo Stato sovrano ha analoghe strutture oligarchiche). Fa parte dell'uscita dalla crisi anche questa restituzione alla politica di spazi, di iniziative libere da pressioni.
La politica fa schifo solo a chi non la vuol fare. Solo a chi combatte lo status quo molto tiepidamente, come nelle parole di Machiavelli: "La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversarii, che hanno le leggi dal canto loro, parte dalla incredulità delli uomini; li quali non credono in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza". Una ferma esperienza dell'europeismo dei governanti, e della volontà della politica di combattere le corruzioni: i cittadini ancora non la vedono nascere. Ma di sicuro l'aspettano. La sperano dal primo giorno del governo Monti.
A mio debol parere dobbiamo partire da tre personaggi di spicco dell' attuale parcoistituzionale: l' ancora Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi, il Presidente in fuga della Regione a statuto tutto speciale Sicilia, Sebastiano Musumeci, detto „Nello“ e la vergogna tutta nazionale (ma anche europea) Silvio Berlusconi.
Dei primi due sono alcune loro recenti dichiarazioni a darci spunto e motivazione per delinerne succintamente i profili; del terzo è la sua sporca storia personale e la sua gravidanza non interrota del sogno „Quirinale“ che, abbiamo l' impressione, gli andrà di traverso, nonostante le chissà quanti provini e prove, da solo e con la protagonista della sua terza avventura matrimoniale davanti ad un grande specchio o seduti in un comodo sofà o sdraiati a letto,
Dalle recite odierne, 14. Agosto 2022, del Presidente della R., Sergio Mattarella-Buccellato-Rimi fu Bernardo, il co-mandante principale della prima strage di stato, Portella delle Ginestre 1. Maggio 1947, estrapoliamo quella inerente il richiamo alla tragedia di Genova del 14. Agosto 2018, ore 11:36, il cui incipit suon: „Una ferita che non si può rimarginare“, certamente per lutti, vergogna e dolore non di minore della testé ricordata strage di Portella delle Ginestre. Ma tant' è.
Ai funerali di stato del 18.08. 2018 il Corsera ha ricordato la consueta partecipazione delle più alte cariche dello stato (il Matt, il Conte e il Tonin), le stesse, vili e meschine, che sino ad pggi mai hanno aperto bocca allorché l' incarico per la ricostruzione della vitale infrastruttura autostradale, condido con una generosa insalata di Mln. di €, fu consegnata ai due compari genovesi Bucci e Piano, il primo sindaco di Genova, il secondo nel ruolo di progettista, sedicente <advisor senior>, ma anche senatore a (dolce)vita di questa Repubblica, il cui progetto preliminare (pensato come definitivo), si contraddistinse come un lucertone dalle gambe (i piloni) inspiegabilmente, per una archistar („che tutto il mondo c' invidia“, scrisse più volte un sedicente lacché e giornalista italico) di quella pasta, collegati da tiranti in acciaio, che ci fecero sudare mille camice per sollecitarne l' eliminazione.
Di quella sporca vicenda, non ancora conclusa in termini tecnico-amministrativi-giuridici, ricordiamo ancora la presenza di tre „giuristi“ di lusso (il Matt, il Conte e il Tonin), latitanti nelle fasi più scottanti di natura tecnico-giuridica che, ancora una volta, ricordiamo in: a. Il conferimento „motu politicae“ dell' incarico progettuale conferito all' architetto Renzo Piano in assenza (presumiamo) di un disciplinare d' incarico; b. Mancata approvazione del Progetto architettonico da parte del Comune di Genova e della Regione Liguria in ragione della disonesta (altra) latitanza in „questa“ italia di un serio e rigoroso Regolamento edilizio „regionale“ (Diritto edilizio pubblico) sul modello dei tanti, quante sono i Laender (Regioni) regionali“ vigenti in Germania e noti all' archistar Piano; c. Mancata verifica preliminare del Progetto strutturale da parte di ingg. verificatori, rispettivamente e distintamente per le strutture in c.c.a e quelle in acciaio, come da prassi prescritta dal §21 della <Verordnung über bautechnische Prüfungen (BauPrüfVO 1995 mit Stand vom 10. Dezember 2018) mit Verwaltungsvorschrift zu Verordnung über bautechnische Prüfungen (VV BauPrüfVO 2000 mit Stand vom 24. Juli 2020), altrettanto nota all' architettp R. Piano in ragione della sua presenza professionale in Germania per conto della committenza pubblica e privata; d. Assenza di contratti di appalto con le imprese esecutrici die lavori, debitamente sottoscritti da rappresentanti istituzionale della committenza pubblica e rappresentanti giuridici delle imprese esecutrici dei lavor; e. Alla data odierna silenzio assoluto sul costo finale e totale dell' opera, anche in riferimento al generoso finanziamento da parte statale, e quali i vincoli assicurativi in caso di risarcimento di danni per difetti di progettazione e direzione dei lavori (progettista, direttore dei lavori et varia) e di esecuzione per la durata prevista dai capitolati d' appalto.
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Dell' ancora Presidente, ma in fuga, della Regione a statuto tutto speciale Sicilia, Nello Musumè, abbiamo estrapollato una sua recente dichiarazione in relazione alla fine della sua vergognosa avventura politica regionale, allorché recentemente, messo alle strette, ha affermato: „Basta con questo interminabile mercato nero di nomi. Cercatevi un candidato che risponda alle vostre esigenze. Mi rendo conto di essere un presente scomodo (e inutile, Ndr). Ringrazio di vero cuore Giorgia Meloni (la „pasionaria“ del desrume incita di Palazzo „Gigi“, Ndr) e Ignazio La Russa per il convinto e tenace sostegno datomi. Torno a fare il militante“,
Ma cosa lascia il neo e vecchio „militante“, Vastià Musumè(ci) alla Sicilia che, chissà, in un esilarante perdita di sensi voleva fare „beddrissima“ (it. „bellissima“), se non un' ecatombe constellata di „nobili“ cadaveri da lui vestiti d' oro, come:
1. Quel tale fantomatico dirigente responsabile dell' Ufficio Speciale per la Progettazione, certo Leonardo Santoro (curriculum da 28 pagg. di fandonie che sarà messo a disposizione della Commissione Europea) - su proposta dell' assessore alle Autonomie locali, l' avvocaticchio (nella serie: Giuristi, Avvocati, Mezzi-avvocati e avvocaticchi, tutti „dott.“, rifugiatisi nelle pieghe ovattate dell' Alma Mater „Regione) Marco Zambuto-, dal Blog Sicilia del 22.02.2022 venduto ai siciliani già capo deldell' Uffio provinciale del Genio Civile (di Messina?) coordinatore di un altrettanto fantomatico „Gruppo di progettazione“ composto da 1. Ingegnere (il Santoro), 3 Architetti, 1 Agronomo, 1. Geologo, 1 Collaboratore alla progettazione e 1. Geometra per la sicurezza in fase di progettazione.
Un „gruppo“ di disperati, voluto e imposto dal Musumeci in forza dei suoi incontrollati poteri e della disonesta latitanza degli organi del Governo centrale preposti al controllo della malapolitica siciliana, che progetta, approva e finanzia progetti di OO.PP. regionali, sottratti ad ogni elemetare controllo preliminare tecnico, amministrativo e giuridico e nel silenzio dei sedicenti Ordini provinciali di ingg., archh., geomm., geoll., avv., precludendo il percorso di qualificazione e affinamento professionale di studi Tecnici, di Architettura e di giovani leve di archh. e ingg. vomitate dalla catene dimontaggio di Palermo, Catania ed Enna;
2. Quel fantomatico dirigente nazionale e regionale, tale Maurio Croce (da uno dei tanti curricula autoelaborati si apprende essersi laureato con votazione finale 110/110, in Chimica presso l' Università degli Studi di Messina – oggi (come ieri), secondo la classifica 2022-23 del Censis, il peggiore (ultimo posto. 19°) tra i grandi Atenei italiani -, attivo nell' orto messinese di FI, che con decreto del 10. Dicembre 2010 il Presidente del Consiglio die Ministri (Silvio Berlusconi?), su proposta del Ministro dell' Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Stefania Prestigiacomo?), in sostituzione dell' Ing. Santi Muscarà, ha nominato come „Commissario straordinario delegato (come „chmico“! Ndr) per il sollecito espletamento delle procedure relative alla realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico individuati nell' allegato 1 all' Accordo di Programma citato in premessa da effettuare nel territorio della regione Sicilia“. Roba da far raccapponare la pelle!
Orbene, su questo „signore“, ripreso, valorizzato, potenziato all' inverosimile dal Musumè(ci) nel ruolo di „Commissario di Governo“, con ufficio sito in Piazza Ignazio Florio,24, Piano t°, Palermo, mi sono imbattutto dopo aver appreso in Germania da un comunicato del Comune di I-90013 Castelbuono (mio paesino di nascita, oggi con 8.177 ab.), pubblicato sul Blog locale, www.castelbuono.org, e redatto della locale Assessora ai LL.PP. e all' Urbanistica (1.431,63 €/m, ma anche vice-sindaco da 1.590,70 €/m.), architetta Annamaria Mazzola, in relazione al finanziamento di un fantomatico progetto per „Opere di drenaggio e consolidamento di via Ten. E, Forte“, per un importo di € 2.300.000,00 Mln.
Il progetto esecutivo (e quello preliminare, da sottoporre assieme a quello esecutivo, a rigorosi controlli tecnici e, indi, a deliberazione da parte del Consiglio Comunale, sentito il parere dell' <Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica>, ancora diretto dall' avvocaticchio Marco Zambuto), redatto (presumibilmente in assenza degli adempimenti di legge) da un tal ing. „tuttofare“ (ingegneria civile, ingegneria urbanistica, ingegneria edilizia, disegni tecnici, consulenza ingegneristica), Zafonti Michele (Petralia Soprana) è stato sottratto al coivolgimento della popolazione e dei tecnici locali e lontani, come lo scrivente, Dipl.Architekt Nicolo Piro, da 51 anni in Germania (PiroUrbatectureStudio).
L' incarico affidato all' ing. Michele Zanfonti deve essere, senza se e senza ma, revocato e nel merito l' invito alla Procura della R. di Termini I. a statuire un esemplare comportamento di conseguenza che possa fare da apripista nel sottobosco della malapolitica isolana e nazionale. Una richiesta, questa, imposta dalla esemplare conduzione e gestione – grazie ad un eccezionale, quanto unanimamente riconosciuto, in Europa e nel mondo, convoluto tecnico-legislativo-, di lavori, valido sia per la committenza pubblica che e privata, della Germania, suffragata della mia lunga e intensa attività professionale in questo Paese.
La mancanza di una circonstaziata relazione illustrativa, inclusiva delle cause che hanno condotto ad un rischio dalle immani proporzioni e, soprattutto dell' accertamento di responsabilità di terzi derivanti dalla negligenza disonesta e esecrabile posta in essere nel corso delle tre sindacature consecutive (e ora della quarta) del senza arte e mestiere, e disoccupato di lungo corso, Signor Mario Cicero, ma anche della sua poco chiara gestione di OO.PP., su piccola e media scala, inconcepibili da noi (In Germania), ma prassi costante e cresente in „questa“ italia senza regole e morale sulla linea di partenza dell' ennesima corsa nel sacco all' indietro (Rinnovo del Parlamento nazionale e dell' Assemblea regionale Sicilia), avrebbero dovuto, e da tempo, sollecitare l' azione della Magistratura indagante, in genere, di Palermo e della Sicilia, per quanto attiene le vergogne che si sono accumulate nel caopoluogo e nell' Isola, e, in primis, di Termini Imerese, per le scorribande amministrative e politiche del Signor Mario Cicero.
Pertanto un improcastinabile, quanto impietoso, recupero di dignità e morale che vada oltre <manipulite> con legalità e terrore, questi fattori moltiplicatori di ordine, rigore e disciplina, soprattutto in un contesto, quello italiano, di incompiuta democrazia che, compiuta, vorremo possa essere organica, corporativa e sentitamente partecipativa.
E, per restare ancora nella mia Castelbuono: le sconsiderate, arbitrarie, in quanto sotratte ad un democratico e corretto dibattito consiliare, oltre al coinvolgimento dei cittadini, intitolazioni di luoghi pubblici a personaggi locali di indubbia condotta politica e morale, anche nella vita privata, quali sono stati gli ex- sindaci e consiglieri regionali, ins. Luigi Carollo, ex Pci (inttolzione del plesso scolastico San Leonardo!) e l' ins. Vincenzo Carollo, ex Dc (intititolazione della sala consiliare del Comune di Castelbuono, testimone silelenziosa delle sue svergognate scorribande, il frate cappuccino Gabriele Barreca, e, a margine trascinando nel ridicolo, il galantuomo, quanto laborioso artigiano Andrea Sottile, al quale è stata intitolata una sala del complesso museale San Francesco soltanto per aver militato e aver svolto il ruolo di consigliere e assessore nei ranghi del Pci locale, del quale, ancora oggi, il Signor Mario Cicero non è ancora stanco di esserne un cantore stonato.
Consegnare queste vergogne alle future generazioni di scolari e di cittadini, rese ancora più esecrabili dal silenzio meschino della cittadinanza e dal rinnovo del consenso politico al Signor Cicero, è semplicemente iressponsabile, disonesto e perverso. Che il Prefetto di Palermo, Signor Giuseppe Forlani, faccia, in tal senso, sentire il peso della sua presenza e della sua funzioni istituzionale che gli assicurerebbe, sia pure in ritardo, l' uscita dal tritacarne che raccoglie i resti di parassiti e fannulloni di questa maltrattata Italia.
Il ritorno alla militanza (quale e dove?) del Signor Nello Musumè è un suo pio desiderio che deve tenere nel debito conto altre inammissibili sbavature nel corso della sua reggenza del corrotto e fradicio apparato regionale. In tal senso è di quelche giorno su www.buttanissima.it, nel contesto dell' incerto avvio di attività della Giunta-Lagalla per il Comune di Palermo, la pubblicazione del mio post:
Facciano attenzione, i „lorsignori“, piccoli e grandi, poiché la sedicente <nuova legge urbanistica> regionale, il sedicente <regolamento edilizio unico> regionale e la fine (aggiungo ora, ingloriosa, quanto prevedibile) del Musumè potrebbero mandare a monte tanti sogni, azzerare illusioni, rovinare più d' uno e, chissà, cambiare in bene „questa“ italia.
Un' operazione possibile, solché si trovi il coraggio di denunciare, senza rispetto e pietà per chiccessia, abusi e nefandezze inammissibili a soglia già varcata del XXI Secolo in un contesto mondiale già lacerato da gravi mutamenti climatici e complesse trasformazioni sociali.
Il tempo del „babbio“ è finito e quello del „chi sbaglia deve pagare“ s' impone con possanza. Pertanto il Signor Musumeci (et similia) non pensi(no) di poterl farla franca. Devono pagare!
Il coltello è ben affilato, ed è in grado di tagliare carne e osso. L' Europa deve finalmente poter „sapere“.
"Non possiamo sostenere chi è salito sulla Sea Watch col Pd". Stoppata l'intesa Salvini-Berlusconi
Paolo Mandarà
Giorgia Meloni boccia la candidatura di Stefania Prestigiacomo a palazzo d’Orleans, vanificando l’accordo tra Lega e Forza Italia: “Abbiamo sempre difeso l’unità del centrodestra e continueremo a farlo, anche in Sicilia, dove il candidato migliore per noi rimane Nello Musumeci – ha scritto la Meloni dopo il passo indietro dell’uscente – Una cosa, però, non ci si può chiedere: sostenere un candidato che saliva sulla Sea Watch con il Pd”.
Sulla Prestigiacomo si erano ritrovati Lega e Forza Italia. “Ringrazio Nino Minardo per la disponibilità mostrata nei confronti di un candidato di Forza Italia alla Presidenza della Regione siciliana, che ci consente di uscire dall’impasse”, aveva detto in una nota Gianfranco Micciché. “La Lega si è dimostrata un partito sensibile nei confronti dell’intera coalizione – prosegue -. Un grazie a Matteo Salvini e a Silvio Berlusconi che si sono adoperati per trovare la soluzione. Speriamo che anche gli altri alleati della coalizione dimostrino lo stesso spirito di collaborazione. La nostra candidata Stefania Prestigiacomo è la persona migliore per sfidare i mille problemi atavici di questa Regione e per gestire con intelligenza ed equilibrio i rapporti con tutti i partiti dell’alleanza”, concludeva Miccichè.
Che non sapeva ancora di aver mandato in fibrillazione Ignazio La Russa. O magari lo immaginava soltanto. “Accordo Lega-Fi per la candidatura in Sicilia? A mezzo stampa forse, noi non abbiamo fatto alcun accordo e non facciamo intese sulla stampa – ha detto il colonnello di FdI all’Ansa -. Sicuramente, Giorgia Meloni non si farà imporre nomi, la scelta va condivisa”. A stretto giro di posta è arrivata la controreplica di Micciché: “Legittimo che Fratelli d’Italia, di fronte a una candidatura sostenuta dalle altre forze della coalizione di centrodestra, possa riflettere e discuterne, anche al proprio interno. Attendiamo fiduciosi che maturino certi convincimenti, anche perché l’alternativa sarebbe solo la rottura dell’unità del centrodestra”.
Il passo indietro di Musumeci non è servito a stemperare gli animi: “Non ci hanno ancora spiegato – riparte all’attacco La Russa – perché Musumeci, presidente uscente, onesto, capace e in testa ai sondaggi, non debba essere ricandidato nonostante abbia il sostegno anche di una parte della stessa Forza Italia e di molte realtà siciliane di centrodestra. Non ci hanno ancora fatto capire per quale ragione, la stessa Forza Italia pretenda di esprimere il candidato in Sicilia dove non è più il primo partito e tenuto conto che esprime già i presidenti di diverse altre regioni, sicuramente molti di più di Fratelli d’Italia. Risulta infine incomprensibile – prosegue il colonnello della Meloni – perché tra tutti i possibili candidati, Forza Italia voglia indicare proprio l’onorevole Prestigiacomo che, al di là del rispetto dovuto alla persona, dopo la sua presenza con l’onorevole di estrema sinistra Fratoianni sulla Sea Watch nella vicenda dello sbarco dei clandestini che costò l’imputazione a Matteo Salvini, risulta essere sicuramente la meno indicata a rappresentare tutto il centrodestra. Esattamente come fino a ieri ci hanno ripetuto anche esponenti della Lega. Ci devono infine dire se concordano con le farneticanti dichiarazioni di Micciché che intima “o Fratelli d’Italia è d’accordo sulla nostra scelta oppure rompiamo la coalizione”, mettendo così veramente a rischio quell’unità del centrodestra a cui Giorgia Meloni e tutto FDI stanno dedicando, anche a livello nazionale, ogni sforzo. Se si vuole lavorare per la Sicilia e il centrodestra, si torni ad un percorso di concordia almeno con scelte condivise. In mancanza, la farneticante “minaccia” di Miccichè potrebbe diventare realtà”.
C O M M E N T O
L' ex ministra che partorì il mostro Maurizio Croce che è un "dott". da laurea in chimica 100/100 nell' ateneo di Messina, oggi come in passato all' ultimo post della classica degli atenei d' Italia. Vorrei vedere la prima a pulire scale e il secondo, col Vastià Musumè(ci) in carcere, spgliati del loro sporco denaro da debito pubblico accumulato nel tempo. Le prove esistono e una é quella riguardante il finanziamento delle sedicenti <opere di drenaggio e consolidamento della via Ten. Forte> di 90013 Castelbuono, con progetto affidato in assenza di delibera comunale, disciplinare d' incarico e polizza assicurativa alla mezzapugnetta ing. di Petralia Soprana: opera magistrale dei politicamente disonesti sindaco e assessora nientepocodimenoche ai LL.PP. e all' Ubanistica, Mario Cicero e Annamaria Mazzola, co-responsabili del brutto affare che ha posto a serio rischio un quartiere urbano.
Un primo passo di compostezza, alto senso di responsabilità e serietà dovrebbe essere la immediata sospensione della procedura, revoca dell' incarico all' illustre professionista, un controllo micidiale dei suoi progetti, preliminare ed esecutivo, da parte di veri esperti (vai a trovarli in questa Sicilia (e Italia) di asini raglianti) in geotecnica e maeccanica dei terreni per accertarne il grado di preparazioine professionale il quale, se decante, dovrebbe attivare un' indagine capillare delle opere realizzate in passato su progetti del soggetto le quali, se non a norma, dovrebbero attivare un procedimento penale finalizzato a fare luce su tutte le vergogne seminate in Sicilia e sulla metodologia attivata dalla malapolitica in ambito di OO.PP. lmeno per gli ultimi 30 anni.
Si ricorda che per la progettazione di OO.PP. dovere dei sindaci di tutta Italia è la scelta di tecnici preparati da vincolare con la stipula di ferrei disciplinari d' incarico sottoscritti da un rappresentante istituzionale del Comune (l' assessore ai LL.PP.) e il professionista ed estendere questa procedura al rapporto Comune-impresa esecutrice dei lavori da sottoporre a procedure di collaudi in corso d' opera e finale di tutte le categorie dei lavori. L' opera così condotta a termine, "esente da difetti visibili e invisibili di costruzione" (così da noi in Germania e nel corso della mia cinquantennale prassi professionale di architetto) dovrà essere presa in consegna dal Comune sulla base di un dettagliato verbale di consegna sottoscritto da un rappresentante istituzionale della committenza pubblica (nella normalità l' assessore comunale ai LL.PP. con il coinvolgimento del responsabile dell' UTC) e il rappresentante legale dell' impresa/e esecutrice/i dei lavori.
Ma la magistratura dorme o preferisce transitare nella fogna della malapolitica (v. Chinnici, Ingroia, Scarpinato et varia) e l' Italia continua a sprofondare nella sentina. Basta, Sigg. Procuratori-Capi delle Procure della R. di Sicilia e Italia, e sveglia, poiché queste vergogne verranno portate a conoscenza delle istanze europee e delle Cancellerie dei Paesi "frugali, della Mittel-e Nordeuropa, un uno con la richiesta di sospensione di altre rete per il PNRR ed un minuzioso controllo sull' impiego delle rate già accreditate.
Aristotele distingue tra i diversi stati in base al tipo di potere statale supremo e all'obiettivo dello stato. Prima di discutere i tipi delle singole forme di Stato o di governo, definisce fondamentalmente cosa sono lo Stato, la polis, la comunità politica e quale deve essere lo scopo principale di tale istituzione, poiché per lui "l'uomo per sua natura è predisposto per vivere in comunità, e, pertanto,è una "creatura comunitaria", zóon politikón.
Questa affermazione è fatta da Aristotele in modo del tutto senza pretese e senza alcuna sovrastruttura metafisica o ideologica. Nelle comunità politiche, quindi, le persone cercano la possibilità di vivere insieme, e se possibile, di vivere insieme il più possibile, da un lato per sé stessi privatamente e soggettivamente, dall'altro per l'intera comunità della polis. Inoltre, in situazioni di carenza, le persone si aspettano principalmente un aiuto da e nella comunità politica per vivere o sopravvivere. Di conseguenza, il compito principale dello Stato è quello di fornire condizioni-quadro adeguate affinché gli ndispensabili e innumerevoli bisogni umani fondamentali possano essere soddisfatti, il che corrisponde al principio di sussidiarietà.
Aristotele definisce la democrazia nel suo rapporto con l'oligarchia, per cui colpisce che, oltre al punto di vista quantitativo che conosciamo, sottolinei soprattutto un punto di vista qualitativo, contenutistico, probabilmente del tutto inaspettato per noi, ma è sufficiente per poter capire che tutti i cittadini che praticano la democrazia - almeno in linea di principio – riconoscano il potere supremo dello Stato e solo pochi rimarrebbero nell'oligarchia, per confermare che "... c'è oligarchia quando i possessori esercitano il potere supremo, mentre c'è democrazia quando sono i poveri ... ciò che distingue democrazia e oligarchia l'una dall'altra sono povertà e ricchezza, donde dove il potere dello Stato si esercita in forza della ricchezza, che sia una minoranza o una maggioranza, c'è un'oligarchia, ma dove i <poveri di spirito> predominano e predominano, come in questa Italia, lì il caos democratico è la logica e naturale conseguenza. In questo caso si è in presenza di una erosione della democrazia, che richiede nuovi movimenti democratici.
Quali le riflessioni, allora? La prima sembra essere quella che evoca l'evidenza del blocco delle formazioni capitaliste avanzate e liberali. Nessuno dei problemi rilevanti che hanno caratterizzato le società capitaliste per diverse centinaia di anni è stato risolto: povertà e disoccupazione, violenza eteronormativa tra i sessi e gli orientamenti sessuali, razzismo e dominio coloniale di molte regioni del mondo da parte di pochi centri privilegiati, la distruzione della natura come condizione della vita umana, le gravi conseguenze del cambiamento climatico, l'erosione del suolo, la desertificazione e la scarsità di acqua potabile pulita, inoltre lo sfruttamento della capacità lavorativa umana e l'enorme aumento della ricchezza sociale che si è concentrata nelle mani di pochi.
Questi drammatici problemi richiedono soluzioni politiche e sociali, ma la democrazia, che arebbe dovuto contribuire allo sviluppo dinamico e innovativo di quelle società, è essa stessa in crisi. Ci si chiede, ora, che cosa abbia realizzato, o tentato di fare, la teoria della democrazia, in primis per superare questo stato di cose disastroso e poter uscire dall'impasse. Quella teoria della democrazia, cioè, che guardava al sistema politico della democrazia rappresentativa senza alternative, escludendo che potessero essere possibili altre forme di democrazia, una delle quali, certamente, la democrazia organica, corporativa e partecipativa, che potrebbe essere anche una democrazia radicale, senza per questo essere o diventare autoritaria, come infinite volte quante volte è stato ds noi, indicando come vettore politico un costituendo <Partito Socialista Repubblicano d' Italia> (PSRd'I.).
In „questa“ i t a l i a nel pieno, se non oltremisura, di un degrado istituzionale emorale non riscontrabile nelle democrazie europee, i tempi sono più che maturi per andare alla ricerca e individuazione di nuovi canali di rappresentanza, sufficientemente anticipati dal SocialFascismo, imposti dalle evidentissime disfunzioni dell' attuale sistema rappresentativo, saldamente ancorato alla partitocrazia, donde l' esigenza di una iniziativa chiara e coraggiosa in relazione alla partecipazione organica, cioè diretta e responsabile, delle forze del lavoro e della produzioni al potere decisionale, almeno in riferimento specifico alle grandi scelte di politica sociale ed economica, alla programmazione, all' assetto territoriale, al decentramento amministrativi in senso federalistico, senza per questo mettere in discussione il ruolo dello Stato consegnato ad un „primus inter pares“ (v. La Confederazione elvetica) eletto dai cittadini per la durata massima non rinnovale di 5 anni, dotato di ben altre prerogative (nella Confederazione elvetica il Capo dello Stato, eletto con scadenza annuale, è anche ministro dell' Esecutivo di Governo).
In altri termini si incomincerebbe a metabolizzare, dopo la fine die partiti politici della prima repubblica, la nascita ed il proliferare di accozzaglie di incogniti eavventurieri che non rappresentano l' aggregazione omogenea degli interessi e delle istanze degli operatori nella reltà sociale ed economica, donde, come conseguenza, l' indisponibilità delle diverse categorie nei partiti, in quanto non più che sufficientemente, „adeguadatamente“ rappresentate in ragione della monopolizzazione del potere decisionale, fino al condizionamento della vita sociale.
L' impellente esigenza di andare alla ricerca fruttuosa e istituzionalizzare altri canali di rappresentanza, nel rispetto più assoluto del sano principio del pluralismo ideologico, finirebbe per assumere una dimensione storica, traducendosi nell' esigenza della ristrutturazione della democrazia reale sulla base di una partecipazione organica delle forze del lavoro e della produzione alla gestione del potere decisionale, sia sul piano legislativo che economico.
Non vediamo altre alternative per poter uscire da un tunnel 77ennale e liberare l' Italia da uno sciacallaggio predatore che continua, dopo il massacro della dignità e dell' onore della Nazione, a mettere in serio rischio il futuro delle future generazioni.
La digitalizzazione ha cambiato le nostre vite in molti modi. Anche prima della pandemia di coronavirus, aveva trovato la sua strada in quasi tutte le aree della vita, ma il blocco ha alimentato questa tendenza ancora una volta. Amazon, Netflix e Google sono senza dubbio tra i vincitori della crisi, come si può facilmente constatare dall'andamento dei prezzi in borsa. Abbiamo anche fatto amicizia con videoconferenze, home office e piattaforme di apprendimento digitale più o meno volontariamente.
I progressi associati alla digitalizzazione offrono numerose opportunità. Impressionanti, ad esempio, sono gli enormi progressi nella cosiddetta agricoltura di precisione, nota anche come agricoltura intelligente. La natura del terreno è registrata viene monitorizzata con precisione quasi al centimetro quadrato, in modo che semi, fertilizzanti e pesticidi possano essere dosati esattamente, tenendo conto del clima locale e delle condizioni meteorologiche. Questo è un vero progresso della produttività che ci rende ottimisti sulla necessità di nutrire una popolazione mondiale in crescita. Progressi simili sono stati compiuti in molti altri settori della vita, come l'approvvigionamento energetico, i trasporti, la logistica e la produzione.
Tuttavia, anche la digitalizzazione è motivo di preoccupazione. Da un lato, c'è la paura di perdere il controllo sulla propria vita. Gli algoritmi e i giganti di Internet dettano ciò che leggiamo, vediamo, ascoltiamo, compriamo, mangiamo, beviamo e non ce ne accorgiamo nemmeno – una paura così comune. D'altra parte, i processi di concentrazione e il potere economico e politico associato di alcune società digitali sono accolti con sospetto. Circa dieci anni fa, le compagnie petrolifere e del gas erano ancora le cinque società più preziose al mondo in termini di capitalizzazione di mercato. Oggi è Google (o Alphabet), Amazon, Facebook, Apple e Microsoft.
Il modo in cui il potere dei giganti di Internet può essere efficacemente limitato e l'abuso di potere prevenuto è stato oggetto di un intenso dibattito in politica, scienza e pubblico da qualche tempo. All'inizio dell'anno in Germania, il Ministero federale dell' Economia e dell'Energia ha presentato un progetto considerevole per la modifica del Diritto della concorrenza. In quanto "Legge fondamentale dell'economia sociale di mercato", il diritto della concorrenza è stato tradizionalmente lo strumento indispensabile finalizzato a limitare l'accumulo di potere economico. La concorrenza non solo porta a prezzi bassi, offerte interessanti e a prodotti innovativi, ma libera anche l'individuo dalle dipendenze creando un vasto panorama di opportunità e di scelte. Pertando s la domanda: come si possono preservare le scelte in modo da non diventare dipendenti dai giganti di Internet?
La prevista modifica del Diritto della concorrenza prevede un intero bouquet di nuove norme per l'economia digitale. Ad esempio, le piattaforme Internet dei potenti del mercato non devono rendere più difficile la vita ai loro utenti in guisa che costoro possano diventare attivi su altre piattaforme in parallelo o, come spesso dicono gli economisti, operare "multihoming". Allo stesso modo, le piattaforme dei potenti del mercato dovranno presentare ragioni convincenti in futuro, se vogliono negare a terzi l'accesso ai dati. Una ragione convincente può spesso risiedere nella protezione dei dati, ma molto spesso non sarà così per i dati di fatto. In futuro, il Bundeskartellamt della Germania potrà vietare alle piattaforme con "eccezionale rilevanza inter-mercato per la concorrenza" di riservare un trattamento preferenziale ai propri servizi e di discriminare le offerte dei concorrenti. Queste proposte hanno anche trovato la loro strada nel piano della Commissione europea per una "legge sui servizi digitali".
Ma anche se la legge antitrust è probabilmente lo strumento giusto per limitare il potere economico dei giganti di Internet, non tutte le domande del mondo digitale possono essere risolte in base alla legge antitrust. Il Diritto della concorrenza, ad esempio, non può fare nulla per il fatto che i processi di formazione delle opinioni sono cambiati, in quanto il cittadino-utente rischia l' immersione in bolle di filtro e l' isolamento da informazioni che non corrispondono al proprio punto di vista. Non è la mancanza di diversità di opinioni o di scelta per gli utenti che sta plasmando il panorama dei media oggi, compresi i social media. A lungo termine, tuttavia, la percezione selettiva di informazioni vere e false da parte dell'individuo è probabilmente un problema per lo Stato costituzionale per il quale non esiste ancora una soluzione facile.
non con Clark Gable e Vivien Leigh, ma con Christian Lindner, Ministro delle Finanze, e Robert Habeck, Ministro dell' Economia e Energia, entrambi di
G e r m a n i a
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Il ministro della Germania dell' Economia, Robert Habeck, spinge il passo con l' eolico. Per molti è un' imposizione. (Ma chi sono i molti? I pochi! Ndr) . . . Secondo i piani dei ministri federali Christian Lindner (Finanze) e Robert Habeck (Economia), circa 200 miliardi di euro saranno investiti nella protezione del clima entro il 2026. In particolare, si tratta di ridurre le emissioni di anidride carbonica, espandere l'economia dell'idrogeno, il cosiddetto supplemento EEG e più stazioni di ricarica per veicoli elettrici.
Il governo federale ha presentato i punti chiave per una "legge sul vento sulla terra". In futuro, il due per cento della superficie terrestre del paese sarà utilizzato per le turbine eoliche. Il governo vuole anche consentire la costruzione di turbine eoliche in aree di conservazione del paesaggio. NABU (NAturschutzBUnd), l' associazione/unione (Bund) per la difesa della natura (Ndr), teme un indebolimento della conservazione della natura - e la CSU (non i "fu" milazziani della Sicilia!) vede l'accettazione tra i cittadini in pericolo.
Il governo tedesco vuole accelerare l'espansione dell'energia eolica. Due ministri hanno presentato la bozza di una legge sul <vento sulla terra> alla conferenza stampa federale di mercoledì (e le conferenze-stampa dei malgoverni-penombra italiani?Ndr). La costruzione di nuove turbine eoliche deve fare progressi "su larga scala", afferma il ministro dell'Economia e del Clima Robert Habeck (Verdi). Ciò è importante non solo per gli obiettivi di protezione del clima, ma anche per la sicurezza energetica e l'approvvigionamento.
Ma Habeck ammette anche: "Non voglio nascondere il fatto che ciò che presentiamo oggi significa anche un'imposizione per molte persone e regioni". L'espansione prevede sempre resistenza e paure. (Minchia, più chiaro di così si muore. Vai a trovare in questa italia un bastardo politicante che ti sa parlare in questo modo!). (C' è un ministro per le Costruzioni in questa scassata italia?Ndr).
Obiettivo: due per cento della superficie terrestre del paese per l'energia eolica
Finora, lo 0,8% della superficie terrestre della Germania è stato designato per il funzionamento delle turbine eoliche, ma solo lo 0,5% è realmente disponibile. L'obiettivo del governo federale ora è quello di aumentare questa quota: all'1,4 per cento entro il 2026 e al due per cento entro il 2032.
A seconda delle condizioni locali, i 13 stati federali devono destinare tra l'1,8 e il 2,2% della loro area all'espansione dell'energia eolica. Per le tre città-stato densamente popolate, si applica un obiettivo inferiore dello 0,5%. "Questo governo federale ha cercato di rimuovere tutti gli ostacoli all'espansione dell'energia eolica", afferma il ministro delle Costruzioni Klara Geywitz (SPD). In primo luogo, il governo federale vuole eliminare le distanze minime generali tra turbine eoliche ed edifici residenziali se i Länder non raggiungono i rispettivi obiettivi di espansione. Finora, diversi paesi hanno tali regole, ad esempio la cosiddetta regola delle 10-H in Baviera. Lì, la distanza minima di una turbina eolica per la colonizzazione deve essere dieci volte la sua altezza.
In secondo luogo, il governo vuole cambiare il Federal Nature Conservation Act: in futuro, vuole abilitare le turbine eoliche nelle aree di conservazione del paesaggio (LSG) – finora sono state l'eccezione lì. Dalle associazioni di conservazione della natura sono arrivati mercoledì elogi generali per i progetti, ma anche critiche sui dettagli. Questo si riferisce principalmente alle aree di protezione del paesaggio, ma NABU teme l'indebolimento della conservazione della natura
Le aree di protezione del paesaggio (LSG) non devono essere confuse con le riserve naturali (NSG), perché in un LSG si applicano requisiti significativamente meno severi. La Nature Conservation Union Germany (NABU) teme in una dichiarazione sulla legge pianificata comunque un "indebolimento della conservazione della natura". Quindi la protezione della natura e delle specie viene sacrificata alla protezione del clima? Il ministro federale dell'Ambiente Steffi Lemke (Verdi) lo nega. Annuncia un fondo per il quale il governo federale vuole fornire 80 milioni di euro e in cui devono pagare anche gli operatori di energia eolica. Questo è destinato a finanziare misure di protezione per le specie animali in via di estinzione che sono minacciate dall'energia eolica. Ad esempio, la nidificazione aiuta al di fuori delle aree di energia eolica per rapaci o pipistrelli.
Allo stato attuale, la partecipazione finanziaria dei comuni e dei residenti nei parchi eolici non è ancora possibile ovunque, ammette Habeck. "Ci sono regioni in Germania in cui alcuni investitori esterni hanno collocato parchi eolici. E cosa ne ricavano le persone? Letteralmente niente. Lo guardano, ma non hanno alcun coinvolgimento in esso". Habeck promette un miglioramento qui: un emendamento alla legge sulle fonti di energia rinnovabile ha lo scopo di rendere più facile per le persone partecipare al reddito delle turbine eoliche nel loro ambiente in futuro.
Finora, lo 0,8% della superficie terrestre della Germania è stato designato per il funzionamento delle turbine eoliche, ma solo lo 0,5% è realmente disponibile. L'obiettivo del governo federale ora è quello di aumentare questa quota: all'1,4 per cento entro il 2026 e al due per cento entro il 2032. A seconda delle condizioni locali, i 13 stati federali devono destinare tra l'1,8 e il 2,2% della loro area all'espansione dell'energia eolica. Per le tre città-stato densamente popolate, si applica un obiettivo inferiore dello 0,5%. "Questo governo federale ha cercato di rimuovere tutti gli ostacoli all'espansione dell'energia eolica", afferma il ministro delle Costruzioni Klara Geywitz (SPD). In primo luogo, il governo federale vuole eliminare le distanze minime generali tra turbine eoliche ed edifici residenziali se i Länder non raggiungono i rispettivi obiettivi di espansione. Finora, diversi paesi hanno tali regole, ad esempio la cosiddetta regola delle 10-H in Baviera. Lì, la distanza minima di una turbina eolica per la colonizzazione deve essere dieci volte la sua altezza.
Facilitare la partecipazione dei cittadini ai parchi eolici
Le critiche alla legge sul vento sulla terra sono arrivate dalla Baviera pochi giorni fa: il ministro locale delle Costruzioni Christian Bernreiter (CSU) ha annunciato: "Le tattiche della coalizione dei semafori sono chiare: complica le leggi così tanto che regole di distanza significative e accettabili diventano praticamente impossibili. In tal modo, mette a repentaglio l'accettazione della transizione energetica da parte dei cittadini. Se approvi questo disegno di legge, devi anche spiegare gli effetti alla gente". Il ministro federale dell'Economia Habeck non nega la necessità di spiegazioni: spetta ora ai politici comunicare i vantaggi dell'energia eolica. Il settore delle energie rinnovabili è un vantaggio di localizzazione, sottolinea il politico verde: per l'economia tedesca, ma anche per la popolazione locale.
A seconda delle condizioni locali, i 13 stati federali devono destinare tra l'1,8 e il 2,2% della loro area all'espansione dell'energia eolica. Per le tre città-stato densamente popolate, si applica un obiettivo inferiore dello 0,5%. "Questo governo federale ha cercato di rimuovere tutti gli ostacoli all'espansione dell'energia eolica", afferma il ministro delle Costruzioni Klara Geywitz (SPD). In primo luogo, il governo federale vuole eliminare le distanze minime generali tra turbine eoliche ed edifici residenziali se i Länder non raggiungono i rispettivi obiettivi di espansione. Finora, diversi paesi hanno tali regole, ad esempio la cosiddetta regola delle 10-H in Baviera. Lì, la distanza minima di una turbina eolica per la colonizzazione deve essere dieci volte la sua altezza.
Espansione dell'energia eolica: quali miti sull'energia eolica sono veri?
Il governo vuole cambiare il Federal Nature Conservation Act: in futuro, vuole abilitare le turbine eoliche nelle aree di conservazione del paesaggio (LSG) – finora sono state l'eccezione lì. Dalle associazioni di conservazione della natura sono arrivati mercoledì elogi generali per i progetti, ma anche critiche sui dettagli. Questo si riferisce principalmente alle aree di protezione del paesaggio. Quindi la protezione della natura e delle specie viene sacrificata alla protezione del clima? Il ministro federale dell'Ambiente Steffi Lemke (Verdi) lo nega. Annuncia un fondo per il quale il governo federale vuole fornire 80 milioni di euro e in cui devono pagare anche gli operatori di energia eolica. Questo è destinato a finanziare misure di protezione per le specie animali in via di estinzione che sono minacciate dall'energia eolica. Ad esempio, la nidificazione aiuta al di fuori delle aree di energia eolica per rapaci o pipistrelli.
2 avvocati e 1 avvocatessa, non sappiamo se "giuristi" per affrontare Diritto urbanistico, Diritto edilizio pubblico e Diritto contrattuale come "Cultura del Diritto" nei modi unici, unanimemente riconosciuti alla scala europea ed oltre, da me metabolizzati e posti in opera in 51 anni di esperienza professionale come Architetto (Dipl.- Architekt) in Germania; 1 ingegnere civile del quale non si conoscono percorsi di approfondimenti ed esperienza professionale quali premesse alla responsabilizzazione di un Assessorato allo Sviluppo, Pianificazione urbana, Edilizia e Mobilità; 2 esperti in discipline commercialiste (il "dott." è veramente fuoritempo, ridicolo e fuoriluogo!) da ipotizzare come ispiratori di scelte e prospettive strategiche reali per una Castelbuono del futuro; 2 medici dalla tempra ferrea da prefigurare nel ruolo di tessitori di relazioni/connettori, si, di politiche urbatettoniche (p.e.: rigenerazione urbana), medicina residenziale e fisiologia abitativa (non si tratta di voli pindarici, bensì di realtà nel contesto geopolitico mitel- e nordeuropeo!); 1 discutibile figura accademica (dottoressa contabile) che sfugge ad ogni razionale collocazione nel contesto europeo; 1 ingegnere energetico che potrebbe già far pensare a grandi cose;1 agrotecnico che già ci pone in un clima di autentica transizione alimentare; 1 artista a portare una nota tutta nuova nel mondo della cultura e dell' arte; 1 esperta in servizi sociali indispensabile alla gestione degli aspetti e delle complessità della terza età, ma anche dei negletti bisogni dell' infanza e dell' adoloscenza (quel "dottoressa" disurba non poco!) che in armonia con 1 docente assolverebbero un ruolo di primo piano al servizio delle generazioni future; 1 artigiano nella vitalità di attivare la rinascenza di un artigianato moderno in tante delle sue molteplici articolazioni e, dulcis in fundo, 1 imprenditore ad introdurre le giovani generazioni nel mondo affascinante dell' intrapresa e dell' intraprendere. Il tutto nella mente di un primo cittadino che deve essere dotato da grande spirito di coordinamento e visioni, se non vuole piompare nel clima stagnantedi una routine anticipatrice di un <patatrac> impietoso e intollerabili. Entusiasmante, quanto potrà essere la prospettiva, amara quantro potrà essere una fine impietosa. Ma le sfide non possono essere intese tali, se non se accettano rischi e pericoli da sodomizzare col ricorso alla collegialità decisionale, alla tolleranza, al confronto delle idee con la realtà quotidiana, al coinvolgimento dei cittadini e, non ultimo, al pragmatismo. Auguri, pertanto, avv. Antonio Maiorana e candidati tutti. Ma anche estrema attenzione, Sigg. Giuristi, ad evitare il tonfo in quel pantano di avvocaticchi, notaricchi, architetticchi, ingegnericchi, pepè e piripillè, à la Marco Falcone, Salvatore Cordaro, Calogero Beringheli, ma anche Leonardo Santoro e, dulcis in fundo, Nello Musumè(ci) dietro i quali non possono sfuggire i contorcimenti spasmotoci dei vari Maurizio Carta, Franco Miceli, Iano Monaco et varia che non solo non hanno "veramente" capito quanto assente siano i sani concetti e principi di Urbatettura e Pianificazione urbana in "questa" italia (con esclusione della Regione Trentino/Alto-Adige a caratterizzazione sudtirolese), ma anche, e soprattutto, una Legge urbanistica "nazionale" (la 1150/'42 !), un Ordinamento "nazionale sull' uso dei suoli e dei lotti edificabili (Diritto urbanstico), così come Regolamenti edilizi "regionali" e Statuti urbani (Diritto edilizio pubblico). È si, poiché la "Rivoluzione Urbanistica" in Sicilia, come imposta da menti malate di sedicenti urbanisti nella ridicola versione di <Nuova legge urbanistica regionale, n, 23 (che poi è "culo")/2021, supinamente accettata dal culturame siciliano intriso di avvocaticchi, notaricchi, sedicenti architetti e urbanisti, geomtri sempri e laureati (che vergohne!), alias "Norme per il buon governo del territorio siciliano, Note a margine di una legge" (Maurizio Carta), impugnata dal Governo, in quanto "postasi in contrasto con le norme statali di grande riforma economico-sociale" è semplicemente un bluff da paese di terzo o quarto mondo.
Fra lo zar e il Duce ci sono varie analogie, dall'irredentismo all'economia corporativa. Ma non più di tanto. Per lo storico Silvio Pons "Putin è figlio di una storia precisa, che è una storia comunista, nazionalista e soprattutto russa"
16 Marzo 2022 alle 19:10
Fin dal suo primo mandato presidenziale, Vladimir Putin ha dato inizio in Occidente ad uno strano gioco di associazioni. Sia per il suo temperamento che per il suo profilo autoritario è stato accostato a sovrani, a despoti, a generali. Dal 24 febbraio, però, la rosa delle possibili associazioni si è progressivamente ristretta, e dagli inziali Ivan III, Ivan IV e vari altri zar e autocrati, si è arrivati rapidamente ad una reductio ad tres: Putin somiglia di più a Mussolini, a Hitler o a Stalin?
L'economista russo Vladislav Inozemtsev, in un'analisi tradotta dal Sole24Ore, ha optato per l'opzione "italica".
C o m m e n t o
Se d' interesse e si hanno i nervi saldi su www.youtube.com è a disposizione un video, curato nel dettaglio da storici ed esperti militari seri della Germania, su quello che sarebbe stata la realtà mondiale, se Germania e Giappone fossero usciti vittoriosi dal secondo conflitto mondiale. Un' operazione che anche in un' ipotesi ingenua mai sarebbe riuscita all' Unione Sovietica. Ma c' è di più: perché Mussolini s' è deciso all' ultimo momento per raccattonare quei disperati dotandoli di fasce e scarponi bucati a difesa di gambe e piedi, istituendo l' Armir e mandare quei poveracci allo sbaraglio senza alcuna possibilità di ritorno in Italia, grazie, soprattutto, al caldo interessamento dei traditori (dal cittadino sovietico Palmiro Togliatti, al cognatino Robotti, al transfuga socialista D' Onofrio, al compagno Luigi Longo e a tante altre carogne) in un' operazione di vigliaccata già precedentemente ben collaudata in occasione delle purghe staliniane consegnando gli antifascisti italiani rifugiatisi a Mosca alle torture della feroce polizia segreta sovietica nei sotterranei della Lubijanka e, infine, al classico colpo alla nuca con sepoltura in fosse comuni nelle betullaie della periferia mos- covita. I resti mortali di quei nostri fratelli pianti dai loro cari sono ancora lì, sottoterra, mentre il debosciato e parassita Giorgio Napolitano si gode la sua lauta pensione (ed altri ssucculenti contorni a base di rubli con i quali l' Urss foraggiava il Pci e mai restituiti al benefattore, il popolo russo, dopo il crollo del Comunismo sovietico) nel calduccio dalla sua comoda dimora romana con la sua tenera Clio, i figlioli (nessuno sa come e dove si guafagnano la pagnotta) e i nipoti, certamente allietiati dai racconti delle gesta nobili della partigianeria comunista del <mordi e fuggi> dove a morire, vittime sotto la brutalità della Wehrmacht e delle feroci SS in ritirata erano quasi sempre vecchi, donne, adulti e bambini.
Ma andiamo alla fonte d' ispirazione del Presidente russo Vladimir Putin per Benito Mussolini, poiché il fatti, storia e circostanze possono avere connotati di travolgente fascinazione. Da curioso lettore, non nascondendo proprio nulla del mio essere "socialfascista", ho attivato un contatto fecondo con la redazione di un noto quotidiano russo, e allorché si presentò l' occasone, nella dovuta discrezione mi sono adoperato a farle conoscere, il rapporto personale del Duce (e del Fascismo) nei riguardi del Comunismo sovietico e della Russia, rispettivamente reperiti da:
"Entfernte Verwandschaft: Fascismus, Nazionalsocialismus, New Deal, 1933-1939", di Wolfgang Schivelbusch, pubblicato nella prima edizione dl 1930 in lingua inglese dalla Henry Holt & Company, New York, e nel 2005 in lingua tedesca dalla C.E. Carl Hanser, München und Wien; e,
COLLOQUI CON MUSSOLINI, di Emil Ludwig, il giornalista e scrittore ebreo-tedesco, pubblicato nella edizione Le Scie, giugno (settembre) 1932 dalla Arnoldo Mondadori Editori.
In 1., pag. 29, scrive il Schivelbusch: <Nel dibattito fascista un' interessante analogia per mettere a confronto New Deal e Corporativismo, da un lato, Fascismo e Comunismo Sovietico, dall' altro. (Vgl. Rosaria Quartararo: " Roma e Mosca. L' immagine dell' Urss nella stampa fascista 1925-1935, in Storia contemporanea, pag. 447-72).
Al contrario del Nazionalsocialismo e della sua demonizzazione del Bolscevismo, negli anni 1925-35 il Fascismo manifestò un interesse pubblico per l' Esperimento russo e una straordinaria sete di conoscenza di misurare il proprio sistema con quell' "Esperimento". Sulla stampa e sui periodici la Russia era presente quanto l' America. Noti autori come Curzio Malaparte, Luigi Barzini,Giacomo Gandolfi si recavano nell' Unione Sovietica per riferire, poi, in Italia in lunghi servizi sulle loro positive impressioni. Naturalmente non venne messa mai in discussione la superiorità storica del Fascismo, mentre la controparte, sottoposta con rispetto altrettanto ad una analisi obiettiva quanto scrupolosa, non polemica e approfindita. Allo stesso modo il New Deal giudicato come passo nella giusta direzione nella quale il Fascismo già si muoveva con conseguenza, il Comunismo Sovietico riconosciuto com un sistema anti- e postliberale al quale mancava soltanto la visione fascista nel senso che la soluzione non era da ricercare nella lotta di classe, bensì nel concetto di Nazione.
Secondo Critica fascista se il Bolscevismo rappresentava il preludio al Fascismo, allo stesso modo il New Deal costituiva la prima tappa in direzione dell' autentico Fascismo. Questo interesse s' era manifestato già agli inizi del regime fascista. Nel dicembre 1922 "Il Popolo d' Italia", l' organo ufficiale del nascente Partito fascista, scriveva: <La Rivoluzione russa e fascista possono essere comprese soltanto nella sintesi che allarga ed abbraccia, mai nell' analisi che separa e impicciolisce" (7.12.22, cit. secondo Quartararo, pag. 452). La ragione di questa apertura e strategia del successo, in Italia e all' estero, almeno fino al 1935, era vista per Mussolini come occasione per porsi quale arbitro tra oriente e occidente, aumentandone peso e rilievo.
Il "Patto di Amicizia" del 1933 tra Roma e Mosca e il riconoscimento dell' Unione Sovietica degli anni precedenti si trovavano sulla stessa linea (Quartararo, pag.452)>.
Nei COLLOQUI CON MUSSOLINI, Emil Ludwig pone ad apertura delI' intervista al Duce il motto: "Handeln ist leicht, Denken schwer; nach dem Gedachten handeln, unbequem". In italiano: "Agire è facile, pensare difficile, agire secondo quel che si è pensato, incomodo". Così scrive il Ludwig: <Le circostanze. I seguenti colloqui tra il giornalista e scrittore ebreo-tedesco, ebbero luogo dal ventitré marzo al quattro aprile 1932, quasi tutti i giorni e per circa un' ora al giorno nel palazzo Venezia, a Roma, e in lingua italiana; immediatamente furono da me scritti in tedesco. Solo poche frasi sono state aggiunte dai miei colloqui precedenti. Il manoscritto tedesco fu presentato a Mussolini, il quale, fidandosi nella memoria, riscontrò tutti i passi in cui vengono riferite le sue parole. Non mi sono servito di materiale estraneo, devo tuttavia alcuni suggerimenti alla biografia di Margherita Sarfatti. Questi "Colloqui" non contengono alcuno degli anedotti di cui Roma è piena, né informazioni dei collaboratori di Mussolini - che potrebbero servire a illustrare taluni aspetti della sua personalità - ma soltanto i dialoghi tra noi scambiati>.
E, in riferimento alla Russia, nel contesto dei COLLOQUI, è il Ludwig che ad un certo punto pone a Mussolini la domanda: <Esiste allora imperialismo senza impero?>. <Esistono una mezza dozzina di imperialismi> rispose con un certo impeto. <Un impero non è perciò veramente necessario, anzi è persino pericoloso. Quanto più si espande, tanto più perde la sua forza organica. Ma la tendenza dell' imperialismo è una delle forze elementari della natura umana, appunto come la volontà di potenza. Ora abbiamo l' imperialismo del dollaro, un' altra volta un imperialismo religioso, un' altra ancora un imperialismo artistico. Comunque, sono tutte le manifestazioni della forza vitale dell' uomo. Finché uno vive è imperialista. Cessa di esserlo con la morte>. In questo momemto Mussolini appariva terribilmente napoleonico; in questi casi assomiglia in modo singolare all' incisione di Lefèvre del 1815. Poi i suoi lineamenti si spianarono e mutò il tono di voce quando concluse: <Naturalmente ogni impero ha il suo zenit. Poiché si tratta sempre di una creazione di uomini sia pure eccezionali, le cause del tramonto vi sono insite. Come tutte le eccezioni, ha in sé qualche cosa di effimero. Può durare uno o due secoli o soltanto dieci anni. Volontà di potenza.> Occorre sostenerlo esclusivamente con le guerre?> chiesi io. <Non esclusivamente> rispose, e sedette sporgendosi un poco in avanti, alla sua maniera, appoggiando le braccia, come se parlasse da una cattedra. <I troni hanno bisogno di guerre, per sostenersi. le dittature non sempre. Alcune possono farne a meno. La potenza di una nazione è il risultato di una quantità di elementi, non soltanto di quello militare. Però, devo aggiungere, le posizioni di una nazione fino ad oggi, nel concetto comune, è determinata dalla sua forza in guerra. Fino ad oggi la forza militare è considerata la sintesi di tutte le forze nazionali.> <Fino a ieri> dissi io. <E domani> <Domani!> ripetè egli scetticamente. <Certo, non è più un criterio sicuro, questo è vero. E così per domani sono necessarie un' istanza internazionale (più tardi l' ONU, ndr.), l' unità almeno di un continente (più tardi l' Unione europea, ndr.). Dopo l' unità degli Stati, si deve tendere all' unità dei continenti, ma questo è in Europa straordinariamente difficile, perché in Europa ogni popolo ha un volto speciale, lingua, costumi, caratteristiche diverse. Una percentuale, diciamo x, rimane in ogni popolo completamente originale e si oppone per prima alla unione. In America è indubbiamente più facile unire quarantotto Stati, con la stessa lingua, e senza una storia secolare.> <Ma non c' è in ogni popolo> chiesi io nuovamente <un' altra certa percentuale y, che è puramente europea?> <Questa percentuale esiste all' infuori della potenza di ogni nazione. Napoleone ha voluto una Europa. Il suo grande orgoglio era quello di unirla. Oggi è forse maggiormante possibile, ma soltanto intendendo europeo in un determinato senso, secondo le concezioni di Carlomagno e di Carlo V, dall' Atlantico sino agli Urali.> <Allora non soltanto sino alla Vistola?> <Forse anche solo fino alla Vistola.> <E Lei non si è immaginato questa Europa sotto la guida fascista?> <Che vuol dire guida?> interrogò vivacemente a sua volta. <Il nostro Fascismo è come è. Contiene però alcuni elementi che anche altri potrebbero accettare.> <Quando si ascoltano i suoi discorsi> dissi < si trova che Lei è sempre più misurato che non la maggior parte dei fascisti. Lei si stupirebbe se sapesse tutto quello che uno straniero a Roma deve ascoltare. Probabilmente è stato cosí per Napoleone, al suo apogeo. E saprebbe inoltre spiegarsi perché Napoleone non ha mai potuto impadronirsi completamente della sua capitale, perché è sempre rimasto le fiancé de Paris?> Mussolini sorrise. Poi disse in francese:<Ses manières n' étaient pas très parísíennes. Forse egli aveva tuttavia in sé qualcosa di brutale. Inoltre lo avversavano i giacobini, perché aveva soffocato la rivoluzione, i legittimisti, perché era un usurpatore, il clero a cagione della sua lotta contro il papa. Gli unici che lo amavano erano i popolani, che sotto di lui avevano da mangiare. La gente semplice, poi, è aperta alla gloria, perché la gloria non si può capire logicamente; essa appartiene al sentimento.> . . . . . . . .
Mussolini, nel cui volto, quando non lo vuole nascondere, si preannuncia il tono di ogni risposta, divenne nuovamente serio, espresse tutta la forza della sua volontà (in questi momenti sembra più giovane), ed esclamò dopo una lunga pausa: <Forse Cesare. L' uccisione di Cesare fu una disgrazia per l' umanità.> Poi aggiunse sottovoce: <Io amo Cesare. Egli solo riuniva in sé la volontà del guerriero con l' impegno del saggio. In fondo era un filosofo, che contemplava tutto sub specie aeternitatis. Sí, Cesare amava la gloria, ma il suo orgoglio non lo separava dall' umanità>. <Allora dunque un dittatore può essere amato?> <Lo può> disse ora Mussolini <con sicurezza. Quando la massa nello stesso tempo lo teme. La massa ama gli uomini forti. La massa è donna.>
E sul libro, così Arnoldo Mondadori, Milano 1950, conclude la sua prefazione:
<Ritengo che il libro possa servire come documento ai posteri, quando si accingeranno a scrivere, sine ira et studio, la storia del ventennio fascista.>
E, allora, buona lettura, Presidente Putin, se ne avrà voglia e tempo, mentre noi „socialfascisti“ continueremo a sognare la Grande Russia nell' Europa.
1. La credibilità internazionale del nostro Paese dipende dalla credibilità personale di Mario Draghi;
2. È necessaria, e richiesta, assoluta continuità nell’azione di governo.
Poste queste premesse, che se vere rappresentano indubbiamente un limite imprescindibile, si deve osservare che l'Ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualunque altra carica, come sancisce la norma e la logica costituzionale.
E tuttavia, se Draghi venisse eletto Presidente della Repubblica, allora o le premesse in fatto sono false, e non lo sono, oppure Draghi cumulerebbe in sé la Presidenza della Repubblica e, al contempo quella egemonia di fatto sul Governo che consentirebbe rimanere credibili, assicurando continuità all'azione di Governo, ma che andrebbe contro il dettato costituzionale.
E d'altra parte, vi sarebbero espressioni anche formali di tale commistione, poiché è il Presidente che nomina il Presidente del Consiglio e ha la potestà di sciogliere le Camere, ad esempio qualora queste non sostenessero il Presidente del Consiglio da lui incaricato.
Inoltre, nell'attuale contesto la maggioranza parlamentare che sostiene il Governo, per molte ragioni, è assolutamente schiacciante mentre si registra l'assenza di qualunque bilanciamento e contropotere, formale o informale che sia, con una magistratura disgregata e delegittimata e un’informazione totalmente appiattita, rende evidente la inaccettabile violenza agli equilibri tra le istituzioni costituzionali.
Al di là, e propriamente al di sotto, di queste considerazioni, se ne potrebbero formulare altre di natura politica, ma sarebbero impertinenti rispetto al livello istituzionale e sempre lecitamente discutibili.
Qui, invece voglio segnalare quanto sia concreto, attuale ed imminente il pericolo per il corto circuito istituzionale che si creerebbe con l'elezione di Mario Draghi alla Presidenza della Repubblica: una concentrazione di potere del tutto incompatibile con l'ordinamento della Repubblica.
C O M M E M T O
Pensiero a notte profonda su una scelta che più della mente deve coinvolgere lo spirito e la coscienza, poiché il non sapere è un grande impulso del pensiero e della scienza che non assolve dal peccato, se una scelta è sbagliata. Contrariamente alle forme di ignoranza che sorgono a causa di limitate capacità cognitive umane, mancanza di metodi adeguati, mezzi insufficienti, sviluppo tecnico insufficiente, il problema è troppo poco attraente o il problema è troppo complesso, ma che potenzialmente può essere convertito in conoscenza si sviluppa una forma di ignoranza fondamentale, che è ignoranza verificabile. È così che la conoscenza emerge dall'ignoranza. Esempi di ciò possono essere i teoremi di incompletezza di Gödel in matematica o il principio di indeterminazione di Heisenberg in fisica. L'ignoranza di base nasce anche dalle proprietà autoreferenziali dei sistemi sociali e socio-economici. Potrebbe esserci una fondamentale mancanza di conoscenza in merito allo stato mentale alieno o in connessione con questioni etiche e legali particolarmente difficili, e allora occorre approfondire la questione delle forme in cui l'ignoranza di base può manifestarsi nei vari campi del sapere. Dovrebbero essere discusse anche le conseguenze di ciò per il concetto di conoscenza e per il concetto di scienza. Or quì non vuol farsi un discorso di lana caprina, donde attenersi al dato (o ai dati) di fatto molto evidente/i dell' Italia riconducibile/i ad una profonda crisi istituzionale, etica, morale e sociale senza precedenti nelle democrazie occidentali il cui tentativo si soluzione può essere delegato al ricorso della Cultura, latu sensu, e giuridica, strictu sensu. Ecco perché a notte avanzata, allorché lo spirito si riflette sullo specchio della coscienza per affrontare con una certa serenità la fatica del giorno che viene, sento il dovere di raccomandare ai grandi elettori di abbandonare per una volta le passioni e immaginare la leggiadria di una donna, che da tempo ho visto nella persona della ND Signora Prof. Dr. Marta Cartabia, rapresentarci come Italia, sintesi di Cultura ed emozioni, dentro e fuori dei confini nazionali. A mio debol parere sarebbe un atto d' amore nei riguardi della nostra strafigurata Italia. Buona notte.
Magari alla fine i “grandi elettori” sceglieranno un altro perché non scatterà la combinazione giusta per spalancargli le porte del Quirinale. Ma se il colpo riuscirà, Super Mario diventerà re d’Italia senza dover dire grazie a nessuno
Huffingtonpost 23 Gennaio 2022
C O M M ENT O
Cosa vogliono significare quei due puntini verdi sotto? Equivalgono a censura preliminare? Intanto che il Drago, sulla scorta di un dettagliato consuntivo, informi il Parlamento e l' Unione europea quanto e cosa ha fatto, cioè realizzato, con le prime rate di miliardi previsti per l' attuazione del PNRR senza testa e senza coda. E lo faccia subito, cioè prima che possa esplodere un grande bomba capace di bloccare il tutto.
Indovinello sul Quirinale: che cos’hanno in comune le varie ipotesi di cui più si parla? Mettiamole in fila. La prima è l’incoronazione di Mario Draghi, il quale vince la scommessa col suo barista diventando presidente e Maresciallo d’Italia. Il secondo pronostico consiste nella clamorosa rivincita del Cav, alla faccia di chi pensava di averlo liquidato per via giudiziaria. La terza eventualità è che si richiami in servizio Giuliano Amato, dai tempi di Bettino Craxi eterna “réserve de la République”. La quarta possibilità si declina tutta al femminile, tanto che si tratti di Letizia Moratti quanto di Marta Cartabia. L’ultima via d’uscita, la più disperata, fa leva su Sergio Mattarella e sul suo senso di responsabilità, ma solo se rischieremo il collasso delle istituzioni.
Cinque scenari molto diversi, con un minimo comune multiplo: nessuno di questi personaggi è deputato o senatore. Sono tutti fuori del Parlamento. Draghi vi ha messo piede solo da premier, prima frequentava i santuari della finanza; Berlusconi venne cacciato da Palazzo Madama nel 2013 a seguito della condanna per frode fiscale; Amato da otto anni è giudice della Consulta, a fine mese dovrebbe diventarne il nuovo presidente; Cartabia (e Moratti prima di lei) è diventata ministro direttamente, senza fare gavetta; quanto a Mattarella lui senatore tra poco lo diventerà, ma “di diritto” in qualità di ex.
Insomma, ecco la risposta all’indovinello: i principali candidati sono tutti esterni alle Camere, in qualche caso zombie, in altri dinosauri, in altri ancora alieni. Gli unici membri del Parlamento che, sulla carta, avrebbero qualche chance sono Elisabetta Casellati e Pier Ferdinando Casini. Però la prima non viene mai presa in considerazione; quanto a Pier Furby (grande esperienza da vero professionista) circola insistente voce che Draghi non rimarrebbe a Palazzo Chigi un giorno di più se gli facessero il torto di piazzare sul Colle qualcuno non all’altezza della sua statura; dunque il cerchio si stringe alle figure elencate sopra. E ciò, in fondo, potrebbe apparire ovvio, banale, anzi scontato visto che gli “onorevoli” sono da tempo la categoria sociale meno onorata, semmai quella maggiormente disprezzata, incarnazione della Casta, quintessenza del vero o supposto privilegio.
Leader di spessore nel Parlamento non ve ne sono; quasi esclusivamente comprimari, figure talvolta anonime e senza storia; sarebbe interessante scoprirne il perché. Forse la politica non ha più attrattiva. Magari ha suscitato disgusto, cosicché la gente perbene se ne tiene alla larga. Oppure, semplicemente, quelli in gamba non hanno alcuna possibilità di arrivare in alto. Il sistema elettorale ci ha messo del suo creando masse di “nominati”, di raccomandati dai capi, di “paracadutati” in collegi dove nessuno ce li ha mai visti, dunque di traditori e di “voltagabbana” (ben 276 i cambi di casacca in 5 soli anni). Tra l’altro le Camere si sono auto-sputtanate varando nel 2019 una riforma della Costituzione che tratta gli eletti dal popolo quali costi da abbattere, cioè spese di cui si può fare tranquillamente a meno in ossequio alle visioni tecnocratiche, piazzaiole, neo-fasciste, populiste, grilline che vanno per la maggiore.
Adesso siamo alla desolazione finale. Nel momento in cui c’è da scegliere il nuovo vertice delle istituzioni, il Parlamento rinuncia a esprimere candidati propri. Sull’onda dell’anti-politica riconosce che di 945 eletti non ce n’è uno (o una) in grado di rappresentarci a certi livelli, con uno standing adeguato alle funzioni presidenziali. Si prepara a un’umiliazione perfino peggiore di nove anni fa, quando le forze politiche si inginocchiarono davanti a “Re” Giorgio Napolitano supplicandolo di concedere il “bis” e lui accettò prendendole a male parole. Allora perlomeno un paio di personaggi erano scesi in campo, salvo venire massacrati (Franco Marini e Romano Prodi); stavolta, a quanto pare, nemmeno quello. Una resa non priva di conseguenze. Si stanno gettando le basi, politiche e psicologiche, per qualche cambio di sistema. Un Parlamento masochista, privo di orgoglio, incapace di reagire, che prova addirittura imbarazzo di sé, non può pretendere di restare l’ombelico del mondo. Inchinandosi davanti al “Papa straniero” perderà ogni residuo credito agli occhi dei cittadini e darà più forza alle ragioni di chi cerca salvezza nel presidenzialismo: visto che i rappresentanti del popolo non si reputano essi stessi all’altezza, preso atto che alzano bandiera bianca senza nemmeno combattere, anzi già sarebbe tanto se salvassero le apparenze, tanto vale che in futuro si saltino le inutili mediazioni e si dia voce direttamente alla gente perché scelga da chi farsi buggerare. Forse, a questo punto, non sarebbe nemmeno tanto sbagliato.
C O M M E N T O
Filosofia, Diritto dello Stato e Urbatettura
Ippodamo da Mileto (498 - 408 a.C.) è stato un architetto, urbanista, medico, matematico, meteorologo e filosofo greco antico, noto come "il padre della città", il padre della pianificazione europea. Ippodamo nacque a Mileto e visse nel V secolo a.C. a.C., considerata la sorgente dell'antica epoca classica greca. Suo padre era Eurifone. Dopo Aristotele, Ippodamo fu il primo autore che scrisse sulla teoria del governo senza conoscere le questioni pratiche. I suoi piani delle città greche erano caratterizzati da ordine e regolarità in contrasto con la complessità e la confusione delle città comuni dell'epoca, anche Atene.
È considerato l'ideatore dell' idea-teoria secondo la quale il piano della città formalmente dovrebbe incarnare e chiarire un ordine sociale razionale. Nelle opere di Aristotele, Stobäus, Strabone, Esichio, Fozio e Theano viene ricordato come un pedante osservatore e nel Trattato Sulla Virtù, Theano (apparentemente con riferimento alla moglie di Pitagora) scrisse di un tal Ippodamo di Thurium (presumibilmente quello stesso uomo) che nelle sue opere introdusse la dottrina della Media aurea.
Secondo Aristotele (in Politica ii.8), Ippodamo fu un pioniere dell'urbanistica e progettò una città ideale per essere abitata da 10.000 uomini (cittadini maschi liberi), mentre la popolazione totale (compresi donne, bambini e schiavi) arriverebbe a 50.000. Ha studiato i problemi funzionali delle città e li ha collegati al sistema dell'amministrazione statale. Di conseguenza, divise i cittadini in tre classi (soldati, artigiani e "mariti"); divideva anche il paese in tre (sacro, pubblico e privato). Aristotele ha criticato il monopolio delle armi da parte di una singola classe negli scritti di Ippodamo sullo "Stato migliore", sostenendo che ciò avrebbe portato all'oppressione dei "contadini" e dei "lavoratori" da parte della classe armata. Il concetto di Aristotele prevedeva una grande classe media in cui ogni cittadino svolgeva tutte e tre le funzioni di autolegislatore, detentore delle armi e lavoratore".
Secondo Aristotele („Politica“), fu il primo urbanista a prestare attenzione alla corretta disposizione di una città ideale per essere abitata da 10.000 abitanti (cittadini maschi liberi), mentre la popolazione totale (compresi donne, bambini e schiavi) sarebbe dovuto arivare a 50.000 abitanti con i problemi funzionali collegati al sistema dell' amministrazione statale. Di conseguenza divise i cittadini in tre classi (soladati, artigiani e „mariti“) e il territorio della città in <sacro, pubblico e privato>, criticandone fortemente il monopolio delle armi da parte di una singola classe, sostenendo che ciò avrebbe portato all'oppressione dei "contadini" e dei "lavoratori" da parte della classe armata”, ma anche la personalità eccentrica “con i suoi capelli lunghi, ornamenti costosi e gli stessi vestiti caldi a buon mercato indossati inverno ed estate". Nel Trattato sulla virtù, Theano (apparentemente la moglie di Pitagora) disse a un certo Ippodamo di Thurium (presumibilmente quello stesso uomo) che la sua opera contiene la dottrina della media aurea. Il concetto di cortesia di Aristotele includeva una grande classe media in cui ogni cittadino svolgeva tutte e tre le funzioni di autolegislazione, deposito di armi e lavoro".
Per il Pireo (il porto di Atene) di Pericle, Ippodamo progettò un' ampia strada che si irradiava dall'agorà centrale, comunemente chiamata Hippodameia (in suo onore), e costruì la città rifondata di Rodi a forma di un teatro. Nel 440 a.C. andò tra i coloni ateniesi e progettò la nuova città di Thurium (poi Thurii nella Magna Grecia), con strade che si incrociavano ad angolo retto; di conseguenza, a volte viene indicato come l'Ippodamo di Thurium.
I suoi principi furono in seguito utilizzati in molte città importanti, come Alicarnasso, Alessandria e Antiochia. Per la pianta della nuova città di Rodi concepita da Ippodamo nel 408 a.C., Strabone elaborò il layout; tuttavia, poiché Ippodamo morì nel 479 a.C, se fosse stato coinvolto nell'assistenza alla ricostruzione di Mileto nel 300 a.C., sarebbe stato molto anziano quando ha avuto luogo questo progetto. La pianta della griglia a lui attribuita consisteva in una serie di strade larghe e diritte che si intersecavano ad angolo retto. A Mileto troviamo il prototipo del piano di Ippodamo. Di grande rilievo nel suo piano era un'area centrale più ampia che, secondo la sua previsione urbana su macroscala, è stata tenuta nel limbo, sviluppandosi più tardi nel tempo con lo sviluppo dell' Agorà, il centro urbano e nello stesso tempo sociale
Lo studio urbanistico per il Pireo (451 aC), formulò gli standards urbanistici di quell'epoca e fu utilizzato in molte città dell'epoca classica. Secondo questo studio, sono stati costruiti quartieri di circa 2.400 m2 con isolati di case a 2 piani. Le case erano allineate con muri contigui che le separavano (un sistema ripreso nell' urbs romana e più tradi nella civitas medievale, fino ai giorni nostri) mentre le facciate principali erano rivolte a sud. Lo stesso studio utilizza formule polinomiali per la costruzione di di infrastrutture di pompaggio dell' acqua. fil
Da Ippodamo giunsero le prime nozioni di diritto dei brevetti. Ippodamo ha suggerì che la società dovrebbe premiare quegli individui che creano cose utili alla società. Aristotele ha criticò l'approccio utilitaristico di Ippodamo mettendo in rilievo la tensione insita nel premiare singoli individui pel bene che arrecano alla società, nel senso che, premiando gli individui viene dimenticato lo Stato che è quello che deve provvedere al bene collettivo, quasi a ricordarci il pensiero di Giovanni Gentile secondo il quale „lo stato è tutto, l' individuo nulla“. Insomma, secondo Aristotele, lo Stato potrebbe effettivamente soffrire a causa dell'attrattiva delle ricompense individuali, poiché gli individui possono proporre concetti che lo indebolirebbero.
In sostanza, Aristotele prevedeva la tensione intrinseca tra le ricompense private per il servizio sociale, la potenziale biforcazione tra interessi individuali e sociali. La più grande critica di Aristotele a Ippodamo, tuttavia, è se gli individui gratificati“cosa che suona allettante, effettivamente scoprono qualcosa di benefico per la città... „.. Infatti, mentre l'innovazione è di grande beneficio per le arti e le scienze, "il cambiamento in un'arte non è come il cambiamento nel diritto; in quanto il diritto non ha forza rispetto all'obbedienza fuori dall'abitudine, e questa non si crea se non nel tempo.
Quindi il facile modificare delle leggi esistenti a favore di nuove e diverse leggi indebolisce la forza stessa del Diritto.
Un rispecchiare, questo, la situazione caotica nell' Italia odierna con in primo piano la crisi dello Stato (e delle sue Istituzioni) che viviamo nella scelta del suo rappresentante istituzionale e che ci fa accopponare la pelle al pensare Silvio Berlusconi, Capo dello Stato italiano e presidente del Consiglio Superiore della magistratura. Insomma, roba(ccia) da Lega e fratellini d' italy o da Salvini, Meloni et varia.
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